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Conferenza Tribunale internazionale
Palumbo Stefano - 22 settembre 1998
CORRIERE DELLA SERA SABATO, 15 AGOSTO 1998

L'INTERVISTA/ IL COMMISSARIO UE INDICA AI QUINDICI STATI DELL'UNIONE LA STRADA DA PERCORRERE PER RAGGIUNGERE UNA POLITICA ESTERA COMUNE

BONINO: "UNA DIPLOMAZIA DEI DIRITTI UMANI"

"PER L'ITALIA E L'EUROPA E' L'UNICA PROVA DI REALISMO". L'ESEMPIO DEL TRIBUNALE INTERNAZIONALE.

Di: Stefano Folli

In partenza per il Kossovo, il commissario europeo Emma Bonino porta con sé un'arma strategica da cui non si separa mai e che sta già usando senza risparmio contro il presidente jugoslavo Milosevic. E un principio rocchiuso in una frase di poche parole: "Fare dei diritti umani il fondamento della politica esteranon è vellettario; al contrario, è l'unica prova di realismo possibile per l'Europa e l'Italia".

Da come lo ripete con tranquilla convinzione si capisce che crede fino in fondo in quello che dice e in quello che fa. Come sempre il cinismo, anche quello spicciolo e quotidiano dovuto alla consuetudine con il potere, le è del tutto sconosciuto. E qui si avverte la lezione morale di Marco Pannella. In questo suo gettarsi con accanimento nelle battaglie civili senza frontiere, indifferente al numero e al peso degli avversari, si sente l'eco della lunga stagione culminata nel partito radicale "transnazionale".

"Che intuizione fu quella. Una scossa, quasi una rivoluzione per i nostri partiti chiusi e provinciali, .

inerti difronte alla dimensione globale del problema". E così l'Italia, che è il Paese delle anomalie, oggi ne vanta una assolutamente positiva: un commissario europeo che rompe le regole e i formalismi, capace di servire al tempo stesso e con identico slancio un ideale politico e l'istituzione.o viceversa. E i fatti sembrano dar raggione a Emma Bonino. Sia perché lei ha saputo guadagnarsi il rispetto degli europeiper la competenza con cui tratta i suoi dossier: ad esempio il contenzioso sulla pesca tra Spagna e Canada.

Sia perché l'idea di legare la politica estera ai diritti umani qualche risultato comincia a darlo. La nascita, poche settimane fa a Roma e sia pure ancora in embrione, del Tribunale penale internazionale contro i crimini e i criminali di guerra costituisce un successo del'Italia. Un percorso di sei anni: dal primo passo, al tempo del del governo Amato, nel '92, passando per la decisione del governo Berlusconi, nel '94, di mandare Emma Bonino a parlare all'assemblea generale dell'ONU.

Pian piano l'idea si è fatta strada, a dispetto degli iper-realisti. Il successo è figlio dell'incontro tra il realismo della Farnesina di Lamberto Dini e l'utopia pannelliana, a sua volta calata nella cultura del liberalismo anglosassone.

Un incontro felice, bisogna riconascerlo. Anche se qualcuno dice che è stato un errore arrivare a uno scontro frontale con gli Stati Uniti su quel Tribunale.

"Guardi, di me si potrà dire tutto tranne che sono un'anti americana. Ma in questo caso la contrapposizione era inevitabile. Gli Stati Uniti stanno vivendo un momento di grave difficoltà sul piano internazionale. Oggi che il mondo non è più bipolare. Bensì monopolare, loro non sanno esprimere una visione politica mondiale. Hanno nostalgia della stabilità di Yalta, quando esisteva con certezza un avversario sul quale modellare una politica. Adeso invece siamo entrati nell'era dei nazionalismi, dei micro e macroconflitti, delle niove satrapie ".

E la super potenza, l'unica rimasta?

"E' disorientata,. Prevale una sorta di isolazonismo, ossia la tentazione di far prevalere i propri interessi, le proprie lobbies, al di fuori di una sintesi politica. C'è un vuoto. E nel vuoto saltano fuori i Kabilia, ovvero si dimostrano inamovibili i Milosevic e i Saddam Hussein".

E questa mancanza di ordine internazionale può essere curata con un Tribunale, del quale peraltro non esiste neppure la cancelleria?

