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Conferenza Tribunale internazionale
Palumbo Stefano - 13 ottobre 1998
IL GIORNALE DOMENICA, 19 LUGLIO 1998

MOLTI COMPROMESSI NE ANNACQUANO I POTERI

CORTE INTERNAZIONALE: ECCO COME FUNZIONA

Di: Marina Rini

Su un solo punto le 162 delegazioni degli Stati che hanno partecipato a Roma alla stesura dello statuto della Corte penale internazionale sono d'accordo: il trattato è frutto di un compromesso. Al di là della schiacciante vittoria ottenuta per l'approvazione del documento finale, quello che è nato venerdì notte è un tribunale à la corte, con un procuratore libero di dare corso ai procedimenti senza essere ostaggio del Consiglio di Sicurezza, ma con gli Stati firmatari che hanno la possibilità, per latri sette anni, di non accettare le norme riguardanti i crimini di guerra. "Un bambino che finalmente è nato, ma zoppo", hanno commentato gli osservatori dei diritti umani che hanno partecipato alla conferenza diplomatica.

I timori degli Usa: Purtroppo, gli interessi dei singoli Stati hanno prevalso sugli ideali ispiratori di questa Corte. Chi si aspettava un appoggio completo e incondizionato degli Stati che fanno dei diritti umani la loro bandiera, è rimasto deluso. Si è verificata infatti una strana quanto inquietante alleanza: gli Stati Uniti affianco a Israele, Turchia, Cina, Sudan, Irak, Cuba, Libia hanno lottato compatti fino alla fine per annacquare le capacità operative del Tribunale. Gli Usa sono stati chiari fin dall'inizio: "Ci batteremo affinché nessun cittadino americano possa essere portato dinanzi a questa Corte senza il consenso di Washington". Il riferimento all'impegno di soldati americani all'estero con licenza di impunità è evidente. La Cina invece teme di poter essere giudicata sulla sua repressione in Tibet e i massacri dei bambini negli orfanotrofi lager. Israele è convinto che si tratta solo di un complotto politico per giudicare la presenza di una parte della sua popolazione civile nei territori che o

ccupa. Altri Paesi, infine, non hanno nessuna intenzione di cessare la repressione contro minoranze etniche sul loro territorio.

Limiti sconfortanti: Dopo cinquant'anni di sforzi è finalmente nato un organo internazionale per giudicare il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra. Comprese alcune norme nuove importantissime che riguardano stupri, gravidanze e sterilizzazioni forzate e l'impegno di bambini al di sotto di 15 anni in conflitti armati anche interni. Peccato però che lo statuto garantisca ai responsabili dei crimini più efferati completa impunità. Infatti la Corte ha bisogno dell'autorizzazione del Paese di nazionalità dell'accusato e dello Stato in cui il crimine è avvenuto per avviare la procedura di indagine. Nella maggioranza dei casi avviene che ambedue siano la stessa cosa. In pratica personaggi come Saddam Hussein, Pol Pot, Karadzic, Pinochet che hanno commesso atrocità alla loro popolazione non saranno mai perseguiti per i loro crimini. Anche se il criminale decidesse di trascorrere il resto della sua vita in un altro Paese, magari sulla riviere della Costa Azzurra o sulla spiaggia di Copacabana,

lo stato di "custodia" non ha poteri di definirlo alla Corte internazionale e nessuno potrebbe arrestarlo.

I curdi possono aspettare: La contrastata proposta americana dell'ultima ora "dell'opting out" e "dell'opting in", appoggiata dai francesi, che stava per far fallire i negoziati, è stata alla fine introdotta come articolo 111 bis. In pratica un Paese firmatario dello statuto potrà per i prossimi sette anni, prima cioè della prossima conferenza di revisione dello trattato, dichiarare in qualsiasi momento di non accettare la giurisdizione della Corte sui crimini di guerra quando questi siano stati commessi dai suoi cittadini nel suo territorio. Questo significa che minoranze etniche come i curdi, gli hutu ruandesi e le popolazioni del Kosovo continueranno per chissà quanto ancora a non essere protette.

 
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