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Conferenza Tribunale internazionale
Castellino Susi - 29 luglio 1998
L'ESPRESSO

11 giugno 1998

di Emma Bonino

L'esigenza di una giustizia senza frontiere, capace di perseguire sistematicamente i criminali di guerra, si è fatta impellente proprio in questi anni di dopo guerra fredda, inopinatamente segnati (altro che nuovo ordine mondiale) dalla proliferazione di conflitti locali di inaudita ferocia, tollerati dalla grande diplomazia, ma portatori di un ritorno alla barbarie e al crimine contro l'umanità non più come strumento ma come fine stesso della guerra. L'eccezione di ieri in Cambogia è diventata la regola di oggi in Bosnia, Caucaso, Ruanda, Congo, Algeria, Sri Lanka.

Ma se l'umanità appare ancora disposta a sopportare le guerre, essa ne respinge tuttavia gli orrori. Da qui la spinta da cui, in questo decennio, sono nati i tribunali ad hoc per giudicare i responsabili delle efferatezze consumate nella ex-Jugoslavia e in Ruanda. Molto dobbiamo a questi tribunali, perché sono il simbolo più efficace di un desiderio tenace di giustizia e perché hanno già messo in condizione di non nuocere personaggi come Karadzic e Mladic o il colonnello ruandese génocidaire Bagosora. Evidenti sono però anche i limiti dei tribunali ad hoc e soprattutto il loro vizio d'origine, che è quello di nascere quando i crimini sono già stati commessi, privi perciò, di quel potere deterrente che solo un tribunale permanente potrà avere.

Oggi, la Corte sta finalmente per nascere, ma non è ancora il momento di cantare vittoria. La gestazione della conferenza di Roma, infatti, è stata segnata da dubbi e riluttanze che non vanno sottovalutati. Ma perché non sia una delusione, perché il mondo disponga entro la fine del secolo di uno strumento efficace contro i Pol Pot del prossimo millennio, quattro sono, a mio giudizio, gli obiettivi irrinunciabili:

1. che la Corte sia abilitata a giudicare un numero ristretto e definito di reati (genocidi, crimini contro l'umanità, crimini di guerra) anche se consumati nel corso di conflitti interni a un paese e senza la previa autorizzazione delle autorità dello Stato in questione:

2. che la Corte, pur agendo sotto l'egida delle Nazioni Unite, conservi un grado sufficiente di autonomia;

3. che il Procuratore generale abbia profilo indipendente e imparziale nonché il potere di aprire inchieste senza l'autorizzazione previa degli Stati membri dell'Onu né del Consiglio di Sicurezza;

4. che sia dotata di strumenti e procedure in grado di garantire la piena efficacia della sua azione, pur nel rispetto della difesa.

 
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