DA ROMA RIPARTE LA LOTTA DEL TRIBUNALE MONDIALELA COTRE PERMANENTE SAREBBE UN DETERRENTE PER I CRIMINI DI GUERRA
Di: Edoardo Vigna
Radovan Karadzic? Probabilmente lo avrebbe incriminato e inseguito già durante il conflitto nell'ex Jugoslavia. Accusato e processato per i crimini contro l'umanità. E forse, qualche vittima sarebbe stata salvata. Ma il Tribunale Internazionale Permanente allora non esisteva. Né esiste ancora oggi: e i tiranni e i carnefici agiscono indisturbati. Almeno fino al giugno del 1998, nella speranza dei suoi promotori: quando, nella Conferenza Diplomatica convocata a Roma, il nuovo Tribunale dovrebbe vedere la luce. E fermare in tempo le crudeltà dei boia della Storia, evitando al mondo altre "pulizie etniche".
Sette mesi ancora. Purché tutto vada come "previsto". E vero che ieri il progetto di un Tribunale Penale Internazionale Permanente dell'ONU (dove "permanente" è la parola chiave) ha messo a segno un altro punto nella corsa verso il battesimo ufficiale, con la conferenza - a Roma - del comitato "Non c'è Pace Senza Giustizia", promotore della Corte. Ed è vero che proprio a Roma è stata firmata una nuova dichiarazione per la sua istituzione, con la partecipazione del Commissario Europeo Emma Bonino, autentica paladina del nuovo Tribunale, e del ministro Lamberto Dini.
Ma è anche vero che sono in molti a voler fermare l'istituzione prima del debutto. Troppo "pericolosa"? E poi pericolosa per chi? A lanciare nel '96, l'idea di un Tribunale Permanente è stato il presidente di Trinidad e Tobago, Arthur Robinson. Rispetto al Tribunale ad hoc, istituito dall'ONU all'Aja per i crimini "già" commessi in Bosnia e Ruanda, un Tribunale Permanente avrebbe un vantaggio sostanziale: una corte "stabile" interviene non alla fine del conflitto, ma "durante": "Un deterrente giudiziario contro i crimini di guerra - ha spiegato ieri Emma Bonino - che istituzionalizzi la così detta "ingerenza giudiziaria" affinché le frontiere nazionali nono si trasformino in strumenti di impunità".
"Ingerenza giudiziaria". Intervento "senza limiti territoriali". Concetti pericolosi. Più forti di quelli imposti fino ad oggi dai due Tribunali penali sull'ex Jugoslavia e sul Ruanda. Principi tali da trovare strenui nemici? Certo c'è chi, come l'Olanda, che pure dà appoggio all'iniziativa, non può vedere di buon occhio uno "svuotamento" di poteri delle Corti dell'Aja. E ancor meno un loro eventuale trasferimento: anche se proprio la capitale olandese potrebbe essere sede della nuova assise.
E mentre il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton ha fatto sapere di voler vedere il Tribunale in funzione prima della fine del Millennio - con l'appoggio dell'ex presidente Jimmy Carter, che il 13 novembre ha sposato la causa promossa dal comitato "Non c'è Pace Senza Giustizia" - molto più fredda è la Gran Bretagna, che secondo alcuni osservatori non sarebbe dispiaciuta da un rinvio sine die della Conferenza di Roma.
Addirittura imbarazzato è il governo francese. "Lionel Jospen dovrà prendere presto posizione sul futuro Tribunale", ha scritto sabato 8 novembre Le Monde. E in questo dilemma - continua il giornale - si trova combattuto tra argomentazioni morali e le pressioni della lobby militare che si oppone all'indipendenza di una giustizia internazionale rispetto alla sovranità degli Stati. Opposizione niente affatto a sorpresa: la Francia è contraria anche a far testimoniare i propri ufficiali, a cominciare dal generale Janvier, ex comandante delle forze ONU in Bosnia chiamato in causa per le stragi di musulmani compiute a Srebrenica nel '95 senza che i Caschi blu schierati a difesa della "area protetta" sparassero un colpo per difenderla. Testimonianza "pericolosa"? Per chi? Un Tribunale Permanente non potrebbe permettere questa reticenza. Purché riesca a nascere.