MondoIl segretario di Stato Albright torna domani a Rambouillet per l'accordo o per l'ok ai raid
Kosovo, Eltsin contro la Nato
"Non tollereremo l'uso della forza". Gli Usa: "Colpiremo"
Dalla nostra redazione
PARIGI - Da Eltsin arriva una secchiata d'acqua gelida sul negoziato di Rambouillet. Ricevendo i giornalisti per la prima volta dopo tre mesi, il presidente russo ha affermato di aver detto a Clinton, "al telefono e per scritto", che l'uso della forza in Kosovo sarebbe per la Russia "inaccettabile": "Non lasceremo che il Kosovo sia toccato". Il Segretario di Stato Madeleine Albright ha risposto che l'aviazione Nato "colpirà duro" la Serbia se non si piegherà. Prova ne sia che americani, inglesi e canadesi si preparano a evacuare il personale diplomatico dalla Jugoslavia. E il generale Wesley Clark, comandante militare dell'Alleanza, ha spiegato che "un attacco si aprirebbe con il lancio dei Tomahawk", i missili usati quest'estate in Sudan e Afghanistan e poche settimane fa in Iraq. Comunque la Abright partirà oggi pomeriggio da Washington per Rambouillet, dove arriverà sabato mattina, poco prima della chiusura del vertice - le 12 - per fare le ultime pressioni e festeggiare l'accordo o dare il via all'opzion
e militare.
A Rambouillet - dove ieri ha fatto ritorno il presidente serbo Milan Milutinovic - la diplomazia europea si è chiesta se l'indurimento di Eltsin fosse determinato solo da preoccupazioni interne o piuttosto segnasse una svolta fatale per il negoziato. Ma mentre Eltsin alzava la voce, il suo ministro degli Esteri, Ivanov, affermava la disponibilità di Mosca a partecipare a una forza di pace, purché fosse Belgrado a chiedere i 30mila soldati occidentali, ed eventualmente russi. L'impressione è che Mosca e Belgrado abbiano ormai accettato l'idea della Nato in Kosovo, ma confidino in un passo falso dei kosovari e nel disunirsi degli occidentali. Dunque non cederebbero subito, ma dopo qualche giorno, una volta accertato se davvero anche gli europei siano decisi a bombardare.
E un gioco rischioso perché potrebbe deragliare. Gli europei guardano con grande scetticismo all'ipotesi di bombardamenti, giudicati non risolutivi, e con maggior timore alla possibilità che l'aviazione Usa diventi l'aviazione del secessionismo kosovaro. Ma se l'ostinazione russa e serba li mettesse alle strette, sarebbe difficile tirarsi indietro: e questo vanno segnalando a Belgrado. Del resto il Segretario generale Nato, Solana, ha già un quasi-mandato per ordinare i raid appena il negoziato fosse dichiarato defunto.
Il Pentagono ieri ha inviato in Europa altri 51 caccia, tra i quali una dozzina di bombardieri "invisibili" Stealth, in aggiunta ai 240 già pronti. Anche Belgrado mostra i suoi muscoli, tre brigate meccanizzate sono apparse in Kosovo, come per preparativi di guerra. Ma la stampa serba riporta i termini del compromesso tecnico che forse Belgrado finirà per accettare: sì a una presenza della Nato in Kosovo, ma solo con soldati di Paesi graditi (nessun americano e, forse, nemmeno tedesco). Grande spazio per francesi e italiani e russi in posizione di riguardo. Milosevic vuole di più: la fine dell'embargo, e probabilmente anche garanzie personali. Il gruppo No peace without justice sostiene che la delegazione serba sta manovrando per far passare nell'accordo una clausola per la quale il Tribunale internazionale dell'Aja non potrebbe perseguire i massacri serbi in Kosovo. Né gli esecutori né il mandante. Quanto ai russi, vorrebbero vedere riconosciuto un potere di controllo sulla missione, e un certo diritto form
ale di veto sull'intera operazione. Gli europei, che vorrebbero i russi nella forza di pace, sarebbero disponibili. Washington no.
La parola ora è a Milosevic: oggi riceverà il negoziatore Usa, Hill, che arriva a Belgrado preceduto da "un appello agli jugoslavi" lanciato dai ministri degli Esteri francese e britannico: decidete se "entrare nella famiglia dei moderni Paesi europei o creare un nuovo ciclo di scontri interni e maggior isolamento".