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Cicciomessere Roberto - 1 ottobre 1990
USTICA (2) - Capitolo 2 : IL DISASTRO, I SOCCORSI, I PRIMI RECUPERI

Il 27.6.80 alle ore 20.59'45'' il DC9 I-TIGI della Società Itavia, decollato da Bologna per Palermo con due ore di ritardo, giunto all'altezza di Ustica, scomparve dagli schermi dei radar di Roma-Ciampino e nei minuti seguenti non rispose alle chiamate di "Roma-Controllo", che utilizzò per questo, come ponte, anche altri aerei in volo nella zona.

Alle 21.11 "Roma-Controllo" chiese a "Palermo-Avvicinamento" se avesse ancora sotto controllo il DC9 e al centro radar della Difesa Aerea di Marsala se fosse in grado di dare informazioni al riguardo.

Non è stato ancora definitivamente accertato, essendo la questione tuttora oggetto di indagine da parte del giudice istruttore, se l'allarme sia stato dato per primo dal centro di controllo del traffico aereo di Roma Ciampino o dal centro radar di Marsala.

La responsabilità di avviare e dirigere le operazioni di ricerca e di soccorso spettava, in caso di incidenti aerei, all'Aeronautica militare ed in particolare agli RCC (Rescue coordination center) inseriti nei due Roc (Regional operation center) di Monte Venda e Martina Franca.

In questo caso la competenza territoriale era dell'RCC di Martina Franca - comandato allora dal tenente colonnello Guglielmo Lippolis - che operava anche tramite i sottocentri di coordinamento e soccorso (RSC) di Ciampino e di Elmas e poteva utilizzare gli aeromobili forniti dai reparti SAR (Search and Rescue) e da altri reparti dell'Aeronautica militare e le navi ed i mezzi aerei della Marina militare.

Dal rapporto di servizio della sala operativa di Marsala risulta che alle 21.21 Marsala avvertì il Soc (Sector Operation Center) di Martina Franca della necessità di avvisare l'RCC della possibile situazione di emergenza.

Nonostante alcune discordanze negli orari di registrazione delle comunicazioni tra i vari centri dell'Aeronautica, si può affermare con certezza che l'RCC di Martina Franca allertò alle 21.22 il 15· Stormo di Ciampino (RSC), alle 21.28 Marisicilia e immediatamente dopo gli altri comandi periferici della Marina e dell'Aeronautica.

Alle 22.00 decollò da Ciampino un elicottero HH-3F dell'Aeronautica, il quale iniziò le ricerche nella zona presumibile della caduta alle ore 23.10. Un elicottero SH-3D della Marina decollò da Catania alle ore 22.25, arrivando in zona alle ore 23.59. Un secondo elicottero della Marina decollò, sempre da Catania, alle ore 0.28 del 28.6 e un secondo elicottero dell'Aeronautica partì da Ciampino alle ore 1.00.

Fu fatto decollare alle ore 22.30 da Sigonella anche un Breguet Atlantic (aereo concepito essenzialmente per la lotta antisommergibile) che giunse in zona alle 23.45.

Non venne invece utilizzato per le operazioni di soccorso un altro Breguet del 30· Stormo decollato da Elmas alle 18.15 e in volo di addestramento ad est della Sicilia fino alle 22.40, prima di rientrare alle 0.30 ad Elmas.

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Nella relazione redatta dal generale Pisano si afferma che tale velivolo non venne impiegato perchè "l'RCC di Martina Franca non ipotizzò l'impiego del velivolo in quanto non a conoscenza della missione in atto". Lo Stato Maggiore della Marina, in un documento del novembre 1988, rileva doversi presumere che i "comandi interessati abbiano ritenuto preferibile far intervenire il velivolo del 41· Stormo decollato da Sigonella alle 22.31, anzichè dirottare il velivolo del 30· Stormo, in considerazione della sua autonomia residua e della limitata differenza dei tempi di intervento nella zona del sinistro".

