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Conferenza Tribunale internazionale
Castellino Susi - 29 luglio 1998
IL MATTINO

Giovedì 11 giugno 1998

UN TRIBUNALE PER LA PACE

Di Monica Gemelli

Una battaglia per la pace e la giustizia. La si combatterà a Roma, durerà 32 giorni, dal 15 giugno al 17 luglio del '98, coinvolgerà tutti i 185 Stati del pianeta che aderiscono all'Onu e 256 Ong (Organizzazioni non governative riconosciute dall'Onu), per un totale di circa 5.000 delegati. E' la Conferenza diplomatica per l'istituzione di un Tribunale penale internazionale permanente, presieduta dall'ex ministro della Giustizia Giovanni Conso.

Due fronti contrapposti raduneranno, da un lato, coloro che vogliono non solo che sia istituito il Tribunale, ma anche che sia dotato dei poteri necessari per funzionare davvero, dall'altro, coloro che vogliono affossare l'iniziativa, o quantomeno svuotarla di significato. Non è dato prevedere chi vincerà. Una sola certezza: la Conferenza è un'occasione storica.

Ma facciamo parecchi passi indietro e torniamo, per un momento, al 1919. Fu in quell'anno che il Trattato di Versailles, che poneva fine alla prima guerra mondiale, definì per la prima volta il concetto stesso di "crimini contro la pace" e di "crimini contro le leggi dell'umanità". Furono varati numerosi provvedimenti in favore dell'istituzione di una giustizia penale internazionale e individuati 20.000 criminali di guerra, a cui si aggiunsero i responsabili del genocidio degli armeni compiuto dai turchi tra il 15 e il '17, dopo quello ebraico, il secondo per importanza nella storia del Novecento. Seguì, per ragioni politiche, un nulla di fatto e il successivo Trattato di Losanna con la Turchia garantì l'impunità ai massacratori. Anime utopiche definirono allora la prima guerra mondiale come "la guerra che pose fine a tutte le guerre". Invece di lì a poco doveva scoppiare la seconda, col suo corollario di orrori e devastazioni. I tribunali di Norimberga e di Tokyo, istituiti a Yalta, costituiscono il primo

precedente storico di tribunali, reali e non virtuali, che giudicano i crimini contro l'umanità. Ma, per molti versi, si tratta di un precedente oramai "inutilizzabile" a fini giuridici, perché in ambedue i casi si tratta del tribunale dei vincitori sui vinti.

Non tutti gli studiosi concordano però con questa tesi, che inficierebbe, o quantomeno diminuirebbe, la validità di quei tribunali. Secondo le interpretazioni di Franco Quadri e di Vincenzo Storace, ad esempio, poiché, al momento dell'avvio del processo di Norimberga, le truppe alleate occupavano il territorio tedesco e ne controllavano le istituzioni, non si tratterebbe in realtà di un tribunale internazionale, bensì di un tribunale interno alla giurisdizione tedesca. In ogni caso, con Norimberga, è stato acquisito alla coscienza dell'umanità un concetto importante. E' il cosiddetto assioma della baionetta intelligente, secondo cui il soldato non deve obbedire agli ordini sempre e comunque. "Stupra", "tortura", "acceca" non sono comandi leciti. Chi li esegue, se ne assume in proprio la resonsabilità.

Quella successiva è storia nota. Per quasi una cinquantennio il clima politico generato dalla guerra fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti ha di fatto bloccato i numerosi tentativi di elaborare un codice penale internazionale. Nel frattempo "l'impossibilità della guerra", dovuta alla minaccia nucleare, ha prodotto di fatto circa 250 conflitti locali e 170 milioni di vittime. Dopo la caduta del muro di Berlino, con gli occhi colmi di orrore per le stragi di Bosnia, la pressione dell'opinione pubblica internazionale e il mutato quadro politico hanno permesso la creazione di altri due tribunali penali ad hoc, quello per la ex Jugoslavia (1993) - presieduto per quattro anni dal giurista italiano Antonio Cassese - e quello per il Rwanda (1995), tuttora in funzione. Anche qui non mancano gli spunti per dure polemiche. Perché il Rwanda sì - si chiede qualcuno - e i curdi no? Non sarà che questi tribunali finiscono per occuparsi solo in determinate aree geografiche d'interesse strategico?

Di qui la rinascita di un forte movimento per la costituzione di un tribunale che si occupi di tutti i crimini contro l'umanità, nessuno escluso. Rilevanti le iniziative italiane. Il commissario europeo per i Diritti umani, Emma Bonino, ha avuto un ruolo di primo piano nella convocazione della conferenza preliminare a Siracusa, nel dicembre '97, e dell'incontro che sta per svolgersi a Roma. Le Ong, dal canto loro, hanno stabilito di coordinare i propri sforzi affinché l'umanità riesca davvero a voltare pagina. Tra le più attive Amnesty International e Non c'è pace senza giustizia, un'organizzazione di matrice radicale nata con lo scopo di "spingere" i lavori della conferenza di Roma. Non sarà semplice perché, al di là dell'intuibile "ritrosia" dei governi, sono numerosissimi i nodi da sciogliere.

 
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