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Cicciomessere Roberto - 1 ottobre 1990
USTICA (4) - Capitolo 4 : IL RECUPERO DEL RELITTO

La "storia" del recupero del relitto del DC9 Itavia, atto ritenuto indispensabile già nelle prime fasi delle inchieste amministrative e giudiziarie, è di per sè la dimostrazione degli ostacoli che si sono dovuti superare e del diverso grado di "urgenza" e "necessità" che è stato dato al problema dalle autorità politiche che del problema sono state chiamate ad interessarsi.

Solo dopo otto anni dal disastro è stato possibile recuperare una parte rilevante del relitto. Non tutto, però. In fondo al mare sono state lasciate parti di grande interesse e importanti elementi di conoscenza.

Il problema del recupero si pose già al primo magistrato inquirente una decina di giorni dopo l'incidente.

Il 9.7.80 il sostituto Guarino chiese al Ministero della difesa se avesse a disposizione mezzi idonei per localizzare la presenza di masse metalliche in profondità. La risposta negativa dello Stato Maggiore della Marina pervenne al dottor Guarino il 12.7.80.

Il 19.11.81 vennero contattate dalla Commissione Luzzatti per l'elaborazione di uno studio di fattibilità per il recupero del relitto le seguenti ditte: Steadfast Marine Consulting (USA), Subsea Oil Services (Milano), Marine Geophysical Italy (Roma), Saipem (Milano). Furono inoltre segnalate dalla Marina militare alla Commissione Luzzatti le ditte Comex (Francia) e Smith and Tack (Olanda)

Il 23.11.81 il sostituto procuratore Santacroce segnalò al Ministro dei trasporti che, a fini di giustizia penale, il recupero dei relitti poteva rivelarsi determinante per l'accertamento delle cause del disastro essendo i reperti recuperati in superficie insufficienti a dare una risposta appagante e sollecitò ogni iniziativa opportuna al riguardo da parte delle competenti autorità di Governo

Nel dicembre 81 la Marine Geophisical Italy presentò alla Commissione Luzzatti un progetto per la localizzazione e il rilievo fotografico del relitto con un costo indicato di un milione 350 mila dollari.

Nello stesso periodo un altro studio di fattibilità per il recupero venne presentato dalla Subsea Oil Services Italy.

Il 12.10.82 il Ministro dei trasporti trasmise alla Presidenza del Consiglio e ai Ministeri del tesoro e del bilancio uno schema di disegno di legge per la ricerca e il recupero del relitto con una proposta di stanziamento di 10 miliardi di lire.

Il 22.12.82 il Bureau Jacques Piccard fece avere al dottor Luzzatti e all'ingegner Lotti, direttore generale del Rai, una proposta per il recupero del relitto tramite un apposito sommergibile da costruire, indicando come spesa preventivabile la somma di lire 10 miliardi, compreso il costo di costruzione del sommergibile che sarebbe rimasto poi a disposizione dell'Italia.

Il 20.1.83 il Ministro del tesoro espresse sullo schema di disegno di legge parere contrario all'ulteriore corso del provvedimento perchè non era indicata la copertura finanziaria.

Il 22.2.83 il Ministro del bilancio condivise il parere del Ministro del tesoro.

Il 18.3.83 il Ministro dei trasporti, rivolgendosi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, prese atto del parere negativo dei Ministri economici, ma ribadì la necessità del recupero e sollecitò un intervento della Presidenza del Consiglio per trovare una soluzione concordata.

Il 16.4.83 il Capo di Gabinetto della Presidenza del Consiglio rispose al Ministro dei trasporti comunicando che l'Ufficio legislativo della Presidenza aveva espresso l'avviso che la congiuntura economica non consentiva il finanziamento del recupero con nuovi stanziamenti e che i fondi avrebbero dovuto essere reperiti sui capitoli di bilancio del Ministero dei trasporti distogliendoli da altri impieghi meno impellenti.

Il 21.11.84 il giudice istruttore Bucarelli dispose la perizia tecnica e nominò i componenti del collegio peritale, chiedendo loro di accertare la natura e la causa del disastro e di pronunciarsi sulla opportunità di effettuare il recupero del relitto.