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Alle ore 22.28 (22.45 secondo il rapporto del Doria) l'incrociatore Doria, alla fonda nel porto di Cagliari, ricevette l'ordine di approntamento e salpò alle ore 1.50 (1.30 nel rapporto Doria) del 28.6; alle 22.40 venne dirottata verso la zona del sinistro la motonave della Marina mercantile Carducci in rotta da Napoli a Palermo.

Entro la mezzanotte del 27.6.80 vennero complessivamente dirottate nell'area di interesse o fatte salpare: un rimorchiatore e una motovedetta della Marina militare, una motovedetta della Guardia di Finanza, sei navi della Marina mercantile.

Nelle prime ore del 28.6 partirono da Napoli le navi della Marina militare Orsa e Alpino e la motovedetta Fiorillo. Alle 2.49 l'incrociatore Doria ricevette l'ordine di assumere il comando tattico della ricerca.

Intorno alle 4.00 le navi della Marina mercantile Buccaneer, Carducci, Clodia, Freccia Rossa, Nomentana e Bannock giunsero nella zona del sinistro e iniziarono la "ricerca a rastrello" su una fascia larga 17 miglia.

I primi avvistamenti furono effettuati pochi minuti dopo le 7.00 da un elicottero della Marina, decollato da Catania alle 3.27 e atterrato a Trapani alle 8.19 per esaurimento del carburante, che segnalò la presenza di una macchia di cherosene e di materiali affioranti.

Secondo la relazione inviata l'11.8.80 da Maridipart di Napoli (Dipartimento Militare Marittimo del Basso Tirreno) all'RCC di Martina Franca, l'elicottero che effettuò il primo avvistamento è individuato con la sigla ISSHL, mentre in tutti gli altri documenti, segnatamente gli allegati alla relazione Pisano e gli schemi riassuntivi del RCC di Martina Franca, l'elicottero in questione è contraddistinto dalla sigla ISSGL poi mutata in ISSGH.

Alle 7.18 il Breguet Atlantic del 30· Stormo, decollato da Cagliari Elmas alle 3.10 e comandato dal tenente di vascello Sergio Bonifacio, ricevette dall'elicottero la notizia dell'avvistamento e dieci minuti dopo giunse sul punto indicato (39·39' Nord 12·55' Est, secondo il rapporto di volo del Breguet; 39·49' Nord 12·55' Est secondo l'allegato G della relazione Pisano e secondo la già citata relazione Maridipart).

Nel rapporto di volo, redatto lo stesso giorno dell'operazione, il tenente di vascello Bonifacio così espose gli esiti della ricognizione:

"- 7.32: si notano molti oggetti in trasparenza, ma non è possibile effettuare identificazione.

- 9.45: si avvista un cadavere in prossimità della chiazza di cherosene.

- 10.00: elicottero del soccorso in zona conferma l'avvistamento.

- 10.40: stanno convergendo su di noi varie unità della Marina militare e un rimorchiatore (vengono successivamente avvistate numerose salme affioranti in tempi successivi).

- 11.00: unità iniziano la fase di recupero con l'ausilio degli elicotteri".

Nelle considerazioni contenute nello stesso rapporto di volo, Bonifacio annotò:"al nostro arrivo nella zona vengono osservati pochi oggetti e nessuno attribuibile con certezza al velivolo. Dalle 7.32 alle 9.45 iniziano ad affiorare oggetti attribuibili al velivolo quali: cuscini di sedile, salvagenti,.....valigie. Successivamente continuano ad affiorare...... altri cadaveri per un numero approssimato di 40".

Il Breguet Atlantic ritornò alla base di Cagliari alle ore 13.10, sostituito nell'appoggio alle operazioni di recupero da un Breguet Atlantic del 41· Stormo, di base a Sigonella, che operò nella zona dalle 13.10 alle 20.40.

