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Cicciomessere Roberto - 1 ottobre 1990
USTICA (9) - Capitolo 9 : L'ATTIVITA' DELLA COMMISSIONE

Con le prime audizioni, quelle dei Ministri responsabili dei settori interessati e dei responsabili militari della Difesa e dell'Aeronautica, la Commissione intese affrontare preliminarmente il problema del comportamento delle varie istituzioni di fronte alla distruzione in volo dell'aereo Itavia e al ritrovamento sulla Sila, ventuno giorni dopo, di un Mig 23 libico.

Si cercò di capire quale fu il grado di coinvolgimento dei responsabili politici , su quali informazioni poterono basarsi, quali le direttive date e quali, sull'altro versante, le iniziative assunte dai vertici militari.

Ovviamente la Commissione si pose anche il problema "di merito" e cioè della dinamica dei due eventi, di cosa aveva causato la distruzione del DC9 Itavia e la caduta sulla Sila del Mig libico. Le risultanze delle Commissioni di inchiesta ministeriali e degli organi peritali della magistratura non potevano non essere poste alla base delle valutazioni della Commissione anche se ciò che essa doveva produrre non era la certificazione di una delle varie tesi che si contrapponevano, ma la valutazione del giusto e corretto comportamento dei vari organi della pubblica amministrazione.

Certo le due "ricerche" erano portate a intersecarsi spesso e volentieri. Ma, come ha dichiarato il Presidente Cossiga nel corso dell'incontro con i componenti dell'Ufficio di Presidenza della Commissione svoltosi il 26.6.90: "E' inequivocabile la differenza che passa tra una Commissione parlamentare d'inchiesta ed il giudice ordinario: la prima, ricerca fatti, la seconda indaga su persone.

Al giudice ordinario nel nostro ordinamento spetta, in via esclusiva e primaria, l'accertamento dei fatti e, sulla base di esso, delle responsbailità penali di singole perone, nonchè, nel grado appropriato, l'irrogazione delle sanzioni previste dalla legge.

Il giudizio di una Commissione parlamentare d'inchiesta - cui non sono attribuiti poteri sanzionatori - verte, invece, sull'accertamento delle responabilità politiche e amministrative, comprese quelle disciplinari. Il suo scopo è quello di accertare fatti in relazione al funzionamento dei pubblici poteri e dell'Amministrazione pubblica, per l'individuazione non solo di cause oggettive di cattivo funzionamento dei pubblici apparati, ma anche di cause soggettive e cioè di responsabilità individuali, responsabilità politiche, amministrative e disciplinari, che spetterà poi ad altri organi accertare in forma conclusiva e sanzionare politicamente, amministrativamente e disciplinarmente".

La Commissione si imbattè subito in due posizioni molto "riduttive":

-quella dei vertici politici che avevano praticamente ritenuto esaurito il compito loro affidato con la nomina delle Commissioni d'inchiesta (quella presieduta dal dottor Luzzatti per Ustica; quella italo-libica presieduta dal colonnello Ferracuti per il Mig 23), e che si attivarono solo per fornire al Parlamento le informazioni di volta in volta richieste;

- quella dei vertici militari che una volta dichiarata la propria estraneità e trasmesso alla magistratura e alla Commissione Luzzatti quanto da queste richiesto rinunciarono a svolgere un ruolo attivo nelle varie inchieste.

Non ci furono riunioni collegiali del Governo nè di organismi più ristretti. Quello di Ustica fu trattato come un normale, anche se doloroso, incidente aereo. E la caduta del Mig sulla Sila fu vista a sua volta come un fatto accidentale, quello di un aereo che, per un malore del pilota, era penetrato fino ad esaurimento del carburante nel nostro spazio aereo.

Le prime audizioni fecero però emergere situazioni e comportamenti ben diversi.

L'audizione del 29 giugno 1989 avrebbe dovuto servire per avere dall'onorevole Formica, ministro dei trasporti dell'epoca, una ricapitolazione di quanto era stato fatto dal Governo e dai vari settori dell'amministrazione di fronte all'evento verificatosi.

Il Ministro Formica confermò quanto da lui già riferito al Parlamento nel 1980.

La Commissione ritenne però di dover approfondire anche un'altra circostanza.

* * *

Il 1·.5.88, otto anni dopo l'incidente, l'onorevole Formica aveva rilasciato al settimanale "L'Espresso" un'intervista che fece scalpore.

Questo il punto centrale: "Poche ore dopo l'incidente telefonai al generale Saverio Rana, allora Presidente del Registro Aeronautico Italiano e quindi massimo responsabile della sicurezza degli aerei civili; mi diede subito un'informazione precisa: disse che al DC 9 Itavia esploso in volo a 60 miglia a Nord di Ustica si era avvicinato un oggetto volante non identificato e che subito dopo l'aereo di linea era stato colpito da un missile. Rana mi chiarì che le sue tempestive informazioni gli derivavano da un'analisi dei tracciati radar e da sue fonti precise all'interno degli ambienti militari che conosceva bene. Ebbi l'impressione che volesse mantenere una certa riservatezza su quello che lui poteva considerare un segreto militare. Rana era un compagno e un amico. Avevo piena fiducia in lui ed é per questo che rispondendo in Parlamento alle interrogazioni dei partiti affermai che l'ipotesi del missile rimaneva più forte delle altre".

La verifica di queste dichiarazioni apparve subito di grande interesse alla nostra Commissione.

Esattamente in quale periodo il generale Rana aveva fatto la "confidenza" al Ministro dei Trasporti? E questa informazione come era stata utilizzata dall'onorevole Formica? Era stata portata a conoscenza del Presidente del Consiglio? Era stata comunicata al magistrato inquirente e al Presidente della Commissione d'inchiesta nominata dallo stesso Ministro Formica?

E se non fu data, perché? Era sulla base di questa informazione che il Ministro Formica aveva sostenuto in Parlamento che "l'ipotesi del missile rimaneva più forte delle altre"?

Formica, nell'audizione, ammise di avere informato solo il Ministro della Difesa, Lelio Lagorio, in occasione di un incontro avvenuto in attesa di rispondere a interrogazioni parlamentari, ai primi di luglio del 1980.

Disse anche di non essere andato oltre questo perché, come aveva precisato anche a "L'Espresso", quelle che aveva manifestato non erano "certezze", ma solo "opinioni e intuizioni".

Formica confermò comunque che "il giorno dopo e nei giorni successivi" all'incidente aveva incontrato più volte il generale Rana e che questi gli aveva detto che "non poteva escludersi l'ipotesi dell'impatto con un missile".

La Commissione ritenne di dover fare alcune verifiche.

Chiamato a deporre, il Presidente della Commissione ministeriale d'inchiesta, Luzzatti, dichiarò di non aver mai saputo niente di queste informazioni provenienti dal generale Rana e di non avere saputo nemmeno che Rana si fosse poi recato negli USA per farsi "leggere" i nastri radar di Roma-Ciampino. "Il generale Rana non aveva alcun titolo e alcun diritto per possedere quei nastri".

La stessa posizione é stata assunta dal senatore Francesco Mazzola, all'epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio incaricato di vigilare sui servizi di sicurezza: "Formica non ha mai parlato con me dei suoi sospetti, e escludo che ne abbia parlato con il Presidente Cossiga. Forse ne avrà parlato con Lelio Lagorio, che era responsabile della Difesa, trattandosi peraltro di questioni che attenevano agli apparati militari".

Sulle stesse circostanze, il 6 luglio 1989, la nostra Commissione volle ascoltare anche l'onorevole Lelio Lagorio, all'epoca dell'incidente ministro della Difesa.

In merito all'informazione del generale Rana passatagli dal ministro Formica, l'onorevole Lagorio liquidò il problema dicendo: "mi parve una di quelle improvvise folgorazioni immaginifiche e fantastiche per cui il mio caro amico Formica è famoso". E questo perché, precisò Lagorio, Formica non mi aveva dato particolari precisi.

L'audizione di Lagorio creò un altro problema. Richiesto se per assumere informazioni e per approfondire la conoscenza dei fatti fossero stati attivati i servizi, il Ministro della Difesa, che pure aveva detto di avere dato ordine di "rivoltare la Difesa come un guanto" per sapere cosa poteva essere successo, rispose di non averli attivati perché "deboli, male organizzati, privi di tecnologie, dispersi in modo incoerente sul territorio di azione, senza autorità e senza credibilità negli affari internazionali".