Il collegio peritale, valutato necessario il recupero, giudicò che le offerte avanzate al riguardo in passato alla Commissione Luzzatti lasciavano molte incertezze sulla riuscita dell'operazione, sia dal punto di vista tecnico sia per gli altissimi costi di previsione. Infatti, nè la Subsea Oil Services, nè il Bureau Jacques Piccard possedevano le tecnologie necessarie ad intraprendere la ricerca ed in ambedue i casi veniva proposta per l'attuazione del programma la costruzione ex-novo di attrezzature idonee allo scopo, ovvero il reperimento delle stesse presso operatori esteri. Decise pertanto di richiedere un nuovo studio di fattibilità alla Tecnospamec di Genova, preferita alla Idromar sia per ragioni tecniche - essendo una ditta molto nota nel settore dei lavori sottomarini ad elevate profondità - sia per ragioni economiche, avendo essa indicato un prezzo inferiore (pagg. 282/283 perizia Blasi).

Nel settembre 1985 la ditta Tecnospamec consegnò al collegio peritale uno studio di fattibilità per il recupero del relitto, indicando come ditte in grado di effettuare il recupero la francese Ifremer e la americana Woods Hole Oceanographic Institution. Propose peraltro di scegliere l'Ifremer sulla base di una serie di considerazioni attinenti alle esperienze ed ai mezzi di cui poteva disporre la società francese e anche alle maggiori garanzie di riservatezza assicurabili da un ente governativo come l'Ifremer.

Nello studio di fattibilità la Tecnospamec indicò come spesa complessiva preventivabile la somma di lire 6.161.000.000.

Il 18.10.85 i periti depositarono lo studio di fattibilità della Tecnospamec e chiesero al giudice di disporre il recupero stesso ai fini del conseguimento degli obiettivi loro assegnati.

Il 6.11.85 il giudice istruttore Bucarelli chiese alla direzione generale affari civili del Ministero di grazia e giustizia un parere circa le spese relative al recupero del relitto.

Il 25.1.86 il giudice istruttore Bucarelli sollecitò il parere.

L'11.2.86 il direttore generale degli affari civili del Ministero di grazia e giustizia espresse il parere affermando che le spese per il recupero potevano essere disposte dal magistrato procedente senza alcuna preventiva autorizzazione da parte del Ministero anche per ciò che concerneva la successiva liquidazione. Trattandosi di spese straordinarie se ne sarebbe però dovuto dare notizia al Ministero a solo titolo informativo.

Il 3.6.86 il professor Blasi, a seguito di unanime deliberazione del collegio peritale, chiese al giudice di essere autorizzato a perfezionare la trattativa con l'Ifremer affidandole l'incarico di procedere al recupero.

Il 5.6.86 il giudice istruttore Bucarelli autorizzò il collegio peritale ad affidare le operazioni materiali del recupero del relitto alla ditta Ifremer.

L'11.9.86 l'onorevole Amato, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, chiese all'ammiraglio Martini, direttore del Sismi, di effettuare alcuni accertamenti, tra i quali contattare le autorità americane per verificare la possibilità di fotografare il relitto utilizzando un minisommergibile per alte profondità.

Il 26.9.86 il ministro di grazia e giustizia Rognoni, nel richiamarsi alla nota del direttore degli affari civili del Ministero datata 11.2.86, assicurò che, qualora il giudice, nell'ambito della sua esclusiva competenza, avesse ritenuto necessario il recupero ai fini della perizia, l'amministrazione avrebbe svolto tutti gli atti occorrenti per l'approntamento del relativo stanziamento.

Il Ministro assicurò altresì che, ove il collegio peritale fosse stato autorizzato a stipulare un contratto con la società Ifremer, il Ministero avrebbe messo a disposizione la propria esperienza in materia contrattualistica statuale.

Il 30.9.86 l'ammiraglio Martini rispose all'onorevole Amato precisando tra l'altro che l'Addetto per la Difesa USA gli aveva comunicato che l'operazione di effettuare riprese video-foto con un mezzo sub era fattibile ma complessa e finanziariamente onerosa. Sarebbe stato opportuno comunque che la cosa venisse ufficializzata con richiesta da Governo a Governo.

