Venerdì 19 giugno 1998
Crimini Contro l'Umanità
TRIBUNALE INTERNAZIONALE: UNA LODEVOLE UTOPIA
Di Girolamo Strozzi
Le barbarie perpetrate e ancora in atto nei recenti conflitti etnici all'interno degli Stati della ex Jugoslavia e in altre parti dell'emisfero (non ultime le persecuzioni nei confronti del popolo curdo) hanno indubbiamente sensibilizzato l'opinione pubblica mondiale, le organizzazioni internazionali e, sebbene in misura più prudente, gli Stati.
Questa ondata di sdegno verso crimini tanto gravi, peraltro ricorrenti nella storia dell'umanità ma meno coinvolgenti un'opinione pubblica spesso disinformata, ha prodotto alcuni effetti positivi sul piano internazionale, consentendo la realizzazione di alcune iniziative significative, inconcepibili in precedenza: come l'istituzione dei due tribunali penali per i crimini commessi nella ex Jugoslavia e nel Ruanda, che hanno già portato ad alcune condanne esemplari. Ma un'altra iniziativa vale la pena di segnalare: quella delle Nazioni Unite che hanno promosso l'istituzione di un Tribunale penale internazionale a carattere con competenza generale per giudicare i crimini di guerra, contro la pace e contro l'umanità (genocidio), commessi da individui-organi statali, ovunque si verifichino.
La Conferenza diplomatica di Roma è stata convocata per partorire questo ambizioso progetto: se realizzato rappresenterebbe un evento di grande importanza storica per la società internazionale, non tanto per l'effetto dissuasivo, che sarà probabilmente nullo, ma per l'affermarsi di un principio di giustizia internazionale svincolata da coperture o connivenze politiche più o meno palesi e della giustizia dei vincitori, come accadde a Norimberga e a Tokio. Purtroppo il progetto nasce tra molti contrasti, vedendo la diffidenza o l'opposizione di vari Stati (tra cui gli Stati Uniti, la Cina, la Russia). Soprattutto criticabile appare il tentativo di subordinare l'esercizio dell'azione penale da parte del Tribunale e una sorta di "autorizzazione" del Consiglio di sicurezza che abbia preventivamente accertato e condannato il comportamento tenuto dalle autorità di un certo Stato (ritenuto per esempio colpevole del crimine di aggressione armata): in tal modo si sottopone la giustizia internazionale ai condizionamen
ti della politica e agli interessi degli Stati, in particolare quelli componenti il Consiglio di Sicurezza. E' facile prevedere infatti che simile condanna da parte di questo organo non avverrà tanto facilmente, o per ipotesi marginali, dato che la relativa risoluzione potrà essere bloccata dal veto di qualsiasi Stato membro permanente del Consiglio: anche nell'epoca attuale, che ha visto la caduta delle contrapposizioni ideologiche, ma non degli interessi divergenti degli Stati nello scacchiere internazionale, simile eventualità appare assai probabile.
Una bolla di sapone, dunque, o una mera utopia? Tutto lascia prevedere che tale risulterà questa iniziativa. Che rimane peraltro lodevole e comunque sintomo di una nuova coscienza vigile, non tanto degli Stati quanto dell'opinione pubblica non più disposta a tollerare e rendersi complice col suo silenzio di simili crimini contro l'umanità. Anche le utopie, quando forti e sorrette da un convincimento generale, hanno possibilità di realizzarsi.