La dichiarazione creò la necessità di approfondire questo aspetto.

Fu solo un anno dopo la sciagura del DC9 che i servizi furono investiti dallo scandalo della P2. All'epoca i due servizi erano stati appena riformati. Perché Lagorio colpiva il Sismi, proprio il servizio che dipendeva dal suo Dicastero, con un giudizio così devastante? "Eravamo a zero. E con servizi a zero non si poteva lavorare".

Di un giudizio così critico non c'è traccia nei documenti ufficiali dell'epoca (in particolare nelle relazioni semestrali inviate dalla Presidenza del Consiglio al Parlamento), né nei ricordi di chi aveva il compito di vigilare sui servizi.

Il senatore Mazzola, il sottosegretario all'epoca sottosegretario addetto ai servizi, ha dichiarato di non avere mai sentito esprimere nel 1980 valutazioni di questo tipo e di questa portata.

La presa di distanza a posteriori di Lagorio dai servizi, che significato aveva?

Lagorio non poteva non sapere che il Sismi non solo era stato attivato, ma che aveva avuto un ruolo assai rilevante nella vicenda. Abbiamo visto in precedenza l'attenzione portata dal Sismi addirittura alla lettura dei dati radar e alla loro interpretazione. E abbiamo visto che il Sismi non tenne per sè le risultanze.

Quella di Lagorio apparve alla Commissione una posizione difficile da sostenere. Quando gliene fu chiesta ragione, Lagorio rispose: "Io ho lavorato solo con gli Stati Maggiori".

Come andava interpretata questa frase? Nel senso che il Ministro non intendeva discostarsi in alcun modo dalla linea ufficiale dell'Aeronautica e della Difesa.

Questa linea non "portava" i dubbi e le incertezze che i servizi (quelli di informazione e quelli d'arma) avevano fatto affluire agli Stati Maggiori.

Quindi ci fu la necessità di minimizzare il ruolo dei servizi, fino a farli scomparire o dichiararli inaffidabili.

Il generale Pisano, ascoltato dalla Commissione e richiesto di precisare chi avesse interpellato per elaborare la relazione su Ustica richiestagli dal Ministro Zanone e trasmessa al Governo il 12 maggio 1989, indicò vari reparti e comandi dell'Aeronautica Militare, ma non nominò il II Reparto (Sios).

Quando gli fu chiesto il perché di questa esclusione, il generale Pisano rispose di "non aver nemmeno pensato" di interpellare il Sios. E anche questa apparve alla Commissione una risposta difficilmente comprensibile, al limite dell'accettabilità.

Come era possibile che il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica che aveva ricevuto dal suo Ministro l'incarico di condurre una indagine interna per raccogliere tutti gli elementi che permettevano di verificare se tutti i comportamenti dell'Aeronautica sulla vicenda di Ustica fossero stati corretti, non avesse sentito proprio il reparto più di ogni altro depositario delle informazioni?

Il fatto è che avendo su Ustica l'Aeronautica affermato di aver detto tutto subito ed essendosi poi tirata da parte, lasciando ogni "curiosità" alle Commissioni d'inchiesta e alla magistratura, aveva tutto l'interesse a minimizzare l'attivismo dei servizi e del Sios in particolare.

La conferma è venuta dalle audizioni del generale Tascio, all'epoca responsabile del Sios-Aeronautica.

Secondo Tascio il Sios, su Ustica, aveva avuto una posizione assolutamente marginale, non aveva fatto niente di sua iniziativa, non aveva partecipato a niente. I suoi compiti erano quelli di tenere aggiornata la situazione delle forze aeree potenzialmente ostili. Non gli competeva l' "informazione" e neppure la "sicurezza".

Solo quando il generale Tascio fu interrogato una seconda e terza volta si cominciò a vedere, sia pure con difficoltà, il ruolo non secondario del Sios e dei servizi.

La reticenza, oltre tutto, non aveva proprio ragione d'essere, dal momento che non vi era nessun motivo per mascherare questi interventi. Erano interventi "dovuti". Perché il Sios non avrebbe dovuto attivarsi in una occasione di tale gravità? E perchè non avrebbe dovuto prestare la dovuta collaborazione al Sismi? Il fatto è che non si voleva fare emergere proprio questo.

Il generale Tascio portò assai avanti questa manovra. Richiesto di precisare quale era stato il risultato della "collaborazione" tra Sismi e Sios, disse che le letture delle carte fatta dal Sismi furono "sciatte, costruite con una leggerezza che getta una luce di pressappochismo su quanto contengono".

Il problema non è quindi quello di vedere perchè i servizi si mossero quanto di vedere che cosa appresero e che uso fecero di ciò che avevano appreso.

Ci si voleva rendere conto se c'erano nelle registrazioni elementi per indirizzare le indagini in determinate direzioni che avrebbero potuto essere pericolose? Oppure ci si voleva assicurare che non ci fossero elementi che potessero contraddire le versioni ufficiali? Forse entrambe le cose.

E' certo comunque che il Sismi e il Sios-Aeronautica riuscirono a leggere le registrazioni radar prima della magistratura e ci riuscirono certamente sia per i nastri di Ciampino, che la magistratura ebbe 26 giorni dopo il disastro, sia per i nastri di Marsala che la magistratura ebbe solo il 3 ottobre.

Che cosa ottennero da questa lettura? A giudicare dai comportamenti che tennero in seguito, i servizi si fecero l'idea che se le inchieste fossero rimaste circoscritte al triangolo Latina-Ponza-Palermo e alle sole registrazioni dei radar di Ciampino e Marsala (con Licola ai margini) non erano da temere sviluppi "pericolosi".

Così il 20 dicembre 1980 il generale Ferri, sottocapo di stato maggiore dell'Aeronautica, attraverso il Sios, "diffidò" chiunque dal sostenere la tesi del missile e arrivò a "consigliare" persino lo Stato Maggiore Difesa ad attenersi strettamente a questa valutazione.

L'ammiraglio Torrisi, ascoltato dalla nostra Commissione, giudicò questa lettera scorretta e per suo conto irricevibile.

Il 23 dicembre, poi, il Sios trasmise la stessa lettera al magistrato inquirente, tagliando via la parte contenente il consiglio ad attenersi alle valutazioni dello Stato Maggiore.

Insomma niente doveva venire a mettere in dubbio l'"ancoraggio" dell'Aeronautica così come esposto dal Ministro della Difesa Lagorio il 10 luglio 1980 al Senato : "Lo Stato Maggiore dell'Aeronautica ha escluso l'ipotesi di una collisione in volo con un velivolo militare italiano e analoga risposta è stata fornita dalle Autorità militari alleate".

Oltre a questo, l'Aeronautica non volle più andare. Se altre informazioni le pervennero, se le tenne.

Il colonnello Guglielmo Lippolis, che la sera del 27.6.80 era il responsabile del Centro Soccorso di Martina Franca (Rescue Coordination Center) e che diresse tutte le operazioni di ricerca e di recupero, ha dichiarato che già nella fase iniziale del recupero dei reperti "fu possibile dedurre che a bordo si era verificata una esplosione in corrispondenza della seconda fila dei sedili, sul lato destro del velivolo".

"Si fece quindi l'ipotesi di una bomba". E di questa ipotesi si parlò a Martina Franca. Questa informazione però, non fu passata all'esterno dell'Aeronautica.

Sempre a Martina Franca, "il giorno successivo alla caduta fu portata da Ciampino una carta con la traccia rilevata dal radar dell'ACC dalla quale si vedeva che l'aereo si era spezzato in più parti". (Deposizione Lippolis). Ma anche questa informazione non fu passata.

E così, mentre la magistratura e la Commissione Luzzatti cercavano di acquisire elementi di prova e di conoscenza, alle prese con ipotesi come quella del cedimento strutturale o della collisione in volo, l'Aeronautica Militare, fin dalle primissime ore, acquisì elementi che re stringevano il campo delle ipotesi, e che aveva l'assoluto dovere di "passare".

Perché non lo fece?

L'Aeronautica Militare ha sempre sostenuto che una volta forniti tutti gli elementi che portavano a escludere che l'incidente fosse stato causato dalla collisione con un altro aereo o dal lancio di un missile in dotazione alle forze italiane o alleate, nient'altro le competeva se non di attendere le conclusioni delle inchieste, alle quali tra l'altro, l'Aeronautica non fu richiesta di partecipare.

Di quest'ultimo fatto l'Aeronautica si è sempre doluta.

Solo nel 1988, quando l'Aeronautica Militare fu richiesta dal ministro della Difesa Zanone di fornire una sua valutazione sull'intera vicenda, il capo di Stato Maggiore, generale Pisano, procedette alla elaborazione di un rapporto attraverso cui l'Aeronautica ebbe l'occasione di fornire dettagliatamente e approfonditamente la sua versione dei fatti.

Fino ad allora l'Aeronautica Militare era rimasta in una posizione quasi di estraneità, mentre tutto intorno cresceva l'ansia dell'opinione pubblica e l'interesse della stampa.

Il fatto che si trattasse di un aereo civile e che i compiti di indagare fossero stati assunti da organi estranei all'Aeronautica, non autorizzava assolutamente quest'ultima a rifiutare una collaborazione più attiva.

Come vedremo furono trattenute informazioni di grande importanza. Ma la conseguenza più grave di questo comportamento fu quella di lasciar disperdere gran parte della documentazione riguardante l'incidente in possesso dell'Aeronautica Militare.

Indipendentemente dal materiale posto sotto sequestro dalla Magistratura (e non tutto reso disponibile alla Magistratura stessa) e da quello richiesto dalla Commissione d'inchiesta governativa, l'Aeronautica Militare non si è minimamente preoccupata di conservare, almeno fino alla conclusione delle inchieste, il materiale di documentazione e di informazione che nei suoi diversi centri potevano avere interesse per le indagini in atto.

La duplicazione di nastri, la distruzione di registri, la dispersione di archivi, se anche fatti nel rispetto di regole formali, non doveva riguardare ciò che direttamente o indirettamente aveva attinenza con l'incidente di Ustica.

Lo stesso generale Pisano ha dovuto scrivere nella sua relazione che la sua inchiesta tecnico-formale si era rivelata molto difficile a causa dell'avvenuta distruzione di buona parte della documentazione relativa, essendo abbondantemente decorso il termine triennale per la conservazione dei carteggi.

Così si è perduta la possibilità di esaminare tutta la documentazione (nastri, brogliacci, registri, ordini di servizio, ecc.) di Martina Franca, cioè proprio del centro nevralgico che la sera del 27.6.80 e nei giorni successivi coordinò tutte le operazioni riguardanti l'aereo Itavia, da quelle di soccorso e recupero a quelle di accertamento della dinamica dell'incidente.

E lo stesso è accaduto per la possibilità di consultare la documentazione di altri centri radar, in particolare quelli di Poggio Ballone e di Siracusa tenuti in tutti i modi fuori dagli accertamenti.

L'Aeronautica Militare aveva il dovere primario di preservare ogni elemento di prova, senza bisogno che magistrati o inquirenti lo ordinassero. Questo non fa venir meno il dovere di chi aveva disposto i sequestri di curare che questi venissero eseguiti e di garantirne la conservazione nel tempo. Ma il materiale che aveva una qualche attinenza con Ustica doveva essere preservato in tutti i centri in cui era, compreso o meno in ordinanze di sequestro.

******

Quando la Commissione iniziò la sua attività le posizioni delle varie parti erano state abbondantemente "fissate" e gli elementi di prova quasi tutti selezionati.

Tutto ruotava sul fatto che nelle ore di interesse su Ustica non vi erano aerei militari italiani o Nato o di altra nazionalità e che questo era documentato dai radar della difesa operanti nella zona.

Per di più erano state accettate le dichiarazioni di estraneità provenienti dagli altri possibili "lanciatori" navali o terrestri.

La verifica di questi "punti fermi" aveva la precedenza su ogni altra cosa.

La Commissione si rese conto subito che per rompere lo schema su cui per nove anni ci si era assestati e per puntare il dito su qualcuno in Italia o all'estero occorreva fornire prove documentali valide e non semplici "scenari logici".

Per ottenere questo occorreva esercitare una pressione fortissima sulle versioni precedenti.

Innanzitutto perchè erano state tenute così a lungo in piedi le ipotesi "alternative" a quella dell'esplosione (da bomba o da missile).

E' vero che la prima delle ipotesi (oltretutto la prima ad essere investigata a fondo dalla Commissione Luzzatti per l'ovvia ragione che per far continuare a volare la flotta degli aerei Douglas 9 era necessario escludere difetti strutturali in quel tipo di aereo) fu quella del "cedimento strutturale".

Oltre le testimonianze di utenti delle linee servite dalla Società Itavia vi furono quelle di alcuni comandanti piloti dei DC9 dell'Itavia.

Per tutti si vedano le testimonianze del comandante Ercolani e di altri piloti che avevano portato in volo quell'aereo (I-TIGI) dell'Itavia sulle vibrazioni aerodinamiche che venivano frequentemente avvertite durante i voli.

Di tutto questo occorreva tener conto ed era giusto che si indagasse a fondo.

L'ipotesi del cedimento strutturale fu esclusa, però, dalla Commissione Luzzatti nelle sue due pre-relazioni insieme a quella della collisione con un altro aereo. (si veda capitolo terzo 6.8.80 e 13.12.80).

Tutto questo era giusto. Rimaneva però il fatto che già dal giorno seguente la tragedia ci si era resi conto che a causare la perdita dell'aereo era stata un'esplosione che aveva devastato la parte destra della carlinga. Ciò è comprovato dalle dichiarazioni rese dal colonnello Lippolis e da quelle del generale Rana: a parte l'uso che è stato fatto delle sue informazioni (o convinzioni) è stato accertato che al RAI, di cui Rana era presidente, tutti parlarono fin dal primo momento di "perdita per esplosione".

Rimasero in piedi (e ufficialmente in equilibrio) l'ipotesi interna (bomba) e quella esterna (missile).

Il ministro dei trasporti Formica nell'audizione del 29.6.89 dichiarò più probabile l'ipotesi del missile tesi sostenuta dal generale Rana, con cui Formica era stato in contatto.

Consegnando la sua relazione il 16.3.82, Luzzatti mantenne aperta la doppia possibilità.

In dichiarazioni recenti il prefetto Malpica, direttore del Sisde, ha affermato che il suo servizio era stato sempre contrario all'ipotesi bomba, perchè l'aereo volava con due ore di ritardo e una bomba a tempo non poteva essere stata programmata per quando il viaggio fosse terminato e perchè, se era una bomba altimetrica, questa avrebbe dovuto esplodere prima che l'aereo arrivasse nella verticale di Ustica, avendo il DC9 raggiunto "tutte le quote possibili".

Successivamente i periti della Blasi, nella loro relazione del 16.3.89 esclusero con argomenti definitivi l'ipotesi dell'esplosione interna.

Comunque, anche date alla pari, le due ipotesi dell'esplosione avrebbero dovuto portare, fin dalle prime settimane, ad un diverso attivismo degli investigatori.

L'ipotesi bomba avrebbe dovuto portare ad "aggredire" la lista dei passeggeri, in tutte le possibili varianti criminali (dalle polizze di assicurazione ai motivi di vendetta).

Questo non fu fatto o, meglio, fu fatto in modo superficiale.

Del resto anche l'ipotesi missilistica avrebbe dovuto essere affrontata in modo assai più pressante e determinato.

Che domande abbiamo fatto e a chi?

Che verifiche abbiamo fatto delle risposte?

Che "direttive di ricerca" abbiamo dato ai servizi?

Difficile non è ottenere risposte, difficile è porre le domande.

Una domanda sbagliata ottiene una risposta sbagliata. Una domanda "debole" ottiene una risposta "debole".

Quando è stato domandato all'Aeronautica Militare, che nel 1980 gestiva il sistema di controllo del traffico civile oltre ovviamente alla rete della difesa aerea, chi poteva avere "visto" che cosa era successo all'aereo dell'Itavia, la risposta ottenuta è stata che l'aereo era stato seguito, sino al momento dell'incidente, dal sistema radar di Ciampino e, al momento dell'incidente, era entro la portata del radar (automatico) di Marsala e di quello (in fonetico manuale) di Licola.

Sulla base di queste domande e di queste risposte tutti gli organi inquirenti rimasero chiusi per anni entro un "sistema binario": Ciampino che aveva visto qualcosa; Marsala e Licola che non avevano visto niente.

Di conseguenza tutta l'attenzione fu concentrata su cosa aveva visto Ciampino.

L'attenzione "ufficiale" (perchè ce ne fu una anche non ufficiale da parte dei servizi) si tradusse nel far valutare il contenuto dei nastri del sistema di Ciampino (Selenia e Marconi), acquisito il ventiseiesimo giorno dall'incidente, dalla Selenia, dalla Douglas, dall'Itavia e dal National Transportation Safety Board (NTSB) americano.

Sull'altro versante si accettò il fatto che i radar del sistema della difesa non avessero visto nulla. Al massimo ci si chiese perchè questo era potuto accadere.

Non fu prestata particolare attenzione al ritardo con cui furono acquisiti i nastri di Marsala. La magistratura li ebbe solo 99 giorni dopo l'incidente.

Si verificò il fatto che la registrazione di Marsala si interruppe quattro minuti dopo l'incidente per inserire un nastro da esercitazione e che, per questo, il sistema di difesa rimase oscurato per otto minuti per riprendere poi con l'esercitazione (Synadex) per altri dieci minuti.

Nessuno pensò di far esaminare i nastri di Marsala come fu fatto per quelli di Ciampino. Nè in Italia nè all'estero.

All'inizio della sua inchiesta la Commissione si pose subito il problema della "perdita di controllo" dei nastri di Marsala per 99 giorni da parte della magistratura e della Commissione Luzzatti.

Che certezza c'era che i nastri consegnati fossero tutti, fossero integri e non fossero stati manipolati?

In casi come questi non si possono accettare "parole d'onore".

All'inizio alla Commissione fu detto da tutti i vertici militari che ogni questione su questo cadeva perchè i nastri non erano manipolabili.

Le stesse informazioni furono evidentemente date anche al sottosegretario Amato quando il 30 settembre 1986 rispose alla Camera alle interrogazioni su Ustica.

In sostanza Amato disse: "Mi è stato spiegato che è tecnicamente impossibile modificare le tracce che risultassero segnate nei nastri. I nastri possono solo essere smagnetizzati, azzerando tutte le tracce, oppure riutilizzati azzerando parimenti le tracce vecchie e reincidendone di nuove. Non sono suscettibili di manipolazioni".

Questo però non è risultato vero.

Il 20 dicembre 1989 la Commissione ha ascoltato il generale Giuseppe Gullotta, nel 1980 comandante del Centro Tecnico Addestramento Aereo di Borgo Piave, e il maggiore Salvatore Di Natale, all'epoca responsabile dei servizi tecnici del Centro.

Dall'insieme delle due testimonianze si è avuta la conferma che presso un Centro specializzato vi è la possibilità di manipolare un nastro Nadge, aggiungendo o cancellando tracce.

Alla Commissione fu detto che non era un'operazione semplice, ma comunque, avendo gli uomini adatti e il tempo necessario, la cosa era fattibile.

Era fattibile a Borgo Piave? Risposta: si. In che tempi? Da pochi giorni a un mese a seconda dei dati da cambiare.

Già questo fatto faceva perdere ogni credibilità alla "testimonianza" dei nastri di Marsala, perchè essi erano stati fuori controllo della magistratura per 99 giorni prima di essere acquisiti.

Ma c'era di più.

Secondo quanto affermato dal generale Pisano nella sua relazione, i fatti, si sarebbero svolti così:

"Per quanto concerne l'operato di Marsala, c'è da evidenziare che il Centro radar all'epoca dell'evento era un sito automatizzato Nadge presso il quale era possibile avvalersi della registrazione automatica dei dati, registrazione effettuata sino a quattro minuti dopo l'evento, come si evince dai relativi tabulati, nonchè durante l'esercitazione Synadex iniziata alla 21,12.

Il sito ha la prima registrazione della traccia relativa al DC9 Itavia alle 20,23 e alle 20,54 la identifica friendly: le registrazioni proseguono regolari sino alle 20,58 orario in cui la traccia del velivolo viene ancora visualizzata con un ritorno radar di eccellente qualità.

Le successive registrazioni delle 20.59.57. e delle 21.00.32 sono in qualità in rapido scadimento e tali da escludere la presenza di ritorni radar reali ad esse correlabili.

A decorrere dalle 21.04.26 sino alle 21.12 esiste una situazione di assenza di registrazione dei dati di D.A. . L'assenza di registrazioni automatizzate è da attribuire al fatto che il personale del sito ha tolto il nastro di registrazione dell'attività reale per sostituirlo, come da prassi, con quello relativo alla Synadex. (relazione Pisano pagg.46-47)".

Il "buco" di otto minuti dunque fu causato dall'inizio dell'esercitazione Synadex e dalla necessità di sostituire il nastro ("come da prassi") che registrava il reale. Quando poi apparve certo che c'era stato un incidente all'aereo Itavia, di nuovo si bloccò tutto (e questa volta per ventisei minuti) per reinseire un nastro che registrasse il reale. Questa la storia.

Ora, anche ammesso che fosse stata avviata la programmata esercitazione Synadex proprio nel momento dell'incidente, era proprio necessario bloccare il reale e procedere a questi cambi di nastri?

Questo non sembra.

Il maggiore Di Natale, responsabile dei servizi tecnici del Centro di Borgo Piave, nell'audizione del 10.12.89 ha precisato che "la registrazione era indipendente dalla situazione reale o simulata, per cui durante la Synadex era possibile operare in reale, in simulato, o in tutti e due i modi e, a seconda del modo di operare prescelto, il nastro di registrazione avrebbe contenuto il reale, il simulato o tutti e due i tipi di dati".

In altri termini nei siti radar Nadge all'epoca si trovavano due apparati che contenevano nastri. In caso di esercitazione Synadex si inseriva il nastro Synadex che conteneva la simulazione delle tracce; l'altro apparato conteneva il nastro di registrazione. Di conseguenza il cambio del nastro non era motivato da ragioni tecniche, in quanto era possibile registrare simultaneamente nello stesso nastro la Synadex insieme al traffico reale.

Perchè si cambiava il nastro di registrazione?

Secondo quando riferito dal maggiore Di Natale il cambio del nastro obbediva a una prassi seguita nei siti radar della difesa aerea e serviva a rendere più semplice e spedita la riduzione-dati relativa all'esercitazione, in modo da poterla analizzare e vedere che risultati aveva dato.

Tutto ciò è sempre riferito ad una situazione di relativa calma nella zona vigilata dal sito radar. Quel che assolutamente non si capisce è perchè quando Marsala entrò in allarme (alle 21,04 o alle 21,12, su questo torneremo) invece di registrare su nastro di registrazione anche il traffico reale oltre a quello simulato, si procedette ad un nuovo cambio di nastro che bloccò il sistema per altri ventisei minuti.

Che cosa è accaduto realmente nel Centro radar di Marsala la sera del 27 giugno 1980?

Sono stati interrogati dall'Autorità Giudiziaria, gli ufficiali, i sottufficiali e gli avieri in servizio a Marsala nel giorno e nelle ore di interesse. Molte delle testimonianze sono in contraddizione, molte sono confuse, alcune chiaramente reticenti. Non c'è concordanza nemmeno sul fatto centrale, se la Synadex sia stata realmente iniziata.

Ma oltre alla memoria degli operatori in servizio la sera del 27 giugno vi era la possibilità di ricorrere a elementi di maggiore, anzi assoluta, certezza.

I nastri di registrazione non contengono infatti solo i dati relativi alla situazione, reale o simulata, del traffico aereo ma altri elementi di estrema importanza.

E' scritto in un documento allegato alla relazione del generale Pisano: "Nei centri radar Nadge l'elaboratore, oltre ad essere di ausilio alle normali attività della sala operativa, consente di registrare automaticamente su nastri magnetici per una successiva analisi e valutazione, diversi tipi di informazioni relative all'attività svolta. I dati che normalmente vengono registrati riguardano:

- le tracce - le operazioni alle console - le intercettazioni" (relazione Pisano, annesso 1 alleg. D. 1).

Il maggiore Di Natale, nella ricordata testimonianza è stato ancora più esplicito: "Dalla riduzione dei dati posso determinare chi è stato l'operatore che alle ore 18,58'11" ha schiacciato quel pulsante, poi ha compiuto le seguenti altre azioni ... tutte queste altre informazioni vengono registrate su nastro. Infatti la registrazione non si riferisce solo alla situazione aerea: quello è uno dei ventotto tipi di registrazione che il sistema può fare".

"Normalmente - ha aggiunto il maggiore Di Natale- quattro registrazioni venivano inserite nei siti della difesa aerea: le azioni effettuate a console dagli operatori (e da quelle si poteva risalire al comportamento degli operatori e perciò verificare se vi era stata o meno una pronta reazione dinanzi ad una certa situazione); la situazione aerea; le condizioni meteorologiche eventualmente immesse nel calcolatore (servivano per il calcolo delle intercettazioni che il sistema compiva in automatico); le intercettazioni eventuali".

Dagli atti acquisiti dalla nostra Commissione non risulta che sia stata mai effettuata una "decodificazione" completa delle azioni effettuate a console dagli operatori.

Tale indagine assume un dubbio rilievo ai fini dell'accertamento della verità sulle cause del disastro, in quanto permetterebbe, nella fattispecie, di ricostruire le azioni compiute la sera del 27.6.80 dagli operatori della sala radar di Marsala durante il controllo del traffico reale (nastro n.99) e altresì le azioni in ipotesi poste in essere dopo l'avvio dell'esercitazione Synadex (nastro n.100).

Siffatto accertamento consentirebbe, tra l'altro, di stabilire con assoluta certezza quando sul nastro di registrazione dell'esercitazione simulata sono apparse le tracce del traffico reale e altresì di accertare a che ora gli operatori che "stavano in simulato" hanno commutato le console sul "reale" per cercare di ristabilire i contatti con il DC9 Itavia. Di questa operazione, infatti, deve necessariamente essere rimasta traccia anche nel console data recording, perchè è stato chiarito dai tecnici dell'Aeronautica che " da una console identificata dal sistema per operare in simulato non si può fare alcuna azione su tracce reali "(vedi resoconto stenografico Di Natale, pag.84).

Orbene, le azioni compiute a console la sera del 27.6.80 non sono state mai compiutamente trasferite su tabulato. Nella perizia del collegio Blasi datata 16.3.89, infatti, non v'è riferimento alcuno riconducibile a tale accertamento ed anzi può affermarsi con certezza che esso, almeno nel primo accertamento peritale, è stato completamente pretermesso.

Solo in occasione dell'espletamento del supplemento di perizia - disposto dal giudice Bucarelli il 29.9.89 - i periti d'ufficio hanno proceduto per la prima volta alla estrazione e alla lettura del tabulato relativo al console data recording che - secondo quanto affermato dai periti Imbimbo, Lecce e Migliaccio - ha offerto "le informazioni nuove indubbiamente più significative" (vedi supplemento di perizia Blasi del 26.5.90, pagina 87).

Tralasciando in questa sede il comportamento del TPO, il quale ha "cancellato" quasi simultaneamente la traccia contrassegnata nell'elaborato peritale con il n.6 (dalle ore 19.01.09.4/Z) e la traccia del DC9 (alle ore 19.01.16.0/Z) dopo che lo stesso TPO, il tracciatore e l'operatore al radar di quota avevano effettuato sulla traccia n.6 circa trenta operazioni a console nell'arco di appena venti minuti, nonostante che questa traccia fosse stata identificata come "friendly" (così supplemento di perizia Blasi, pagina 91), a prescindere, si diceva, da tali nuove acquisizioni, si è avuto modo di apprendere che il nastro di esercitazione Synadex acquisito nel novembre 1987 dal giudice Bucarelli contiene tracce simulate che non trovano corrispondenza con quelle estratte dal nastro nel quale è stata invece registrata l'esercitazione

Non è chiaro tuttavia se si tratti di una non corrispondenza totale (riguardante, cioè, l'intero contenuto del nastro) o soltanto parziale. I periti d'ufficio Blasi e Cerra sostengono a tal riguardo che i dati "sono in disaccordo", mentre i periti Imbimbo, Lecce e Migliaccio affermano che le tracce "non trovano corrispondenza".(Si veda capitolo terzo, 26.5.90)

A prescindere dalla questione terminologica, i tecnici Itav, all'uopo interpellati dai periti d'ufficio, ritengono che "molto probabilmente il nastro di esercitazione Synadex non è lo stesso utilizzato la sera del 27.6.80 .(Vedi supplemento di perizia Blasi, pagina 87), per cui se ne dovrebbe inferire che la non corrispondenza con il nastro di registrazione sia totale.

E' stata tuttavia prospettata dagli "esperti Nadge" una ulteriore spiegazione che individuerebbe la causa della non corrispondenza dei dati nel fatto che "il software nel corso degli anni ha subito delle evoluzioni non facilmente documentabili", per cui oggi mancherebbero " idonei programmi di riduzione dei dati" (vedi supplemento di perizia Blasi, pagina 84)

Questa seconda interpretazione è stata ritenuta "plausibile" dai periti Blasi e Cerra, i quali hanno osservato che "nell'attività del presente supplemento di perizia anche per i nastri n.1 e n.2 si sono riscontrate differenze rispetto alle riduzioni dei dati effettuate dal 1985"(vedi supplemento di perizia Blasi, pagina 86).

Senonchè la spiegazione proposta non convince. Innanzitutto perchè in passato, quando l'Aeronautica ha "voluto", i programmi di lettura li ha reperiti pur a distanza di anni. E' già accaduto - ne ha riferito il generale Pisano - per i nastri di Marsala rivenuti a Borgo Piave l'11.11.88, ritenuti in un primo momento "copie" dei nastri originali in possesso della Autorità Giudiziaria e giudicati invece, alcuni mesi dopo, "non attinenti all'evento Ustica", grazie al reperimento dei supporti magnetici che ne avevano consentito la completa lettura. In secondo luogo non convince perchè l'evoluzione del software intervenuta tra due "letture" dello stesso nastro effettuate a distanza di anni può determinare modeste discordanze dei dati, ma non può provocare una non corrispondenza totale delle tracce in essi registrate.

Si ritorna dunque alla domanda iniziale: la non corrispondenza dei due nastri è totale o soltanto parziale? La questione ha un'importanza niente affatto trascurabile. Se infatti il nastro di esercitazione acquisito nel 1987 è quello realmente impiegato per l'esercitazione Synadex del 27.6.80, la sua non corrispondenza con il nastro di registrazione della esercitazione medesima significa che non vi è stata alcuna esercitazione simulata nel centro radar di Marsala la sera del 27.6.80 o, se vi è stata, si è svolta con modalità diverse da quelle finora indicate dall'Aeronautica.

Se invece nel 1987 è stato consegnato all'Autorità giudiziaria il nastro "sbagliato", saremmo oggi di fronte all'ennesima defaillance dell'Aeronautica ed a un ulteriore "buco nero" dell'istruttoria.

E' di tutta evidenza, quindi, come la "decodificazione" del nastro di esercitazione sia necessaria e utile ancora oggi, sia per ricostruire lo scenario simulato predisposto per l'esercitazione nonchè la tipologia delle tracce, sia per stabilire se le tracce n.16,20,21, 22 e 23 registrate nel nastro n.100 siano realmente tracce simulate, sia infine per accertare se le tracce n.14 e 15 che compaiono nel nastro n.99 siano veramente simulate ed in caso affermativo come sia possibile che una traccia simulata possa essere registrata nel nastro del traffico reale e per di più circa mezzora prima dell'inizio dell'esercitazione Synadex.

Per quanto concerne la "decodificazione" del console data recording del nastro del traffico reale, il relativo tabulato, "mai ottenuto in precedenza" (vedi supplemento di perizia Blasi, pagina 87), è stato esaminato con particolare riferimento alle operazioni compiute, come si è già visto, sulla traccia n.10 relativa al DC9 Itavia e sulla traccia n.6 giudicata nella perizia Blasi "di difficile interpretazione".

