UN PASSO GIGANTESCO VERSO LA GIUSTIZIA DICONO ANNAN E DINI
ROMA MADRINA DEL TRIBUNALE INTERNAZIONALE CONTRO ATROCITA' DELLA GUERRA E PERSECUZIONI
NON ADERISCONO L'AMERICA, CINA, INDIA, FILIPPINE, ISRAELE E TURCHIA
ROMA - Si è condensata in sessanta minuti, il tempo della cerimonia ufficiale in Campidoglio per la firma del Trattato istitutivo del Tribunale penale internazionale, la gioia mondiale per un sogno inseguito da tanti anni: la nuova Corte che potrà fermare arbitrii e violenze è nata ufficialmente a Roma, in quella sala degli Orazi e Curiazi già sede degli storici Trattati. Ma al termine del lungo ed estenuante lavoro diplomatico (cinque anni prima e cinque settimane poi a Roma) tra 160 paesi l'entusiasmo e gli applausi non sono riusciti a togliere via l'amaro in bocca lasciato da illustri assenti: l'America di Bill Clinton anzitutto, e poi vasti e popolosi paesi - la Cina l'India, Filippine Israele, Sri Lanka e Turchia - che hanno detto no al Tribunale.
E' "un passo gigantesco sulla via della giustizia", ha sottolineato il segretario generale dell'ONU Kofi Annan giunto appositamente a Roma per il suggello ufficiale. Nessuno potrà sperare d'ora in poi di farla franca quando si macchierà di crimini che riguardano l'umanità, perché questa Corte può rendere "meno frequente il ricorso all'arbitrio e alla violenza su vasta scala", ha affermato il ministro degli esteri Lamberto Dini. Ma la ferita inferta dagli USA brucia. Così nella sala degli Orazi e Curiazi l'appello a che Washington ci ripensi è stato corale ed è montata la speranza.
Washington in particolare non ha accettato il concetto di giurisdizione universale della Corte e seriamente preoccupato che suoi cittadini o soldati siano messi sott'accusa avrebbe voluto un Tribunale legato a filo diretto al il Consiglio di Sicurezza, dove il suo voto a un peso molto specifico. Il tribunale che è nato sembra invece "troppo forte" e per questo l'America si è chiamata fuori. Poco è servito rassicurarla. Dini ci aveva provato giorni fa sottolineando che Washington non ha nulla da temere, ed oggi di fronte al chiaro no ha rilanciato: "ci auguriamo e ci aspettiamo che nel corso del tempo anche la firma degli Stati Uniti arrivi". Anche Kofi Annan ha parlato pubblicamente di amarezza perché non tutte le divergenze erano state sanate e s'è augurato di vedere arrivare presto gli assenti.
Intanto i presenti hanno sfilato orgogliosi e bersagliati dai flash davanti ad Annan e Dini, al sindaco di Roma Francesco Rutelli e al presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Conso che hanno presieduto la cerimonia ufficiale. Paese dopo paese, i delegati plenipotenziari si sono avvicinati al lungo tavolo rosso per apporre la firma sul gran libro verde (contenente il Trattato) che Annan e Dini a tutti gli astanti con un gran sorriso, raggianti come si è quando si presenta un trofeo o meglio l'ultima "vittoria della ragione", come l'ha definita la delegazione italiana.
L'atto istitutivo si chiamerà "Trattato di Roma", ha detto il segretario generale dell'ONU e rimarrà nella città eterna fino al 17 Ottobre prossimo. E' un merito guadagnato sul campo che "corona l'impegno della comunità internazionale e voluto e perseguito fortemente dall'Italia", ha ricordato il presidente del Consiglio Romano Prodi.
Il "Trattato di Roma" tornerà nella sede naturale, al Palazzo di Vetro, e vi rimarrà fino al 31 Dicembre del 2000.