Sempre il 30.9.86, rispondendo alla Camera dei deputati a interpellanze e interrogazioni sulla sciagura di Ustica, il sottosegretario Amato, nell'illustrare le possibili modalità tecnico-giuridiche di finanziamento del recupero, affermò:"il Governo può presentare un disegno di legge e sarebbe pronto a farlo, giacchè il Ministero dei trasporti lo ha già predisposto. Inoltre, si è svolta nel mio ufficio venerdì scorso, una riunione con i colleghi del Ministero di grazia e giustizia e con i magistrati dell'Ufficio istruzione del Tribunale di Roma, nella quale è stata data assicurazione all'Ufficio istruzione che il Ministero di grazia e giustizia avrebbe scritto (e probabilmente lo ha già fatto) per confermare che valuta la spesa per il recupero del relitto una spesa di giustizia da coprire di là dalle previsioni della tariffa".

Lo stesso giorno il sottosegretario Amato, a conclusione dello Speciale TG1 dedicato al caso Ustica, annunciò che il Governo avrebbe valutato insieme all'autorità giudiziaria l'opportunità di presentare un disegno di legge che prevedesse di fare effettuare le operazioni di recupero direttamente dal Governo per consegnare poi i reperti all'autorità giudiziaria.

L'1.10.86 il Capo della segreteria particolare del Ministro dei trasporti trasmise al sottosegretario Amato una bozza di provvedimento legislativo per il finanziamento del recupero che prevedeva lo stanziamento di 15 miliardi su un capitolo del bilancio del Ministero dei trasporti.

Il 9.10.86 l'Ufficio giuridico della Presidenza del Consiglio inviò al sottosegretario Amato uno schema di provvedimento che riprendeva nella sostanza quello suggerito dal Ministro dei trasporti l'1.10.86; nell'allegata relazione, ricordato che l'analoga proposta del 1982 non aveva avuto corso a causa di difficoltà finanziarie, si affermava che la nuova iniziativa era stata assunta "avendo l'autorità giudiziaria rinnovato la richiesta di procedere a tale complessa operazione, chiedendone la copertura del Governo in quanto trattasi di spesa elevata fuori tariffa".

Il 20.10.86 il coordinatore del collegio peritale, Blasi, inviò una richiesta di informativa per una eventuale disponibilità ad effettuare il recupero alla società americana Woods Hole Oceanographic Institution (nella perizia del collegio Blasi - pagg. 286 e 287 - si afferma che tale contatto era finalizzato ad un confronto più in dettaglio delle tecnologie ed eventualmente dei prezzi).

Il 27.10.86 la società americana rispose di non essere disponibile in quanto assorbita in altre ricerche e segnalò la società Ifremer come società attrezzata adeguatamente per il recupero, suggerendo al collegio peritale di mettersi in contatto con il dottor Jean Jarry dell'Ifremer.

Il 10.11.86 l'ammiraglio Martini inviò al Ministro della difesa e all'onorevole Amato copia del messaggio ricevuto dall'Addetto per la Difesa USA relativo alla possibilità di assistenza della Marina USA nelle operazioni di localizzazione del relitto: tali operazioni, di incerto esito, avrebbero comportato una spesa di 10 milioni di dollari. La Presidenza del Consiglio informò il giudice istruttore dell'offerta della Marina USA (pagina 287 perizia Blasi).

L'11.11.86 l'ammiraglio Martini inviò all'onorevole Amato un appunto in cui tra l'altro si affermava che l'Ifremer era una ditta dotata di grande esperienza e che si era dichiarata certa della fattibilità dell'operazione di recupero. Segnalava inoltre che l'esigenza propugnata da alcuni di non affidare il recupero del relitto alla Ifremer avrebbe potuto celare l'intendimento di non giungere all'effettivo recupero piuttosto che essere dovuta alla necessità di garantirsi da possibili inquinamenti di carattere nazionalistico.

Il 5.12.86 il giudice istruttore Bucarelli sollecitò all'ufficio competente del Ministero di grazia e giustizia lo stanziamento dei fondi necessari per effettuare le operazioni di recupero in modo che il collegio peritale potesse stipulare il contratto di appalto.

Il 12.1.87 il Ministero di grazia e giustizia chiese al Ministero delle finanze di autorizzare l'Ufficio del registro di Roma ad accantonare i fondi necessari per il recupero, facendo presente che sarebbe stato il giudice istruttore a comunicare all'Ufficio del registro la data dei pagamenti.

