Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
dom 04 mag. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Partito radicale
Berretti Alberto - 3 aprile 1990
p.r., nonviolenza, iscrizioni et al.

ho letto i messaggi di matteotti e di claudia digiorgio e mi e' venuto di riflettere su alcune cose che forse e' il caso di dire. ero anche stato invitato a scrivere qualcosa per la conferenza nonviolenza, non l'ho fatto un po' perche' ero fuori, un po' perche' non sapevo cosa dire sull'argomento specifico del seminario: troppo specifico, per quello che avrei potuto dire (fosse stato solo "nonviolenza"...).

mi pare che alcuni dei difetti che la digiorgio imputa al partito radicale siano propri di tutte le minoranze militanti, in tutti i tempi: non mi pare un problema dei radicali in quanto tali. credo che chiunque si trovi a vivere con certe scadenze, con una certa pressione, e viva l'impegno politico con passione inevitabilmente ci cada. cio' non vuol dire che non si tratti di un difetto, e' solo un fatto. per il resto, non sono mai stato particolarmente vicino al pr come organizzazione quindi non posso dire nulla circa la sua democrazia interna e simili.

quello che mi piace di piu' del partito radicale e' proprio che non e' un partito che vuol essere il partito del 51%. i radicali come il sale della terra: e guai se si mette troppo sale nel pane! la scelta del transpartito, per quanto la parola sia orrenda dal punto di vista estetico, e' la sola per chi voglia fare politica dignitosamente oggi (cosa che mi pare sempre piu' difficile, beati i radicali che ancora ci riescono).

il mio problema e' diverso e un po' piu' a monte. non credo piu' molto nell'azione politica. credo che la violenza sia una cosa molto brutta e che personalmente mi ripugna, ma dubito assai che gli uomini smetteranno mai un giorno di scannarsi, anzi. visti i risultati, non credo molto in quello che faro' fra un mese (votare): non perche' in italia vada poi come va, ma perche' altrove va anche peggio. non credo che la democrazia anglosassone sia qualcosa di piu' desiderabile della nostra: vedi la tatcher, vedi reagan, vedi l'inferno di violenza e di odio delle piu' desolate periferie delle grandi citta' americane (avete visto "do the right thing?"); ed e' facile dirmi che almeno li' c'e' la possibilita' di, le leggi permettono di, in linea di principio si puo' almeno etc.: sono secoli che ci fregano con i principi, vorrei un po' di sostanza.

la democrazia occidentale: che bella invenzione! gli incivili uccidono a randellate in testa o soffocando con i sacchetti di plastica (i khmer rouge, ve le ricordate quelle foto?), o fucilano, impiccano, torturano. questo all'occidente democratico ripugna. nelle nostre societa' altamente tecnologiche ci si puo' permettere di tenere le mani pulite; ci pensa la fame, o li lasciamo scannare tra di loro, questi incivili. o ci pensa la droga. mi chiedo se compiere delle scelte economiche che conducono alla morte per fame di milioni di persone non sia (dal punto di vista morale, naturalmente: del punto di vista politico, o peggio di quello legale, poco mi cale) altrettanto "cattivo" che strozzarne tre o quattro di propria mano. in altre parole: la societa' contemporanea ha tanti di quei legami, tanti di quei meccanismi di azione reciproca, tante connessioni globali che un piccolo disturbo in un punto puo' produrre un gran casino altrove; che senso ha dunque parlare di violenza come di quella cosa che si fa menando

, sparando e scannando? c'e' ben altro... fermo restando che naturalmente menare, sparare e scannare non mi piace, nemmeno per una "causa giusta", e che il concetto di violenza "giusta" e "ingiusta" e' particolarmente ripugnante e ipocrita (difficile trovare qualcuno che ammetta di combattere per una causa ingiusta...).

ma ancora: la violenza "giusta" e quella "ingiusta" non ci piacciono. infatti. ma cos'e' mettere in galera qualcuno? rieducarlo? suvvia, vogliamo scherzare... (leggetevi "sorvegliare e punire" di michel foucault); ovvero, desiderabilmente lo sarebbe pure, ma come metodo educativo mi pare un pochino piu' violento di qualche ceffone. eppure chi non vorrebbe che questa violenza (la detenzione) non venisse commessa contro un assassino, contro uno stupratore? non abbiamo visto addirittura militanti femministe invocare l'ergastolo contro efferati stupratori (quell'ergastolo contro il quale tutte le persone civili si dovrebbero battere)? allora la detenzione di un incallito criminale non e' violenza? o (orrore orrore) e' violenza "giusta"? notate che sulla possibilita' di punire si fonda la legge e quindi lo stato, il quale perlaltro e' tale perche' ha il monopolio della violenza (i.e. polizia ed esercito). o forse e' questione di quantita' di violenza accettabili? e chi le misura? lo stato che ne ha il monopolio?

abbiamo un paradosso, di cui non pretendo di dare la soluzione, e nemmeno di averla.

in conclusione, parafraso kierkegaard: "iscrivetevi al partito radicale, ve ne pentirete; non iscrivetevi, ve ne pentirete ugualmente; sia che vi iscrivete, sia che non vi iscrivete, vi pentirete di entrambe le cose": perche' il paradosso, e l'impossibilita' di risolvere le antinomie, e' l'essenza della natura umana.

in ogni caso, almeno sostenetelo...

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail