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Conferenza Partito radicale
Salvidio Ascanio - 5 aprile 1990
Visti dall'esterno III

L'intervento di Melega conferma due cose: primo, che probabilmente ancora non si e' ben compreso cosa ho scritto fino ad ora nei miei pezzi "I e II"; secondo, che questa discussione ha acquistato carattere di bega interna fra due fazioni di un partito. Per tali ragioni, cercando di essere breve e sintetico, voglio riassumere ancora una volta il mio pensiero.

Il PR e' un partito che riassume in se' una lunga tradizione di cultura e di pensiero e la cui genesi si puo' ricostruire risalendo le lunghe e contorte linee evolutive della sinistra europea fino al secolo XVIII (se non ancor piu' indietro). La percezione che di cio' hanno gli italiani non credo possa esser messa in dubbio. Semmai, sono le sfumature del pensiero e dell'azione dei membri e simpatizzanti del partito, che per la loro eterogeneita' e complessita' sfuggono nella loro insieme anche ad osservatori attenti. Costoro perdono inevitabilmente di vista quelle la cui accentuazione e' minore e secondaria rispetto ad altre, proclamate e evidenziate di solito con grande energia ed impegno. Sarei oltremodo sorpreso, se considerate le priorita' di azione che il PR ha assegnato a certi problemi piuttosto che ad altri il partito credesse di potersi autodefinire non -di- sinistra.

Nel chiedersi il motivo del declino del PR Cicciomessere e Melega danno risposte che riflettono due cose: anzitutto la loro posizione rispetto all'indirizzo del partito (ognuno tende a giudicare, e legittimamente, secondo le sue responsabilita'); secondo, l'orizzonte interno alla sinistra di una possibile risposta. I limiti, che io come esterno al PR ed alla sinistra vedo in entrambe le risposte sono proprio gli elementi che le accomunano tutte e due. E, per un verso, entrambe i Signori hanno le loro ragioni:

Quando Cicciomessere lamenta la disinformazione nei confronti del PR , ha difronte a se' l'immagine tipica di un elettore o cittadino ricettivo "in potenza" rispetto al patrimonio di idee del partito radicale, che pero', per una serie di cause sulle quali il PR non ha influsso, viene "disorientato e tagliato fuori" da tale polo di attrazione - colpevoli i media ed il potere - . Cicciomessere ha ragione, fintanto che si riferisce (coscentemente o meno) ad un elettore tipico "di matrice culturale di sinistra". Sbaglia invece negli altri casi: l'elettore o il cittadino non-di-sinistra, come me, ad esempio, non fraintende i radicali: li vede, li ammira, si dispiace che siano di sinistra, e si volge altrove.

Melega, dal canto suo, non ritiene che questo "homo" di sinistra sia maleinformato, ma che nella galassia di cui il PR fa parte questi abbia giocato carte di cattivo effetto, e che stampa e potere di spazio informativo ai radicali ne abbiano lasciato abbastanza per farsi conoscere. Prova ne sia, che chi non e' del genus di cui sopra, vedi l"anomalo scrivente", in qualche modo i radicali li inquadra. (Tra parentesi, il sorriso di cui al mio II intervento e' derivato non gia' dall'esser tacciato di "anomalo" da Melega in contesto Agora', ma dal pensiero di quante volte a Melega deve venir a fior di labbra questa parola, se vive, esce e incontra gente per strada. Non c'e' mica solo l'uomo di sinistra, in giro.)

Ecco il senso del: "Visti dall'esterno I,II,e III". Per conto mio, amici radicali, e volendo cercare di farvi capire la situazione con uno scherzo, a voi si applica molto bene l'equazione di Sharpe, un teorico della Modern Portfolio Theory (uno di quelli che in Italia non si studiano), riadattata ad un partito politico per le circostanze:

P = f(alfa+beta)

Il livello P di consenso di un partito e' diretta funzione di alfa, (le vostre peculiarita', le azioni, la vostre personalita') e beta (il successo dell'area culturale in cui vi muovete e alla quale vi ispirate). Il vostro alfa non e' cambiato. Ma e' il declino universale del beta che vi tira giu'. O, se volete un immagine piu' poetica, che forse vi fara' piu' onore, la marea rifluisce sempre partendo dal punto piu' elevato.

 
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