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Conferenza Tribunale internazionale
Palumbo Stefano - 9 aprile 1998
L'OPINIONE, GIOVEDI' 9 APRILE 1998
Di Stefano Palumbo

APPUNTAMENTO A ROMA

TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE

New York (ONU) - I rappresentanti di più di cento Paesi e di altrettante ONG, riunitisi a New York dal 17 marzo al 4 aprile, per l'ultima sessione del comitato preparatorio per la costituzione di una Corte penale permanente, non hanno fatto molti progressi. A due mesi dalla conferenza politica, che si terrà a Roma nel giugno e luglio prossimi, e che dovrebbe portare alla conclusione di un trattato costituente la Corte, la comunità internazionale continua ad essere divisa su alcuni temi fondamentali: chi potrà adire una tale corte internazionale incaricata di giudicare su crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra? Di che grado di indipendenza sarà dotata rispetto al Consiglio di sicurezza? Il progetto di statuto della Corte, che è stato chiuso per essere poi ridiscusso a Roma, contiene più di 1700 parentesi, ossia punti di disaccordo, che saranno oggetto delle negoziazioni di Roma dal 16 giugno al 17 luglio. Il dibattito, in buona sostanza, contrappone i Paesi che sostengono l'idea di

una Corte penale internazionale indipendente - il che significa che il trattato sarà ratificato solo da un pugno di stati - a quelli che ritengono necessari consensi politici. Le delegazioni della Francia e degli USA portano avanti la battaglia affinché il Consiglio di sicurezza dell'ONU possa porre il suo veto al fatto di adire la Corte. Secondo Parigi e Washington se il Consiglio di sicurezza è già stato coinvolto in un affare, può impedire alla Corte di procedere. Gli altri Paesi hanno sottoscritto un compromesso sulla proposta di Singapore, secondo il quale la Corte potrà essere adìta a meno che il Consiglio di sicurezza non lo proibisca con un voto. Parigi e Washington, sono stati appoggiati, nella loro posizione, soltanto dalla Russia e dalla Cina. Il Regno Unito, quinto membro permanente del Consiglio di Sicurezza, ha rotto con gli altri membri su questa questione, isolando la Francia all'interno dell'Unione Europea. La questione del consenso è un altro elemento che unisce la Francia e Washington, ma

anche la Cina, l'India e il Messico. Parigi chiede il consenso di tre categorie di Stati, prima che la Corte possa essere adìta: gli stati sul cui territorio il crimine è stato commesso, quelli di cui le vittime siano cittadini e quelli in cui i sospettati abbiano la cittadinanza. "Senza pronunciarsi chiaramente - spiega Le Monde del 5 aprile scorso - la delegazione francese, capeggiata dal direttore degli affari legali del Quai d'Orsay, Marc Perrin de Brichambaut, lascia intendere che, su questo punto la posizione di Parigi potrà evolversi. Se la posizione francese sul consenso degli Stati rischia di ammorbidirsi, dicono alcuni diplomatici francesi, è grazie agli sforzi della Francia per introdurre la nozione di complementarità tra la Corte penale internazionale e la giustizia nazionale. Secondo questa idea, i crimini gravi devono essere prima perseguiti da tribunali nazionali. Se, però, il risultato dell'azione o l'inazione dei tribunali nazionali viene contestata, la Corte penale internazionale potrà es

sere adìta. La valutazione del lavoro della giustizia nazionale spetta al procuratore della Corte penale internazionale". L'alleanza tattica tra la Francia e gli USA è stata sottolineata durante l'ultima sessione del comitato preparatorio. Facendo convergere le loro posizioni riguardo alla Corte, Parigi e Washington portano avanti la stessa strategia per giustificare le loro posizioni davanti all'opinione pubblica, vale a dire il loro ruolo "dominante" nelle operazioni di mantenimento della pace. La Francia, spiega de Brichambaut sempre a Le Monde, "si impegna a che lo statuto che sarà adottato dalla conferenza di Roma presenterà delle garanzie di procedura che porranno i soldati francesi impegnati sulla scena internazionale, al riparo da attacchi politici ". Se i soldati francesi commetteranno crimini, "è bene che saranno perseguiti davanti a tribunali francesi; non si tratta di proteggere i soldati francesi, si tratta di fare in modo che le azioni di mantenimento della pace siano possibili", aggiunge il di

plomatico. "Questo", precisa, "è lo scopo; noi continueremo a valutare il modo migliore per metterlo in opera". Tale argomento trova eco a Washington. Jesse Helms, senatore influente repubblicano della Carolina del Nord, che presiede la commissione degli affari esteri, ha "giurato" in un suo comunicato del 26 marzo alla stampa internazionale di combattere la creazione della Corte "fino all'ultimo respiro". Dettato dal Pentagono, l'argomento di Washington formulato dal capo della delegazione americana, David Sheffer, risponde così circa il ruolo militare degli USA nel mondo. Processi "frivoli", dice Scheffer, possono inibire gli USA nella messa in opera delle loro responsabilità intorno al mondo".

Benché più critici su tali posizioni "ostruzioniste", i delegati di cinquanta Paesi, detti "stati pilota", si aspettano che la posizione di Parigi si evolva positivamente . Le ONG, soprattutto la Coalizione francese per la creazione della Corte penale internazionale, non vedono in questo modo le cose, a dispetto del sostegno pubblico alla Corte espresso dal primo ministro francese, Lionel Jospin, il mese scorso a Ginevra.

 
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