CERIMONIA IN CAMPIDOGLIO PER LA FIRMA DELLO STATUTO DEL TRIBUNALE INTERNAZIONALE. PROSSIMO PASSO: LA RATIFICA DI ALMENO 60 PAESI ENTRO L'ANNO DUEMILA
"AMERICA NON TRADIRE LA CORTE MONDIALE"
IL SEGRETARIO GENERALE DELL'ONU ANNAN INVITA WASHINGTON AD ABBANDONARE L'OSTRUZIONISMO
Di: Roberto Stagno
Roma ha tenuto a battesimo un altro evento internazionale di importanza storica, dopo quello che nel 1957 dette vita alla Comunità economica europea: l'istituzione di una Corte penale permanente per giudicare e punire i crimini contro l'umanità. Ieri, in Campidoglio, i rappresentanti plenipotenziari di un primo gruppo di 120 Paesi che venerdì notte, al termine di una conferenza durata cinque settimane, hanno votato si alla nascita del nuovo Tribunale, hanno sottosritto lo statuto. L'atto sarà registrato come "Trattato di Roma", ha annunciato il segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, che ha partecipato alla solenne cerimonia insieme con il ministro degli Esteri Lamberto Dini, quello della Giustizia, Giovanni Maria Flick, il sindaco della capitale, Francesco Rutelli, il commissario del'Unione europea, Emma Bonino e il presidente dell'assemblea della conferenza Giovanni Conso. Il trattato rimarrà a Roma fino al 17 Ottobre e poi sarà depositato presso la segreteria generale dell'ONU fino al 31 Dicembre del 20
00. "Ho la speranza - ha detto Annan - che in questo lasso di tempo un gran numero di Stati lo ratifichi, in modo che la Corte abbia la più vasta giurisdizzione possibile".
Perché lo statuto entri in vigore e la Corte penale internazionale in funzione, infatti, occorre che almeno 60 Stati sottoscrivano e poi ratifichino l'accordo di Roma secondo le proprie procedure nazionali. Non ci sono limiti prestadiliti di tempo. Quindi, potrebbero passare anche alcuni anni. Ma la corale adesione alla nascita del nuovo tribunale, data dai delegati di 120 dei 163 Paesi che hanno partecipato alla Conferenza di Roma, non fa prevedere lunghi ritardi. In autunno, dopo la delibera dell'assemble delle Nazioni Unite, i negoziatori di Roma si ritrveranno per definire i regolamenti procedurali e le norme relative ai crimini: una specie di codice di procedura penale che la Corte dovrà seguire.
"La Corte parte bene, ha una competenza vasta ed è dotata di indipendenza e, quindi, di autorevolezza", ha rilevato Lamberto Dini. Avrà, soprattutto, una funzione deterrente nei confronti degli individui e degli Stati, con una diminuzione dei casi di impunità. "E' un passo gigantesco sulla via della giustizia - ha sottolineatoKofi Annan - impensabile fino a qualche anno fa". Un risultato, ha ricordato Prodi, , fortemente voluto e perseguito dall'Italia. Certo, non si è riuscito ad ottenere il cxonsenso di due grandi potenze come gli Stati Uniti e la Cina. "E' un tribunale forte, per lacuni troppo forte; valga per tutti l'esempio dell'opposizione degli Usa, che fino all'ultimo si sono battuti per limitarne la giurisdizione" ha osservato Emma Bonino. "E' una Corte forte sulla carta,, ma debole in realtà", le ha fatto eco il capo della delegazione Usa, David Shaffer,. Ma molti sono fiduciosi in un ripensamento di Washington. Il segretario generale dell'ONU spera che il "no" non sia definitivo. E anche Dini ha d
ichiarato di aspettarsi che arrivi pure la firma degli Usa.
Per il momento, gli Stati Uniti continuano a ribadire di non voler accettare che il procuratore, o la Corte, possano affermare la propria giurisdizione sui soldati o sui cittadini americani e respingono, pertanto, l'applicazione delle disposizioni dello Statuto a Paesi che nono vi aderiscono.
Umberto Leanza, che ha guidato la delegazione italiana alla conferenza, osserva che per istruire un processo la Corte avrà comunque bisogno dell'approvazione del Paese in cui è stato commesso il crimine, o di quello di provenienza dell'indagato e che potrà intervenire soltanto se la giustizia nazionale non può, o non vuole, agire. Ma gli Stati Uniti chiedevano qualcosa di più: la possibilità di opporre un veto a qualsiasi processo contro i loro cittadini. A Roma è passata la figura di un procuratore indipendente, che può avviare l'azione legale dopo aver ottenuto l'autorizzazione di una commissione di giudici, mentre Washington voloeva una specie di "giurisdizione alla carta", su base consensuale. "Si è salvaguardata - sottolinea Leanza - l'idipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo del consiglio di sicurezza e da quello legislativo che appartiene agli Stati. Un obiettivo raggiunto concedendo quanto bastava per ottenere la maggioranza dei consensi, ma senza cedere più di tanto".