Tre considerazioni e una proposta.1) Nonviolenza interventista: "La pace che l'Europa ha conquistato a Monaco è un trionfo della violenza" (Gandhi, "Harijan", 15 ottobre 1938). Affermare che la nonviolenza è interventista, che si contrappone al pacifismo dei deboli, che proprio nel momento del conflitto il nonviolento deve saper fare delle scelte e non farsi da parte, che, nel Golfo, non poteva accettare un'altra Monaco e cioè subire inerte la violenza di Saddam Hussein è semplicemente una solida e incontestata acquisizione del gandhismo. Dov'è la "fola" ?
2) Il 2 agosto, non in una simulazione teorica, l'unico modo, purtroppo, per manifestare la volontà di non subire il fatto compiuto era quello di mostrare, con l'invio delle navi, che, questa volta, s'intendeva far rispettare la risoluzione n. 661 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, cioè di una fonte incontestabile di diritto internazionale. Il 2 agosto un nonviolento poteva certo affermare che se le Nazioni Unite si fossero mosse prima per impedire il riarmo dell'Iraq, se..., se..., non ci sarebbe stato bisogno, oggi, delle navi. Poteva boicottare (perché questo doveva fare se lo riteneva intollerabile) l'attuazione di una misura di polizia internazionale?
3) Gli Stati Uniti sono, oggi, il solo paese che ha i mezzi e la possibilità di dare attuazione, "nel bene e nel male", alla risoluzione n. 665 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Gli altri possono solo fungere da forze ausiliarie subendo l'iniziativa e le decisioni degli Usa. L'Urss ha troppi problemi interni da risolvere e vecchie alleanze che la condizionano.
Se la situazione non si sblocca per via diplomatica e come conseguenza dell'embargo, cioè se Saddam Hussein non si ritira dal Kuwait, è molto probabile che gli Stati uniti siano spinti ad una azione di forza per una serie di motivi fra cui: eccessivo costo finanziario e politico di una lunga e logorante permanenza in Arabia Saudita; incidente militare o terroristico; richiesta sempre più pressante del paesi arabi per una soluzione militare che tagli la testa al crescente movimento interno pro-Hussein.
Solo la creazione di un'altra entità politico e militare capace di assumersi responsabilità nella Crisi paragonabili a quella degli Usa e quindi di divenire suo interlocutore obbligato potrebbe impedire questo sbocco tragico che troppi sembrano auspicare. Questa entità è l'Europa comunitaria. Certamente nessuno pensa che si possa realizzare l'Unione politica in qualche settimana, ma certo è possibile accelerare il processo d'integrazione politica e pesare sulle scelte che si faranno nel Golfo.
Ci sono altre strade per non essere solo spettatori o comparse ma attori della crisi in atto? Qualcuno ha una proposta - non solo riserve o analisi - diversa o più convincente?
Certo quello che abbiamo acquisito alla Camera con la votazione del 23 agosto è molto poco. Qualcuno può aiutarci ad ottenere di più?
Fra tanti dubbi e incertezze, queste sono le poche convinzioni che in questo momento difficile mi consentono di fare quelle scelte a cui non posso, neppure se lo volessi, sottrarmi.
Coloro che mi leggono possono e debbono certo dubitare e discutere, ma, ad un certo momento, anche a loro s'impone la scelta. Altrimenti il confronto diviene puro esercizio verbale e non dialogo politico.
Per questo ecco la proposta: I fatti di oggi dimostrano non tanto o solo che avevamo ragione nell'identificare nel confronto Nord-Sud la vera minaccia alla sicurezza del nostro tempo ma soprattutto che non potevamo vincere la battaglia contro "lo sterminio per fame nel mondo" solo sulla consapevolezza che "sviluppo è il nuovo nome della pace". Non ci può essere infatti sviluppo senza democrazia, senza informazione. Si apre così, anche da subito, una incredibile possibilità d'iniziativa politica nonviolenta per applicare, nei confronti dei paesi del sud del mondo, tutte, proprio tutte le analisi e le iniziative che per due decenni abbiamo sviluppato contro il totalitarismo sovietico.
Vale la pena di associarsi nel Partito radicale per mettere in piedi questo nuovo progetto di lotta politica?