Il 14.2.87 il Ministero delle finanze chiese al Ministero del tesoro di esprimere un parere sulle modalità da seguire per dar corso all'accantonamento delle somme necessarie per il recupero.

Il 17.2.87 il collegio peritale illustrò al giudice istruttore la bozza di contratto con la società Ifremer e fu autorizzato dal giudice alla stipulazione.

Il 24.2.87 il Ministero dei trasporti inviò al Ministero di grazia e giustizia copia del telex indirizzato al Direttore generale dell'Aviazione Civile del Ministero dei trasporti con il quale la società scozzese Subsea offshore LTD di Aberdeen offriva i propri servizi per i recupero.

Il 4.4.87 il Ministero di grazia e giustizia trasmise al consigliere istruttore presso il Tribunale di Roma copia della nota del Ministero dei trasporti relativa all'offerta della Subsea offshore LTD.

Il 15.4.87 il professor Blasi, per conto del collegio peritale, e il direttore degli affari giuridici e logistici della Ifremer, M. Stahlberger, sottoscrissero presso il Tribunale di Roma la convenzione di appalto.

L'Ifremer comunicò al collegio peritale che le attività sarebbero iniziate il 28.4.87 e che il signor Jean Roux era stato nominato direttore tecnico delle operazioni. Nello stesso periodo il collegio peritale nominò come ausiliari alcuni tecnici della Tecnospamec (Lovaglio come responsabile; Chimenti, Bottiani, Colognari, Visentin come aiutanti).

A pagina 289 della perizia Blasi si afferma che gli ausiliari "...sono stati sempre presenti a bordo delle unità navali francesi a gruppi di due unità a turno oltre la quasi costante presenza del responsabile".

Il 22.4.87 il Ministero del tesoro rispose al Ministero delle finanze fornendo alcune precisazioni di carattere tecnico-contabile.

L'1.5.87 iniziarono le operazioni di localizzazione del relitto, con l'utilizzazione della nave "Le Noirot" dotata del sistema di scansione acustica del fondo marino (Sar), di telecamere a strascico e del robot sottomarino "Epaulard".

L'8.5.87 si individuò l'area di ricerca.

Il 25.5.87 il sommergibile "Nautile", assistito dalla nave appoggio "Nadir", iniziò le immersioni per individuare con maggiore precisione l'ubicazione del relitto e per verificare se si trattava effettivamente dei resti del DC9. Il sommergibile "Nautile" poteva trasportare complessivamente tre persone, due nella qualità di piloti ed una di osservatore. Sin dai primi giorni di immersione, il responsabile degli ausiliari, signor Lovaglio, scese più volte, insieme a due piloti francesi, con il "Nautile", i cui percorsi venivano trascritti in tempo reale a bordo del "Nadir" mediante l'impiego di un sonar; venivano anche trascritti tutti i colloqui intercorsi tra sommergibile e nave appoggio. (Pagine 296-301 perizia Blasi)

Tra il 10.6.87 e il 2.7.87 vennero recuperate - con l'impiego delle nave "Nadir", del sottomarino "Nautile" e della nave "Noirot", attrezzata per la nuova missione da compiere - le seguenti parti dell'aereo:

- l'insieme della cabina di pilotaggio - l'ala destra - il reattore sinistro - alcune parti della fusoliera - il portellone di servizio anteriore - alcune parti del vano bagagliaio - il cockpit-voice recorder - pezzi minuti vari e alcuni oggetti personali - frammenti ossei

Le operazioni di recupero furono quindi sospese per impegni internazionali assunti precedentemente dall'Ifremer (pagina 305 perizia Blasi). Nell'intervista rilasciata a Panorama del 9.7.90, l'ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi marini dell'Ifremer, ha precisato che l'interruzione delle operazioni di recupero fu dovuta agli impegni assunti precedentemente dall'Ifremer per il recupero del transatlantico "Titanic".

Il 17.6.87 l'ammiraglio Martini inviò al Ministro della difesa un appunto in cui tra l'altro si affermava che l'affidamento del recupero del DC9 alla società Ifremer, nonostante i suoi legami con i servizi segreti francesi, si iscriveva in un contesto tale da creare le premesse affinchè le indagini si concludessero con l'accertamento della responsabilità libica e lo scagionamento definitivo dei francesi.

