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Conferenza Tribunale internazionale
Palumbo Stefano - 7 ottobre 1998
L'UNITA' DOMENICA, 19 LUGLIO 1998

LA XENOFOBIA DEL CONGRESSO USA BOCCIA IL TRIBUNALE INTERNAZIONALE

IL DELEGATO DI CLINTON: E' TRAGICO NON POTER PARTECIPARE

Di: Massimo Cavallini

Perché gli Stati Uniti hanno con tanta pertinacia, rifiutato di avallare la creazione del Tribunale Penale Internazionale? Soprattutto: per quale motivo, su molti temi di politica internazionale, gli Usa non esitano ad attestarsi, non di rado in imbarazzante compagnia, su posizioni ultraminoritarie ed anacronistiche?

Bill Clinton, che ieri ha lanciato dal territorio amico di Little Rock, lontano dalle bufere di Washington, il suo tradizionale messaggio radiofonico del sabato, non ha dedicato al tema neppure una parola. Ed ha lasciato al capo delegazione David Scheffer il non facile compito dispiegare, una volta di più, le ragioni che hanno spinto la più grande potenza del mondo a schierarsi, al momento del voto, con alcuni dei Paesi che vantano, in materia di diritti umani, i più censurabili record.

"Gli Usa, ha detto Scheffer, sono la nazione leader nella promozione della giustizia internazionale. Ed è davvero tragico che oggi sia stato frustrato il nostro desiderio di essere alla testa di questa Corte ". Parole che, come si vede, rammentano molto da vicino quelle, celebrate in un'antica barzelletta, dell'imputato che, accusato di parricidio, così si rivolse ai suoi giudici prima della sentenza: "Signori della corte, abbiate pietà di un povero orfano".

Ed ancora più stravaganti appaiono le considerazioni di Scheffer se opportunamente appaiate a quelle che sono state le reiterate ragioni, diciamo così, tecniche del "grande no" degli Stati Uniti. I quali , ha detto e ripetuto Scheffer davanti ai delegati riuniti a Roma, non possono aderire alla creazione della Corte penale internazionale perché le attività di quest'ultima potrebbero, con "frivole" denunce, creare difficoltà alle truppe americane di stanza all'estero.

Una giustificazione, questa che, nella sua palese insostenibilità, ha paradossalmente finito per risuonare come una sorta di sbalorditiva "confessione", considerato che solo in un caso (e solo qualora l'intero sistema di giustizia americano fosse al tracollo) il Tribunale Penale Internazionale potrebbe davvero aprire un'inchiesta contro i militari Usa: quello di una dimostrata perpetrazione di "crimini di guerra contro l'umanità" commessi come "parte di un diffuso e continuato attacco contro la popolazione civile".

Un assurdo. Soprattutto se si pensa che, fino a non molto tempo fa, proprio il presidente Clinton ed il segretario di Stato Medeleine Albright erano stati tra i più fervidi sostenitori della necessità di un Tribunale chiamato a giudicare e punire, nel nome di tutte le nazioni del mondo, i più efferati crimini di guerra.

La verità è che, per comprendere la posizione degli Stati Uniti non basta considerare le parole pronunciate da Scheffer (o, per altri versi, quelle a suo tempo spese daClinton e da Madeleine Albright); né è , in effetti, sufficiente analizzare i documenti con i quali il Pentagono, in una inedita ed intensa attività di lobby politica, a negli ultimi mesi perorato la causa della bocciatura del Tribunale.

Alla prova dei fatti, le parole che davvero contano sembrano essere, in questo campo, quelle con cu, due mesi fa, il presidente della commissione esteri del Senato, Jesse Helms, aveva perentoriamente respinto l'ipotesi della nascita di un nuovo tribunale internazionale sotto l'egida dell'ONU. Qualche proposta di legge in questo senso, aveva detto l'anziano senatore, deve essere considerata "morta all'arrivo".

Grazie "all'eccesso di zelo" con cui gli Usa hanno partecipato all'assemblea di Roma, la legge è, come si è visto, morta ben prima di arrivare in Senato. E prima di lei, come molti ricorderanno, erano state in analoghe (ed altrettanto imbarazzanti) circostanze "assassinate" tanto: l'adesione americana al trattato per la messa al bando delle mine antiuomo, quanto i timidi tentativi di appianare il colossale debito che gli Usa hanno accumulato nei confronti delle Nazioni Unite. Né è facile dimenticare come proprio una legge scritta da Jesse Helms, e solennemente firmata da Clinton, definisca da tre anni, sorda ad ogni polemica, uno dei più controversi ed anacronistici punti della politica estera americana: il perdurante embargo contro Cuba.

Sicchè proprio questo è il punto. Su tutta una serie di temi di politica estera, segnatamente: le relazioni con le istituzioni internazionali e quelle con Cuba, da Clinton evidentemente considerate, entrambe, "secondarie", il presidente Usa ha di fatto delegato ogni decisione al Congresso. E, dentro il Congresso, ad un uomo, Jesse Helms appunto, che della "xenofobia politica" ha fatto una bandiera. Il senatore, assicurano gli esperti, ha di recente dato una "ripulitina" al suo staff congressuale. Ma fino a non molto tempo fa tra i suoi più stretti collaboratori figuravano estremisti convinti che l'ONU si preparasse a rovesciare, con un golpe militare, il governo degli Stati Uniti.

Narrano le cronache, come un anno fa, poco dopo la sua elezione a segretario generale, Kofi Annan si fosse recato a Washington per battere legittimamente cassa. E come Clinton, ricevutolo con la dovuta cortesia, lo avesse poi, un po' meno elegantemente, dirottato verso Capitol Hill. Che si rivolgesse, se erano i soldi quelli che voleva, a Jesse Helms. Quello che è accaduto due giorni fa a Roma non è stato in fondo che una replica di questo pilatesco spettacolo. Un brutto spettacolo. Uno spettacolo inquietante.

SODDISFATTO IL VATICANO

"TUTELA LA DIGNITA' UMANA"

la Santa Sede ha espresso la propria "soddisfazione" per la nascita del Tribunale penale internazionale, anche se ha spiegato , mons. Martino, il capo della delegazione vaticana alla Conferenza dell'ONU, rimane il "dispiacere e la preoccupazione" per il fatto che lo statuto non è stato approvato all'unanimità ma con il voto contrario di sette paesi. Tra questi, ha rimarcato, vi sono gli Stati Uniti, la Cina, l'India e Israele: nazioni importanti, che rappresentano circa la metà della popolazione mondiale. La Santa Sede, ha rilevato mons. Martino, si è battuta per la creazione del Tribunale internazionale dell'ONU purché questo organismo possa assicurare "la protezione della dignità della persona umana". Il Vaticano è soddisfatto anche perché sono stati accolti alcuni suoi suggerimenti: la pena di morte non è stata ammessa, mentre sulla "gravidanza forzata" è stato raggiunto un "ragionevole compromesso".

 
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