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Il tenente di vascello Bonifacio è stato interrogato nell'ottobre 1989 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale militare di Cagliari, dottor Maggi, nell'ambito di un'istruzione preliminare per eventuali reati militari rilevabili a carico di militari della base missilistica di Perdasdefogu in relazione all'incidente di Ustica. In quella sede il capitano Bonifacio dichiarò di aver avvistato in trasparenza, prima dell'affioramento dei cadaveri, ad una profondità inferiore ai 50 metri, una grande massa chiara con una riga nera che l'attraversava al centro, massa che non potè riconoscere come la sagoma dell'aeroplano. Affermò inoltre che dopo circa un'ora affiorarono cuscini, sedili e salvagenti sgonfi; da quel momento attribuì ciò che vedeva all'aeroplano scomparso. Verso le 9.00 comparvero i primi due cadaveri, uscendo dalla macchia oleosa.

Nel febbraio 1990 il tenente di vascello Bonifacio ha confermato nella sostanza al giudice istruttore Bucarelli le dichiarazioni rese al dottor Maggi, precisando peraltro di aver visto in trasparenza nelle immediate vicinanze della macchia d'olio un corpo oblungo, chiaro, attraversato in senso longitudinale da una striscia nera e di aver comunicato l'avvistamento agli enti di controllo esprimendo già un livello superiore di probabilità di aver individuato l'aereo.

In una serie di servizi pubblicati dall'"Europeo" del 28.6, del 5.7 e del 19.7.1990 (numeri 27, 28 e 30) si sostiene una versione degli avvistamenti sostanzialmente diversa: il capitano Bonifacio avrebbe osservato per un'ora intera, dalle 7 alle 8, il DC9 sostanzialmente integro e avrebbe visto alle 8 un improvviso sollevamento dell'acqua dovuto all'inabissarsi del DC9 dal quale fuoriuscivano corpi e cuscini. Subito dopo il Breguet avrebbe ricevuto l'ordine di rientrare alla base; il tenente di vascello Bonifacio, oltre a stilare il consueto rapporto della missione, avrebbe spontaneamente reso una dichiarazione ovvero parlato con un amico della Procura militare di Cagliari per segnalare quanto da lui osservato.

Il 2 luglio 1990 il dottor Maggi ha nuovamente convocato il tenente di vascello Bonifacio in relazione a quanto pubblicato dal settimanale: in tale sede il capitano Bonifacio ha smentito il contenuto degli articoli, confermando le sue precedenti dichiarazioni all'autorità giudiziaria. Anche dalle dichiarazioni rese il 31.7, l'1.8 e il 28.8.90 al G.I. Priore da dodici militari facenti parte dell'equipaggio del Breguet Atlantic comandato dal tenente di vascello Bonifacio è risultata nel complesso smentita la versione comparsa sull'"Europeo".

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Alle 7.50 del 28.6.80, le navi della Marina militare Doria, Orsa, Alpino e Prometeo ricevettero l'ordine di convergere sul punto individuato dall'elicottero.

Alle 9.12 la fregata Orsa avvistò due salme, mentre alle 9.15 la fregata Alpino recuperò un pezzo della struttura dell'aereo e alle 9.10 la motonave Carducci avvistò un relitto conico grigio (poi identificato come il cono di coda del DC9) e, non avendo la possibilità di issarlo a bordo, attese fino alle 10.30 l'arrivo della Bannock.

Alle 10.02 l'incrociatore Doria, giunto in zona alle ore 8.48, assunse i compiti OTC (on scene commander) diramando l'ordine di priorità del recupero: naufraghi, salme, relitti.

Alle 13.48 la motonave Carducci - che aveva 700 passeggeri a bordo, tra i quali una donna incinta attesa nel porto di Palermo da una autoambulanza e che alle 11.55 aveva ricevuto dalla Doria il permesso di riprendere la normale rotta di linea verso Palermo - avvistò un relitto di circa sei metri di forma allungata; avvertita dell'avvistamento la Capitaneria di porto di Napoli, la Carducci ricevette l'ordine di sostare in zona. Dopo due ore di attesa la Carducci perse le tracce del relitto, presumibilmente affondato, e le fu consentito di riprendere la rotta alla volta di Palermo ove attraccò alle ore 18.50. Nessuna fotografia del relitto fu scattata da bordo della Carducci.