La "decodificazione" e l'analisi delle azioni a console andrebbero estese a tutti gli operatori e a tutti i comportamenti da essi compiuti su ogni singola traccia, perchè ciò consentirebbe di superare difficoltà e incertezze derivanti dalle deposizioni, talora contraddittorie e imprecise, rese dai militari in servizio a Marsala la sera del 27.6.80 e dalle controverse risultanze scaturite dal materiale cartaceo fin qui acquisito.

Tra l'altro, malgrado le registrazioni contenute nel nastro del traffico reale vadano dalle ore 11.20/Z alle ore 19.04/Z, si interrompano a questo punto e riprendano alle 19.48/Z, i tabulati estratti dal nastro 99 partono invece dalle ore 18.30/Z, ovvero (perizia e supplemento di perizia Blasi) dalle ore 18.36/Z, essendosi ritenuto non utile all'indagine partire da un esame ancora più remoto, atteso che il DC9 era scomparso intorno alle 19.00/Z.

L'arbitrarietà di questa scelta appare evidente ove si consideri che la "decodificazione" della "situazione- meteo" ossia di una pista meno importante del console data recording è stata effettuata dall'Aeronautica dalle 18.00 fino alle 21.04 come risulta dalla documentazione trasmessa dall'Itav alla Commissione Pratis nel 1989.

Sta di fatto che noi non sappiamo nulla di ciò che è accaduto alle console prima delle ore 18.36/Z e non siamo in grado di stabilire se le tracce registrate anteriormente alle 18.36/Z possono assumere oggi, alla luce dei più recenti sviluppi dell'inchiesta, un significato probatorio diverso.

I periti d'ufficio dopo l'accesso a Borgo Piave compiuto nel marzo del 1985 per la lettura dei nastri di Marsala, si resero conto di questo "vuoto dell'indagine" e decisero di effettuare una nuova seduta per poter "decodificare" in maniera completa il nastro n.99, ma questo proposito (che trova riscontro nel verbale della seduta peritale del 4.3.85) non ebbe seguito. Una "decodificazione" completa non è stata compiuta neppure in occasione del supplemento di perizia Blasi, sicchè ancora oggi la Track history Data Recording e il console data recording iniziano dalle ore 18.36/Z.

La integrale "decodificazione" del nastro n.99 dovrebbe riguardare sia la Track history data recording sia il console data recording. Ciò consentirebbe di stabilire per esempio se la sera del 27.6.80 sui cieli del Tirreno si verificarono situazioni di interesse per la difesa aerea e quali eventuali azioni furono poste in essere.

Attraverso la completa riduzione dati del console data recording potrebbe trovare definitivo chiarimento, ad esempio, il contrasto esistente tra dichiarazioni di ufficiali e sottufficiali che si trovavano in servizio nella sala radar di Marsala la sera del 27.6.80, contrasto che trova emblematicamente contrapposte le affermazioni del maresciallo Carico e quelle del maresciallo Loi.

E' noto che il maresciallo Carico aveva il compito di assumere il controllo del traffico reale durante lo svolgimento dell'esercitazione Synadex ed era stato quindi destinato alla console "UPA35", come risulta dall'ordine di servizio acquisito dall'Autorità giudiziaria, ove peraltro figurano anche , con mansioni attinenti all'esercitazione Synadex, i nominativi di militari quella sera non presenti in sala radar.

Ebbene, il maresciallo Carico ha dichiarato e ribadito di non avere mai raggiunto la console "UPA35" ed ha aggiunto di non poter affermare con sicurezza se l'esercitazione era partita o meno, ma di essere certo di non essersi spostato dal suo posto di lavoro e di non avere mai azionato la manopola per accertarsi se nella sala gli altri operatori fossero passati in simulato. Viceversa il maresciallo Loi ha reso dichiarazioni che sono in totale contrasto con quanto affermato da Carico circa il ripristino del controllo del traffico aereo che sarebbe stato effettuato dopo la telefonata di Punta Raisi che comunicava la scomparsa del DC9.

Il contrasto tra le due versioni investe non soltanto la collocazione temporale delle due operazioni (quella di Carico è contestuale allo scadimento della traccia del DC9 e si colloca intorno alle ore 19.00/Z, mentre quella di Loi si situa intorno alle ore 19.25/Z) ma investe addirittura la stessa effettuazione dell'esercitazione simulata, in quanto non si comprende come possa una esercitazione effettuarsi in un sito radar facente parte del sistema Nadge senza che sia assicurato in alcun modo il controllo del traffico reale per non meno di venti minuti, cioè dalle 19.04/Z alle 19.25/Z.

Noi oggi registriamo questi fatti.

1) Il nastro di esercitazione Synadex non fu acquisito nel primo provvedimento di sequestro dell'Autorità Giudiziaria avendo il provvedimento del pubblico ministero Santacroce interessato soltanto i nastri di registrazione n. 99 e 100, e il nastro delle comunicazioni TBT e "punto-punto".

2) Solo in data 9 febbraio 1987 il giudice istruttore Bucarelli dispose l'acquisizione della documentazione relativa all'esercitazione Synadex e il provvedimento fu eseguito il 12 febbraio 1987 presso il 35· gruppo radar di Marsala da ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti al Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri di Roma.

Il processo verbale in quella sede redatto indica, tra i documenti consegnati dal capitano Andrea Del Zoppo, un "nastro computer SPS 5904 contenente le tracce simulate utilizzate durante l'esercitazione del 27 giugno 1980", ossia il nastro per l'esercitazione Synadex.

3) Il nastro di esercitazione Synadex, acquisito nel 1987, non risulta essere stato consegnato ai periti d'ufficio durante la fase di redazione della perizia del collegio Blasi. Viceversa è certo che i periti ne hanno avuto la disponibilità durante il supplemento di perizia e ciò si desume dal fatto che il reperto figura tra quelli restituiti al giudice all'atto del deposito della supplemento di perizia.

4) Alla stregua degli atti in possesso della nostra Commissione può dirsi che la consegna del nastro di esercitazione non è stata accompagnata dalla formulazione di specifici quesiti; ciò spiega la ragione per cui i due gruppi di periti, in sede di conclusioni del supplemento di perizia, non menzionano in alcun modo l'esito della comparazione del nastro di esercitazione con il nastro di registrazione Synadex. Di tale comparazione si parla soltanto nel contesto del supplemento di perizia e con i limiti di cui si è detto in precedenza.

Un altro punto che potrebbe essere chiarito dalla decodificazione completa dei nastri di Marsala riguarda il reale coinvolgimento del sito radar di Siracusa sia rispetto all'esercitazione Synadex sia per le altre operazioni del sistema di difesa aerea la sera del 27 giugno 1980.

Per prima cosa, era funzionante il Centro radar di Siracusa al momento dell'incidente? Agli atti della Commissione risultano acquisite almeno tre prospettazioni diverse fra loro: la prima riguarda il perfetto funzionamento di Marsala, Licola e Siracusa (trattasi del documento Sios Aeronautica del 20.12.80; nello stesso senso si è espresso il generale Arati avanti alla Commissione, precisando che il funzionamento del radar di Siracusa era condizione imprescindibile dell'esercitazione Synadex a Marsala); la seconda riguarda lo stato di avaria assoluta di quel Centro radar (in tal senso si è espresso il generale Tascio nella sua terza audizione); la terza riguarda la cessazione dell'avaria alle ore 21 del 27.6.80 (in questo senso si è espresso il generale Carlo Blandini, responsabile del Servizio relazioni esterne dell'Aeronautica militare nell'intervista resa a "TG2 Dossier" in onda il 9.1.90; nello stesso senso si è espresso davanti alla Commissione il tenente colonnello Patroni Griffi

, controllore del Soc di Martina Franca all'epoca del disastro).

Quel che è certo è che non si può sostenere contemporaneamente la tesi che la Synadex si è svolta (anche solo per i brevi periodi dichiarati) e che Siracusa era in avaria. Senza Siracusa viva e attiva, una Synadex, anche monosito, a Marsala non avrebbe potuto iniziarsi.

D'altra parte la decifrazione recente delle comunicazioni telefoniche intercorse tra Marsala e Siracusa la sera del 27 giugno elimina ogni dubbio sulla operatività di Siracusa.

