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Conferenza Tribunale internazionale
Castellino Susi - 22 luglio 1998
LA REPUBBLICA

18 giugno 1998

GELO USA SUL TRIBUNALE ONU "NON POTRA' ESSERE AUTONOMO"

L'ambasciatore Richardson frena sulla corte penale internazionale, ma gli altri paesi vanno avanti. Dini "Obiettivo prioritario"

Di Giampaolo Cadalanu

Roma- Un Tribunale penale internazionale del tutto autonomo dai Grandi? La potenza numero uno dice no. E con parole decise: "Bisogna riconoscere la realtà del sistema internazionale di oggi", ha scandito davanti ai delegati di tutto il mondo l'ambasciatore Bill Richardson: "Dobbiamo ricordare che la corte non lavorerà in un vuoto politico". Per essere più chiari: "Il Tribunale dev'essere parte dell'ordine internazionale, di cui il Consiglio di Sicurezza è componente fondamentale".

In altre parole: se la democratizzazione della politica mondiale, invocata da Kofi Annan, deve prescindere dai rapporti di potere reali, i vincitori della Guerra fredda non ci stanno. La Conferenza di Roma per il Tribunale penale internazionale, al suo terzo giorno di lavoro, prende atto che l'America, almeno per il momento non vuole organismi dotati di potere autonomo. "Non me ne stupisco", dice Emma Bonino, "anzi, mi sembra che comunque abbiano fatto un passo avanti. Richardson ha chiesto il coordinamento del Tribunale con il Consiglio di Sicurezza, e prima invece parlava di ".

Se gli americani ribadiscono la posizione annunciata, diluendo la chiusura con motivazioni tecniche ("Un procuratore con diritto di iniziativa? Sarebbe sommerso di lamentele", dice Richardson), gli altri paesi vanno avanti per la loro strada. Con un filo di imbarazzo la Francia, disponibile a modificare la sua posizione con "atteggiamento pragmatico", più sicura l'Italia. Perché, come ha sottolineato Lamberto Dini, "Il Tribunale è un obiettivo prioritario" per il nostro paese. Dini ha riproposto ai delegati della Conferenza anche la richiesta di allargare la competenza della corte al reato di "aggressione", sia pure dopo una individuazione (leggi: dopo un via libera) del Consiglio di Sicurezza. Ma questa ipotesi non appare troppo popolare nell'aula della Fao.

Il ministro degli Esteri ha cercato espressioni accettabili per l'alleato Usa, ricordando che "va salvaguardato il ruolo del Consiglio di Sicurezza". Ma poi ha ribadito che al procuratore del Tribunale va affidato il potere di agire, di avviare indagini di sua iniziativa, senza autorizzazioni di sorta. Non ci sono esitazioni: i massacri della Cambogia, le pulizie etniche dei Balcani, e tutte le atrocità del mondo non devono più passare senza punizione. Quindi se "i sistemi nazionali non sono disposti o non sono in grado di agire in modo appropriato", serve un giudice esterno, benedetto dalla comunità internazionale.

Ancora una volta il tema dei diritti umani vede l'Italia su una linea autonoma. Non dissimile è la posizione del Canada, sostenitore entusiasta del Tribunale e - oltretutto - motore dei lavori, visto che la presidenza del Comitato congiunto è stata affidata a Philippe Kirsch, dopo il ricovero per malattia del grande tessitore Adriaan Bos. Ottawa, in altre parole, si sintonizza su una lunghezza d'onda vicina a quella di Roma. E questa coincidenza fa pensare. Italia e Canada sono due paesi occidentali di peso, ma entrambi sarebbero esclusi dal Consiglio di Sicurezza se questo venisse riformato nella direzione voluta dagli americani.

 
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