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Conferenza Tribunale internazionale
Palumbo Stefano - 8 ottobre 1998
L'UNITA' DOMENICA 19 LUGLIO 1998

LUIGI BONANATE: "EDUCHERA' AL RISPETTO DEI VALORI COMUNI"

Di: Umberto De Giovannangeli

"La costituzione del Tribunale penale internazionale rappresenta un importante balzo in avanti della civiltà giuridica dell'umanità. E a chi chiedeva ancora di più, vorrei ricordare un vecchio proverbio, secondo cui "il meglio è il nemico del bene". A sostenerlo è il professor Luigi Bonanate, docente di Relazioni internazionali all'Università di Torino, tra i più autorevoli studiosi europei del rapporto tra etica, diritto e istituzioni nella politica internazionale.

Professor Bonante, dopo giorni di acceso dibattito, la Conferenza di Roma a dato vita al Tribunale penale internazionale. C'è chi ha gioito per questa nascita, chi l'ha ostacolata fino all'ultimo, chi ne parla come di un esperimento riuscito a metà. Qual è il suo giudizio?

"Indubbiamente positivo. Sul piano tecnico, si introduce un nuovo sistema normativo che viene a configurarsi come una delle manifestazioni della cultura giuridica dell'umanità. Inoltre non dobbiamo dimenticare che il diritto penale in quanto tale non nasce per punire dei criminali ma per difendere i deboli dal rischio di subire delle violenze. L'importanza della Corte internazionale non consiste tanto nel poter mettere in galera dei delinquenti internazionali quanto di diventare per l'opinione pubblica mondiale uno dei suoi principali rappresentanti e difensori. In altri termini, in un sistema giuridico ciò che più conta non è la capacità di repressione bensì quella di definire dei contenuti universalmente validi per delle norme".

Questo sul piano più strettamente tecnico giuridico. E su quello politico, cosa rappresenta l'istituzione del Tribunale internazionale penale?

"A mio avviso l'aspetto più significativo è il riconoscimento da parte della Comunità internazionale di una nuova istituzione che non fa che arricchire il consenso dell'umanità verso grandi forme di istituzionalizzazione internazionale. Se guardiamo indietro nel tempo, al secolo che sta finendo, dalla Società delle Nazioni ad oggi, la crescita dei fenomeni di sovranazionalità ha creato un immenso reticolato di istituzioni che hanno in qualche modo limitato quella che Kant chiamava "la libertà selvaggia degli Stati".

Il documento finale è stato approvato a larghissima maggioranza. Ma tra i voti contrari ve ne sono di pesanti, a cominciare da quello degli Usa. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, come il ministro degli Esteri italiano Lamberto Dini hanno lanciato un appello a Washington perché ritorni sui suoi passi. Non si corre il rischio tra la Corte e l'unica superpotenza regolatrice dell'ordine internazionale?

"Il rischio c'è e sarebbe sbagliato sottovalutarlo. Ma non dobbiamo dimenticare che la stessa civiltà giuridica statunitense è ancora quella che prevede la pena di morte. Insomma, in questo campo non abbiamo lezioni da prendere dagli americani. In secondo luogo, e paradossalmente, gli stessi Stati Uniti ci stanno dando una lezione di quanta risonanza internazionale possa avere l'azione di un Procuratore indipendente: mi riferisco al giudice Kenneth Starr e al "sexigate". Tutti i media del mondo parlano di questo caso. Lo stesso obiettivo, ben inteso su altri e ben più importanti campi, potrà essere raggiunto dal Procuratore della Corte penale internazionale. L'importante è utilizzare tutti i mezzi che l'informazione ci offre per rendere consapevole l'opinione pubblica mondiale di ciò che succede. In questo io vedo un importante ruolo "educativo" prima ancora che repressivo della Corte. Che poi il Karadzic di turno venga o meno condannato diventa una pura questione tecnica".

Una preoccupazione emersa nel corso dei lavori e che il documento finale non sembra risolvere completamente ciò che riguarda un conflitto di poteri o comunque una sovrapposizione tra la Corte e il Consiglio di Sicurezza. Com'è stato risolto questo rapporto?

"E' stato risolto con un compromesso. Ma di questo non ci si deve scandalizzare: il compromesso è meglio della rottura e può preludere ad una trasformazione giuridica, tanto più che i poteri di interferenza del Consiglio di Sicurezza sono temporalmente limitati".

In un'intervista all'Unità il ministro Dini, riferendosi alla costituzione della Corte penale internazionale e alla riforma del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, ha parlato di un processo inarrestabile di spostamento di quote di sovranazionalità dagli Stati a istituzioni internazionali. Condivide questa osservazione?

"Certamente. Non c'è alcun dubbio che la costituzione del Tribunale penale internazionale sia una nuova, positiva tappa nell'ormai lungo declino della sovranità degli Stati. E quando quel declino si sarà definitivamente compiuto, non avremo più bisogno di un diritto internazionale, tanto meno penale

 
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