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Conferenza Partito radicale
Cicciomessere Roberto - 3 aprile 1990
Visto dall'esterno
E così sono sistemati tutti coloro (all'interno del Partito Radicale, a cominciare da Gigi Melega) che contestano il "vittimismo" radicale sull'informazione. Ascanio Salvidio ha fornito la testimonianza più efficace sui risultati nefasti dell'opera di disinformazione e di manipolazione dell'identità del Pr messa in atto dalla stampa.

Ascanio Salvidio è infatti persona informata e colta che probabilmente legge più di un quotidiano. Eppure è riuscito, nel suo ultimo intervento, ad evocare i tratti essenziali e costitutivi di un Partito radicale che praticamente non esiste. Non uno degli elementi che definiscono l'identità politica del Pr, innanzitutto la nonviolenza, si è salvato ! Il "mostro" che lui ci ha descritto è purtroppo l'unico e vero partito radicale, quello che la maggior parte della gente conosce e a cui, giustamente, non si associa. Io scapperei da un partito così brutto e banale!

E Salvidio è uomo d'onore; mai avrebbe manipolato i dati di sua conoscenza sul Pr per puro amore di polemica.

Da circa 20 anni ci scontriamo con i nostri compagni "rivoluzionari" sulla nostra testarda convinzione che i fini non giustificano i mezzi, che quest'ultimi prefigurano gli obiettivi, che le rivoluzioni violente (nazionali o socialiste) portano necessariamente a governi totalitari, che "uccidere un fascista" è un reato ("La fantasia come necessità", arc.part. n.159)... e Salvidio ci scaraventa addosso proprio l'accusa di un uso strumentale della nonviolenza.

Fin dal divorzio abbiamo detto e scritto che il nonviolento può solo chiedere il rispetto della legge proclamata dall'avversario, non imporre la sua. Che la nonviolenza è la massima espressione della tolleranza. Ecco che per il divorzio digiunavamo non perché fosse approvata la legge Fortuna-Baslini ma perché fosse votata, così come vogliono i regolamenti. Ho litigato per anni con la Signora Presidente Jotti chiedendo che le proposte di legge d'iniziativa dei deputati non rimanessero nel cassetto ma fossero votate, bocciate o approvate ("La nonviolenza politica per completare la democrazia", arc.part. n.704)... e Salvidio ci accusa proprio di voler usare la nonviolenza come arma di ricatto.

Ci siamo dissociati, perfino con un referendum, alla cultura della liberalizzazione dell'aborto sostenendo che non competeva allo Stato giudicare quando era possibile abortire, che non competeva alla legge decidere da quale momento l'embrione poteva essere considerato essere vivente (anche ultimamente è sorta una polemica fra scienziati e Chiesa cattolica a questo proposito) e che l'unico obiettivo era la prevenzione dell'aborto clandestino ("Lo scandalo radicale", arc part. n.154)... e Salvidio...

Siamo stati in carcere, la prima volta a Sofia nel 1968, per denunciare il totalitarismo sovietico e il "socialismo reale"; abbiamo sempre denunciato la complicità dell'occidente con i peggiori regimi dell'Est ("Il lusso della democrazia" arc part. n.409) ...e Salvidio accusa proprio noi di essere stati complici dell'orso russo.

Abbiamo sempre contestato un certo pacifismo neutralista della sinistra che rappresentava un obiettivo sostegno all'imperialismo sovietico; abbiamo affermato che la violenza e la guerra sono elementi fisiologici dei sistemi totalitari, mentre per le democrazie sono manifestazioni patologiche (vedi "Aiutare Andropov o costruire la pace?", Arc. Part. n.695) ... e Salvidio ci scambia per coloro che gridavano "meglio rossi che morti".

Abbiamo affermato che Israele rappresenta una isola di democrazia

all'interno di un mondo totalitario dove si afferma brutalmente il disprezzo dei diritti della persona, abbiamo persino preso le distanze da un certo antirazzismo di maniera a proposito del Sudafrica (Per noi Israele non è una metafora", arc. part. n.279) ... E Salvidio ci scambia per i radical-chic dei salotti bene della sinistra italiana, ci accusa di aggrapparci ad una barca che affonda. Proprio noi che abbiamo lottato vent'anni per farla affondare!

Abbiamo, infine, rivendicato che il socialismo o è liberale o non è... e Salvidio ci fa una lezione di liberalismo.

C'è un solo punto in cui Ascanio Salvidio non sbaglia: ci chiamiamo e vogliamo chiamarci compagni. Facciamo parte di quegli illusi che credono che non può esistere libertà senza giustizia, libertà di mercato senza leggi contro i monopoli, libertà di pensiero senza diritto all'informazione; che insorgono, come giustamente ci ha ricordato Saja, contro la libertà di morire di fame nel sud del mondo che il "capitalismo" (e l'ex comunismo) pretendono d'imporre.

Grazie ancora, Ascanio Salvidio, per averci consentito di vederci esattamente come gli altri ci vedono.

P.S.

Per consentire ad Ascanio Salvidio una verifica di quanto ho affermato, ho indicato i testi contenuti in ARCHIVIO PARTITO RADICALE che possono essere consultati a proposito di ogni questione sollevata (mi scuso per le autocitazioni).

 
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