Scrivo due parole on-line riservandomi poi di tornare sull'argomento con calma, non appena avrò un po' più di tempo a disposizione.
Nei due interventi precedenti noto un denominatore comune, ovvero quello di considerare il problema "obiezione" nello specifico della situazione attuale.
E in questo contesto di rilevarne eventuali problemi di coerenza, o quantomeno di identità.
Ma questa procedere mi pare che parta da assunti sbagliati.
Innanzitutto andrebbe chiarito come sotto l'etichetta di obiettori si trovano persone estremamente differenti per scelte politiche, credo religioso, convinzioni filosofiche ecc.
E' difficile interpretare come una unica realtà, come un unica necessità, quella dell'obiettore.
Al di là di ciò mi stupisce come si guardi alla situazione di oggi come ad un qualcosa che ci obbliga a delle scelte, come all'emergenza che ci coglie all'improvviso e che ci impone di agire.
Personalmente vedo quello che succede oggi come una conseguenza, nefasta quanto si vuole, del modello di "sviluppo" da noi adottato.
E con noi intendo quel ristretto club di nazioni che sulla Terra può permettersi di non conoscere denutrizione, quando non fame, carestie, calamità e miseria.
Abbiamo creato anche il benessere dell'Emiro, questo è vero, ma come una creatura artificiale questo benessere può scomparire, sommerso da una guerra magari, quando qualcosa comincia a fare acqua.
Questa guerra, perché di guerra si tratta, ha dei correi oltre a Saddam.
E i correi sono coloro che oggi vanno a difendere l'indipendenza (?) di uno staterello contro l'espansionismo folle della loro creatura impazzita.
No. Io non credo di dover andare da nessuna parte.
L'unica guerra che combatterei la combatterei qui.
E ancora una volta senza armi.