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A queste informazioni desunte dalla relazione inviata l'11.8.80 da Maridipart di Napoli all'RCC di Martina Franca e dal giornale di bordo della Carducci si può aggiungere che il 5.9.80 il sostituto Guarino invitò il comandante della Carducci Agniello Iacarino a presentarsi davanti ai periti giudiziari per effettuare una descrizione particolareggiata del relitto individuato. Dalle carte processuali non risulta che il comandante Iacarino accolse l'invito, circostanza del resto confermata dall'iniziativa del sostituto Santacroce il quale il 14.11.80 chiese alla Procura della Repubblica di Genova di esaminare il comandante Iacarino, oltre all'ufficiale di coperta Danilo D'Agostino, con le stesse finalità indicate precedentemente da Guarino. Anche questa iniziativa non andò a buon termine perchè risultò che Iacarino risiedeva a Meta di Sorrento, come fu comunicato a Santacroce dal tenente colonnello comandante del nucleo CC di Polizia giudiziaria di Genova, Giorgio Lace, in data 17.11.80. Dalla doc

umentazione in possesso della Commissione non risulta che l'esame testimoniale del comandante Iacarino fu mai espletato, direttamente o per rogatoria, dai titolari delle indagini.

Si presentò invece il 28.1.81 davanti al dottor Vito Monetti della Procura della Repubblica di Genova l'ufficiale di coperta della Carducci Danilo D'Agostino il quale riferì che la Carducci non riuscì a recuperare il relitto perchè dopo aver invertito la rotta per recuperarlo, ne perdè le tracce; l'intervallo di tempo trascorso tra il momento dell'avvistamento e quello in cui la motonave tornò ad incrociare nella stessa zona fu approssimativamente di un'ora, un'ora e mezzo. D'Agostino non fu in grado di precisare se dopo aver invertito la rotta il mancato nuovo avvistamento del relitto fosse imputabile al fatto che il relitto stesso fosse affondato oppure al fatto che la nave avesse incrociato in posizione leggermente diversa.

L'ufficiale di coperta riferì anche al giudice che, probabilmente nel settembre 1980, fu interrogato, tramite il capitano Mazzara della Tirrenia di Genova, da due persone, una delle quali presentatasi come dipendente dell'Itavia e l'altra un militare, forse un maresciallo dell'Aeronautica di nome Mannu. I due mostrarono a D'Agostino disegni e schizzi di oggetti di forma allungata, apparentemente missili o probabilmente bersagli che si usano in Marina, chiedendogli se l'oggetto che aveva avvistato poteva essere rappresentato dall'uno o dall'altro disegno.

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Complessivamente nella giornata del 28.6 - secondo quanto dichiarato nella relazione inviata l'11.8.80 da Maridipart di Napoli all'RCC di Martina Franca - parteciparono alla ricerca 6 navi della Marina militare, 5 della Guardia di Finanza, 8 della Marina mercantile e vennero recuperate 42 salme, un cono di coda, una parte di alettone, un battellino pneumatico, un lato di fusoliera, un orologio fermo sulle 9.00.

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Quanto al numero delle salme recuperate si deve notare che un documento di Martina Franca (Specchi riepilogativi del RCC) riporta che il 28.6 (successivamente a questa data più nessun cadavere fu ritrovato: su questo tutti i documenti concordano) erano stati recuperati 38 cadaveri.

Un elenco delle salme recuperate stilato dal Gabinetto regionale di Polizia scientifica di Palermo e trasmesso alla Procura della Repubblica della stessa città il 23.10.80 descrive e identifica 38 salme e dà conto di resti umani distinti con le lettere A, B, C. I resti di cui alla lettera C verranno poi descritti dai medici legali come la salma 39 e 39 sono i referti peritali di esame medico esterno. E' da notare però che nella relazione preliminare presentata il 14.10.80 dal professor Stassi (uno dei medici legali) si afferma che i cadaveri recuperati erano 40.

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Il 29.6.80 proseguirono le operazoni di recupero 5 navi della Marina militare, 2 della Guardia di finanza, 1 della Marina mercantile, recuperando resti di corpi umani e un pezzo del flap destro.

Il 30.6.80 proseguirono le operazioni 4 navi della Marina militare, recuperando resti di corpi umani e un canotto pneumatico.