Il 17.2.88 ripresero le operazioni di ricerca.

Tra il 17.4.88 e il 25.5.88 vennero recuperate altre parti del relitto:

- il secondo reattore - l'ala sinistra con il carrello di atterraggio - la coda dell'aereo con i timoni - parte della fusoliera centrale con il vano bagagli - l'elettrogeneratore di bordo - alcuni bagagli - il secondo carrello - il carrello anteriore - pezzi minuti vari

Nell'intervista rilasciata a "L'Espresso" e contenuta all'interno di un servizio pubblicato nel numero del 16.7.90, il professor Lecce, componente del collegio peritale, ha affermato che i tecnici dell'Ifremer avevano compiuto immersioni non richieste dalle autorità italiane nella zona di fondale in cui si trovava il relitto. Nello stesso articolo, l'ingegner Roux ha confermato tale circostanza precisando tuttavia che le immersioni compiute tra il 21 e il 25 aprile 1988 dal "Nautile", in una pausa resa necessaria dalla attesa di una attrezzatura speciale che doveva giungere dalla Francia, furono effettuate per prove tecniche di navigazione a grande profondità.

Al termine delle operazioni di recupero, su disposizione del collegio peritale, fu effettuata una immersione con il Nautile, con a bordo il responsabile degli ausiliari, signor Lovaglio, per verificare lo stato e le quantità dei reperti non recuperati (le riprese televisive raccolte in quattro videocassette furono consegnate al giudice il 27.6.88).

Sono stati lasciati in fondo al mare alcuni relitti, di non grandi dimensioni, ritenuti non essenziali ai fini dell'indagine (pagina 331 della perizia Blasi).

L'approfondita esplorazione condotta al fine di rintracciare il "Flight data recorder"(la seconda e più importante scatola nera), che doveva presumibilmente trovarsi in prossimità della parte finale dell'aereo, non diede esito positivo.

L'ingegner Roux, nell'intervista pubblicata da "L'Espresso" del 9.7.90, ha sostenuto che con qualche altro giorno di ricerca si sarebbe potuto probabilmente ritrovare la scatola nera, ma i responsabili italiani gli dissero di smettere perchè non serviva altro. Nell'intervista a "Panorama" del 9.7.90, lo stesso ingegner Roux ha sostenuto anche che il 20.5.88 l'ingegner Blasi gli disse che le operazioni erano concluse perchè le parti ritrovate erano più che sufficienti. "Ho avuto la sensazione che lo stop fosse provocato da problemi di budget, di soldi".

Le parti recuperate furono concentrate in un hangar dell'aeroporto di Capodichino (Napoli).

C'è discordanza su quanto è stato recuperato e quanto no. L'Ifremer sostiene che è stato portato in superficie il 90-95 per cento dell'aereo. Nelle relazioni peritali si parla di un 70 per cento.

Quello che è certo è che le parti recuperate furono ammucchiate a Capodichino senza che si sia proceduto a collocare - come si sarebbe dovuto fare e come, anche di recente, hanno fatto inglesi e francesi con i resti dei due velivoli oggetto di attentati terroristici e perduti con tutti i passeggeri - i pezzi recuperati su di una sagoma di legno riproducente a grandezza naturale l'aereo abbattuto.

Sembra che il nuovo magistrato intenda trasferire le parti recuperate da Capodichino a Pratica di Mare, per tentare la ricostruzione esatta dell'aereo con il metodo di cui sopra. Le foto scattate dai francesi dell'Ifremer al termine delle operazioni di recupero sono molto nitide e permettono di individuare anche particolari minimi.

Di interesse sarebbe il recupero della seconda scatola nera e delle pistole che i due carabinieri che viaggiarono sul DC9 avevano con sè.

Il 27.6.90, intervenendo in sede di audizione davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta, il ministro della difesa Martinazzoli ha assicurato la massima disponibilità ad appoggiare in sede di Governo l'eventuale proposta che la Commissione volesse formulare di procedere al recupero dai fondali marini delle rimanenti parti del relitto.

Il Presidente del Consiglio, onorevole Andreotti, nella audizione del 3.8.90 ha dichiarato che il Governo avrebbe fornito i mezzi finanziari necessari qualora si fosse giudicato utile avviare nuove operazioni di recupero.

 
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