Come avrebbe potuto essere diversamente? Se un sistema di difesa aerea viene, anche per breve tempo, disattivato occorre che un altro prenda il suo posto, per "vedere" e per trasmettere i dati al Comando superiore che coordina l'intera difesa aerea del settore.

Ma la "eliminazione" di Siracusa era necessaria per poter tener in piedi quello che è stato lo scenario su cui si era attestata l'Aeronautica, che solo due Centri potevano avere visto (Ciampino e Marsala, con Licola come appendice) e nessun altro.

Ma questo non era vero.

Tutta la struttura della difesa aerea era, ed è, pensata ed organizzata in modo che quel che vedevano i vari siti radar venisse visto (e registrato) in tempo reale anche dai comandi superiori, perchè erano questi, e non i siti radar, a dover prendere le decisioni e, al limite, far alzare i caccia intercettori.

Il sistema, in buona sostanza, era più complesso, più articolato e, per usare la parola giusta, più serio.

La Difesa aerea del "fianco Sud" faceva a capo a un sistema fondato su Martina Franca e ai suoi cinque centri radar collegati (Marsala, Siracusa, Otranto, Licola e Iacotenente); alcuni in automatico, altri in fonetico-manuale.

Il sistema operava coordinato e integrato.

Tutti i dati affluivano in tempo reale a Martina Franca e venivano registrati.

Come è stato detto dai responsabili di Martina Franca qui venivano "incamerati" in tempo reale sei "dati significativi":

"1) le cosiddette X-ray, che sono tracce sconosciute, cioè non ancora classificate, di probabile natura nemica. Queste ultime sono tracce molto pericolose agli effetti della difesa aerea.

2) Vi sono poi le tracce Zombie, che si riferiscono a velivoli del patto di Varsavia che abbiano l'autorizzazione al transito sul territorio e nei cieli nazionali; ovviamente sono velivoli di linea.

3) Il terzo tipo di tracce è denominato "hostile" e si riferiscono a velivoli nemici che abbiano commesso atti appunto ostili nei confronti del territorio nazionale.

4) Le tracce uniform invece riguardano velivoli sconosciuti, ma che probabilmente hanno natura amica poichè provenienti o nate nel nostro territorio e non provenienti dall'esterno.

5) Vi sono poi le tracce dei nostri caccia intercettori.

6) Abbiamo poi le cosiddette tracce kilo che sono di particolare interesse. Si tratta di velivoli in stato di emergenza, di velivoli dirottati oppure di velivoli che abbiano a bordo dei vip.

Ecco come una pubblicazione specializzata ("Aviazione") descrive il quadro della serie di avvenimenti che si innescano al momento di un "contatto" su di uno schermo radar.

"... Nel momento in cui un operatore radar, a terra o aeroportato, individua un bersaglio sul proprio schermo, viene allertata la catena di comando e controllo della difesa aerea per verificare l'identità del velivolo sconosciuto ... ed il livello dell'eventuale minaccia. Nel caso che la traccia non sia stata riconosciuta, oppure qualificata ostile, scatta l'allertamento delle forze attive della difesa aerea, costituite prevalentemente dai velivoli intercettori ... Le strutture, in uomini e mezzi, dedicate alla difesa aerea sono rilevanti ed inoltre vi è una continua verifica che il circuito delle informazioni autorizzate sia sempre il più tempestivo e preciso possibile per garantire la massima sicurezza di certificazione e autenticità di ordini ...Il comando Nato aereo di livello più alto presente in Italia è COMAIRSOUTH (Commander Allied Air Forces Southern Europe-Comandante alleato delle forze aeree del Sud Europa), responsabile di tutte le forze aeree Sud Europa, ed è retto (nella

sua sede di Bagnoli) da un generale statunitense. Da COMAIRSOUTH dipende la 5th ATAF (5th Allied Tactical Air Force), cioè la quinta forza aerotattica alleata che estende la sua giurisdizione su tutto il territorio italiano.

Il comando ha sede a Vicenza ed è tenuto da un generale di squadra aerea italiano. L'ATAF costituisce il più importante comando aereo operativo presente nel nostro Paese. Infatti, nella sua sede protetta di Affi (Verona), nome in codice "West Star", sono riuniti altri due comandi Nato che formano il JCOC (Joint Combat Operations Center - centro combattimento e operazioni interforze): il COMLANDSOUTH (Commander Allied Land Forces Southern Europe - Comandante alleato delle forze terresti del Sud Europa) e il COMFIVEATAF (Commander 5th Allied Tactical Air Force - Comandante della quinta forza aerotattica alleata) e sono rappresentati il comando delle forze navali del Sud Europa e il comando della 6th Fleet USA.

In questa sede ...operano con funzioni mirate alle operazioni aeree l'AOC (Air Operations Center - Centro operazioni aeree) e l'ADOC (Air Defence Operations Center - Centro operazioni di difesa aerea), quest'ultimo espressamente destinato alla difesa aerea Nato e nazionale. Esiste anche una sede alternata del JCOC di Affi, che si trova a Grezzana (Verona) nome in codice "Back Yard", che viene attivata solo nel caso in cui la principale fosse stata messa fuori combattimento.

L'AOC deve sovrintendere alle operazioni aeree offensive che si svolgono in ambiente aeronavale, mentre l'ADOC ha fin dal tempo di pace la responsabilità di coordinare la difesa aerea. Entrambi svolgono le loro funzioni tramite, rispettivamente, il primo TAOC (Tactical Air Operations Center - Centro operazioni aerotattico) e 3· TAOC, inquadrati rispettivamente nel 1· e 3· ROC (Regional Operations Center-Centro operazioni regionale) di Monte Venda (Padova) e di Martina Franca (Taranto).

All'interno di ciascun TAOC operano due agenzie specializzate, una per l'appoggio tattico (cioè il sostegno aereo alle forze terrestri e a quelle navali) ed una per la difesa aerea. Si tratta del primo e del terzo JASC (Joint Air Support Center - Centro di supporto aereo interforze) e del 1· e 3· SOC (Sector Operations Center - Centro operazioni di settore). ... "

Questa è quindi la catena di comando unitaria. Di conseguenza sia la rete radar italiana sia quella Nato sono integrate in questo sistema e insieme, fin dall'inizio degli anni '70, costituiscono la rete NAGDE, programmata per coordinare tutte le maglie radar operanti nell'alleanza.

"... Il punto di forza di tutto il programma è nell'avanzatissimo sistema di presentazione dei dati, a partire da quelli di "alimentazione" (scoperta, inseguimento, determinazione della quota, identificazione del target e dimensioni dello stesso) fino a quelli di "utilizzazione" (analisi della minaccia, assegnazione dei sistemi d'arma che devono intervenire, controllo degli stessi).

Inoltre una volta che i dati sono acquisiti da un radar, vengono trasmessi tramite data-link al proprio CRC ed al SOC competente, dove il semplice "blip" viene processato per determinare se questo è un bersaglio reale, un eventuale jamming avversario o semplice clutter.Il NADGE ha avuto in seguito ulteriori sviluppi allargando la circolazione delle informazioni anche alle formazioni navali, sempre tramite data-link. ..."

Essendo questo lo schema organizzativo e operativo della difesa aerea, per avere il quadro preciso della situazione aerea nel settore del Tirreno nelle ore di interesse del 27 giugno 1980 la cosa più semplice e corretta da fare era rivolgersi a chi aveva questo quadro, costituito da tutte le segnalazioni non solo del sistema italiano, ma anche di quello Nato.

Che questo non si sia fatto e che ci si sia "affannati" per anni attorno ai radar di Ciampino e di Marsala lasciando perdere tutti gli altri; che per sapere se i radar della Saratoga fossero attivi oppure no lo si sia chiesto per lettera, accettando la risposta solo formalmente corretta che i radar della Saratoga erano disattivati, senza porre la domanda di quale copertura radar godesse la sera del 27 giugno la flotta USA all'ancora a Napoli; che per vedere se nella zona di Ustica quella sera ci fossero aerei militari, lo si sia domandato burocraticamente mettendosi nella condizione di accettare le risposte: tutto questo ha dell'incredibile.

Perchè ai magistrati e alle varie Commissioni di inchiesta non è stato possibile avere subito il quadro della situazione aerea e navale della sera del 27 giugno 1980? Perchè sia i magistrati che i membri della Luzzatti non hanno mai bussato alle porte giuste e queste sono rimaste, per loro, a lungo sbarrate.