"Un momento. Per ora il Tribunale è solo un simbolo. Ma i simboli possono avere una forza dirompente. Sa che cosa significa? Che sta nascendo una nuova cultura, per la quale non è inevitabile arrendersi ai dittatori. La resa è sempre il prodotto di una mentalità: in questo caso la sensazione che si può vivere solo alla giornata. Per esempio lasciando che in Africa metta radici questo o quel satrapo perché garantisce certi interessi, con l'idea che domani sarà facile disfarsene. Gravissimo errore. Ha visto che cosa è sucesso con Kabilia in Congo? Gli americani lo hanno presentato come una specie di Jefferson Africano, con l'obiettivo di cancellare l'influenza francese nella regione. Ora Clinton si rende conto del disastro".

Ma gli americani hanno la forza politica, il Tribunale non può surrogarla.

"Vero, per il momento. Eppure la srada è quella. Il Tribunale significa scegliere una priorità: in un mondo disordinato, istituzioni solide e riconosciute in grdo di far rispettare la legalità internazionale. Cominciando, è logico, dai diritti umani. La stabilità che ignora i diritti umani è la stabilità dei cimiteri. O se preferisce un'espressione meno forte, è la stabilità degli accordi economici e commerciali sottoscritti in giro per il mondo con chiunque, con qualsiasi dittatore sanguinario".

Prodi, a onor del vero, si riferisce spesso ai diritti umani.

"Si, ma non basta parlarne. L'Italia ha fatto per troppo tempo una politica estera ammalata di nobili principi, ma vuota e inconsistente nei fatti. Altri tempi, si dirà. Bene: io sono convinta che oggi abbiamo una grande occasione. L'Europa ha bisogno di conpiere un salto.non può essere spolo una moneta unica, o una politica agricola comune. Se vule esistere come soggetto politico, deve darsi una politica estera comune. Tema su cui i governi sono gelosissimi. Ha ragione Etienne d'Avignon: "La politica estera è l'ultima vanità degli stati nazione".

Ma l'Italia che cosa può fare?

"Intanto aver chiaro l'obiettivo. Una politica estera e della sicurezza comune significa riuscire a governare le crisi che oggi ci vedono drammaticamente assenti. La Bosnia, il Kossovo, gli immigrati clondestini del Nord Africa: c'èun filo nero che lega tutti questi eventi ed è la mancanza di opzioni comuni tra i Paesi europei. Lo so, lo so Tra i Quindici c'è ancora chi pensa che l'Europa debba essere un area di libero scambio. Ma c'è anche chi vuole l'Europa politica e l'Italia è tra questi. Dunque diamo a questaEuropa una visione, uno spessore morale".

Che cosa significa?

"In concreto, cominciamo cin la ratifica parlamentare dell'accordo sul Tribunale internazionale. L'Italia deve assumere la leadership della ratifica. Primo, dando l'esempio; iscrivendola subito all'ordine del giorno in Parlamento, alla ripresa di Settembre. Secondo spingendo gli altri Paesi a fare lo stesso. Senza sottovalutare il fatto che gli USA potrebbero avviare un'attiva campagna contro la ratifica. Il senatore Helms è stato chiaro sul Financial Times".

Siamo ancora nel campo dei simboli.

"Ripeto: i simboli possono cambiare le mentalità e alla lunga cambiare i vuoti. Vincere queste battaglie siglifica fare passi decisivi verso la coesione politica":

che oggi è inesistente. Lei citava adesso il Kossovo, la questione dell'immigrazione

"Il problema è che ci ricordiamo del'Europa solo quando gli eventi ci travolgono: ieri le quote latte, oggi qualche migliaio o centinaio di clandestini in arrivo dal mare. Ma è meglio non dimenticare che la Germania ha accolto nei suoi confini circa 500mila profughi bosniaci. Chiedere aiuto significa anche avere un'idea delle proporzioni e prepararsi a condividere vantaggi e svantaggi dell'essere europei".

Lei sta dicendo che l'Europa si limita a rincorrere le crisi.

"Certo. Oppure si astiene del tutto come nel Kosovo. Ma l'immobilismo è il prodotto dell'umanità richiesta per ogni decisione. Credo che sia urgente un trattato di Amsterdam bis che spezzi una buona volta la gabbia e introduca, nella Commissione e nel Consiglio, il criterio delle decisioni prese a maggioranza. Lo impone se non altro l'allargamento a Est dell'Europa, a meno di non farne una Babele".

Se l'Europa si allarga all'Est, le crisi in quell'area avranno maggiori probabilità di essere gestite, compresi i flussi d'immigrazione. Invece nel Mediterraneo non c'è neanche un progetto.

"No, non c'è ancora un progetto. E si capisce, il problema con i nord africani è molto più complesso. Ma cominciamo a riformare le istituzioni, diamo all'Unione una politica estera, non solo una moneta, alimentiamo uno spirito europeo. E vedrà che riusciremo a colmare il vuoto":

 
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