L'1 7.80 rimase in mare soltanto l'incrociatore Doria. Più nulla fu ritrovato.

Le ricerche vennero definitivamente sospese alle 20.39 del 2.7. su ordine di Maridipart. La Doria diresse verso La Spezia.

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Il 2.8.80 fu ritrovato sulla spiaggia di Baia Domizia un relitto di aerobersaglio consegnato alla Commissione Luzzatti. Il 20.9.80 venne ritrovato un altro relitto di aerobersaglio nello stretto di Messina, pervenuto al Collegio Blasi solo nel gennaio '89. Secondo un documento dello Stato Maggiore dell'Aeronautica (citato nella prima perizia Blasi) tali reperti possono essere messi in relazione ai lanci effettuati per conto dell'Aeronautica stessa nel periodo compreso tra giugno 1979 e l'1 gennaio 1980 ai fini esercitativi per l'impiego di missili terra-aria tipo HAWAK.

La prima relazione del Collegio Blasi (si veda 16.3.89) rileva però che tali reperti, che avrebbero dovuto essere stati in mare per almeno sette mesi, non mostravano segni di corrosione marina anche sulle parti non verniciate; osserva peraltro che non vi sono elementi certi per convalidare la corrispondenza tra il corpo centrale di uno di questi radiobersagli e il relitto avvistato dalla nave Carducci e poi affondato.

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Mano a mano che erano recuperati, le salme e i materiali, inizialmente concentrati sulla Doria, venivano, su ordine dei Ministeri dell'interno e della difesa, trasferiti a Palermo a disposizione dell'autorità giudiziaria tramite i velivoli impegnati nel recupero al termine delle loro missioni.

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Nel rapporto delle operazioni stilato dall'incrociatore Doria il 5 luglio 1980, in corrispondenza delle ore 13.00 del 28.7.80 si legge : "Dato che la capienza del frigorifero per sistemare le salme recuperate dal Doria e accentrate dalle altre unità è ormai totalmente sfruttata, decido di utilizzare gli elicotteri al termine ON TASK per trasportare le salme a terra".

Nelle dichiarazioni rese il 10.4.89 al colonnello Barale, nell'ambito dell'inchiesta condotta dal generale Pisano, il tenente colonnello Lippolis, comandante dell'RCC di Martina Franca, ha rilevato l'insufficiente coordinamento esercitato dall'incrociatore Doria nella raccolta dei relitti recuperati, tanto che alcune motovedette della Guardia di Finanza consegnarono quanto recuperato al loro Comando e alcuni navi della Marina mercantile ai porti di attracco e non in un unico punto di raccolta.

Nella stessa sede il colonnello Lippolis ha sostenuto che dall'esame delle condizioni dei sedili del DC9 e dei cadaveri dedusse immediatamente che a bordo si era verificata una esplosione e che questa era avvenuta in corrispondenza del secondo o del terzo sedile a sinistra del portellone di accesso. Il colonnello Lippolis ha confermato tale dichiarazione nel corso della sua testimonianza formale davanti alla Commissione, aggiungendo di avere immediatamente informato della sua convinzione il generale Mangani, comandante del ROC di Martina Franca, e, tempo dopo, il sostituto procuratore Guarino e i periti giudiziari.

Secondo il racconto del responsabile del soccorso, nel corso dell'incontro con il magistrato e i suoi periti durato un'intera giornata, il dottor Guarino lo condusse in un hangar per mostrargli reperti che a suo dire dovevano costitituire i resti di un missile e un carrello del Dc9: l'ufficiale riconobbe invece nei reperti mostratigli una tanica di T33 e un carrello di un aereo della 2^ guerra mondiale. Tra gli oggetti esibiti vi era anche un casco da volo con la scritta John Drake che poi risultò essere appartenuto ad un pilota americano lanciatosi da una portaerei ed in vita.

Dell'incontro tra Lippolis, Guarino e i periti non è stato rintracciato tra le carte giudiziarie il processo verbale; vi è invece la citazione firmata dal sostituto Guarino che convocò il tenente colonnello Lippolis a Palermo per il giorno 6.10.80.

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