La magistratura e la Commissione Luzzatti si sono lasciate chiudere nel triangolo Latina-Ponza-Palermo e nella "competenza" di soli due centri radar (Ciampino e Marsala). La loro "domanda" iniziale è stata debole, debolissima. Quando la "domanda" si è fatta più forte (l'opinione pubblica, i familiari delle vittime, i mass media, l'esecutivo - con le Commissioni Pratis e Pisano - e, infine, la nostra Commissione) si è cominciato a vedere meglio che cosa era successo e qualche risposta la si è avuta. Nel frattempo però molti elementi di prova e di documentazione erano andati perduti.

Questi elementi vanno intanto acquisiti:

- che nel passaggio dell'inchiesta da Palermo a Roma (da Guarino a Santacroce) la zona di interesse si restrinse da tutto il Tirreno al triangolo Latina-Ponza-Palermo;

- che in conseguenza di ciò le ordinanze di sequestro "colpirono" un aerea molto ristretta e lasciarono fuori i centri che possedevano il quadro della situazione nel momento dell'incidente di Ustica e della caduta sulla Sila del Mig 23;

- che dovettero passare ventisei giorni prima che i nastri di Ciampino arrivassero nelle mani del giudice e che ne passarono 99 per quelli di Marsala;

- che il giudice Santacroce non nominò suoi periti, avendo scelto di utilizzare in questa funzione la Commissione Luzzatti senza però revocare il mandato ai periti nominati dal giudice Guarino e ciò fino al 1987 quando il giudice Bucarelli si accorse di loro e li indusse a presentare una relazione accusando Luzzatti di avere intralciato la loro opera;

- che il recupero del relitto, giudicato essenziale fin dal primo momento dell'inchiesta, avvenne otto anni dopo, e solo quando il giudice Bucarelli si avvalse del suo potere di ordinarlo e di rendere obbligatoria la spesa che ne sarebbe derivata;

- che solo nel 1988 il Governo e l'Aeronautica nominarono proprie Commissioni di indagine e di approfondimento, senza ricavare elementi risolutivi;

- che i periti nominati dal giudice Bucarelli dopo essere pervenuti, al termine di cinque anni di lavoro, ad una conclusione unanime, pochi mesi dopo si sono divisi e hanno prodotto due relazioni divergenti;

- che, in conseguenza di tutto questo, a dieci anni dalla tragedia non si dispone ancora di elementi probatori di assoluta certezza nè per quanto riguarda le cause dell'evento nè tantomeno per quanto attiene all'individuazione dei responsabili.

Vediamo, a questo punto, alcuni del problemi che rimangono aperti.

Il primo problema, di natura quasi preliminare, è perché dieci anni non sono stati sufficienti per chiudere la vicenda e per dare le risposte che dovevano essere date.

E' vero che diversi ostacoli di non piccolo conto si sono presentati agli inquirenti in vari momenti delle indagini. Anche così però, dieci anni sono troppi per qualsiasi inchiesta, in particolare su di un incidente della gravità di quello di Ustica.

Che cosa non ha funzionato nei meccanismi di accertamento?

Ma, intanto, quali sono questi meccanismi?

Nella pagina finale della sua relazione, il professor Carlo Maria Pratis, presidente onorario della Corte di Cassazione, ha scritto che se si vuole veramente ottenere che venga fatta luce "tempestiva" ed "esauriente" su incidenti dell'entità di quello occorso al DC 9 dell'Itavia, occorre, come da tempo si è fatto in altri Paesi, attribuire ad un apposito organismo, normalmente preposto anche alla prevenzione degli incidenti, il compito di provvedere con immediatezza all'istituzione della commissione che dovrà procedere all'inchiesta, assegnando ad essa esperti altamente qualificati e dotandola di tutti i poteri necessari per dominare, fin dal primo momento, i complessi problemi dell'inchiesta.

Il punto è proprio questo, la mancanza, nei nostri ordina menti, di regole precise e non rinunciabili, stabilite in anticipo e tali da non lasciare spazio alla benché minima discrezionalità.

Occorre che la composizione (sempre neutrale rispetto agli interessi in campo) delle commissioni d'inchiesta sia stabilita dalla legge, con il numero e la qualifica dei componenti chiaramente specificati, e, quel che più conta, con la indicazione degli automatismi con cui debbono essere acquisiti e protetti tutti gli elementi di informazione e documentazione necessari per l'inchiesta stessa.

Nessuno deve poter manipolare i vari "elementi di indagine" prima della nomina delle commissioni d'inchiesta e degli interventi dell'autorità giudiziaria, né deve poterli sottrarre alla prioritaria valutazione degli organismi di "garanzia".

Nel caso del DC9 dell'Itavia la Commissione d'inchiesta è stata attivata dal Ministro dei trasporti con decreto del 28.6.80 (il giorno immediatamente seguente l'incidente) e fu poi integrata con un secondo decreto del 7.7.80.

Anche la magistratura si mosse con immediatezza. Le prime indagini furono avviate a Palermo dal giudice Guarino e poi, fin dal 10.7.80 la conduzione dell'inchiesta passò a Roma, al giudice Santacroce.

Ma dovettero passare 26 giorni prima che la magistratura e la Commissione potessero prendere possesso dei nastri e delle registrazioni del centro di controllo di Roma-Ciampino e ben 99 giorni prima che potessero acquisire i nastri del centro di Marsala.

Nel frattempo tutto questo materiale di fondamentale impor tanza fu visionato da numerose persone, di alcune parti se ne fecero copie e trasposizioni grafiche, altre parti furono portate all'estero da chi non aveva alcun titolo e alcun diritto per farlo.

Ciò è stato possibile perchè non esistevano allora (e non esistono oggi) regole precise date con forza di legge.

Una legge, per la verità, c'è, ma è vecchia mezzo secolo. In caso di incidenti aerei si deve ricorrere al Codice della Navigazione che è del 30 marzo 1942 e che si preoccupa soprattutto degli incidenti marittimi.

Per avere un'idea di ciò che questo significa, basta dire che un articolo di detto Codice prescrive che, qualora il relitto di un aereo caduto in mare possa disturbare la navigazione, il relitto deve essere affondato.

Il Codice della Navigazione non ha norme per garantire l'ac quisizione delle prove, la non manipolazione di queste, la priorità delle commissioni d'inchiesta su tutto e su tutti.

L'organizzazione internazionale dell'Aviazione civile (ICAO) tiene aggiornato il "Manuale di indagine tecnica sugli incidenti aerei" che fu utilizzato dalla Commissione Luzzatti nella versione 1970. Il principio informatore è quello dell'immediata entrata in possesso di tutti gli elementi di prova, essenziali per il buon esito di ogni inchiesta. Ma senza la potestà normativa per imporre le regole del gioco, il "manuale" dell'ICAO rimane un semplice manuale di consultazione.

In sostanza, l'assenza di una legislazione precisa e aggiornata ha indebolito le possibilità degli organi chiamati a indagare su Ustica ed è una delle cause, e non la meno importante, dei ritardi registrati e delle difficoltà incontrate.

Se certe cose sono state fatte e altre non sono state fatte lo si deve ai varchi che il sistema attuale ha lasciato aperti.

La stessa cosa si può dire a proposito degli accertamenti compiuti nei confronti del Mig libico caduto sulla Sila il 17 luglio 1980 e entrato a più riprese nella "storia" di Ustica.

Anche in questo caso la mancanza di regole precise e date per legge sul modo di formare le Commissioni d'inchiesta e su come gestirle ha portato ad una serie gravissima di errori e di sbandamenti.

Una Commissione d'inchiesta fu nominata nei giorni immedia tamente seguenti il ritrovamento dei rottami dell'aereo, ma a nominarla fu lo Stato Maggiore dell'Aeronautica, un organismo tutt'altro che super partes. A presiederla fu chiamato il colonnello pilota Sandro Ferracuti.

Come si è visto, anche il Governo libico chiese di entrare a far parte della Commissione e questo fu subito accordato. (Da allora si è parlato sempre di Commissione mista italo-libica). Il risultato di questo modo di fare fu che quando la Commissione iniziò i suoi lavori, il 24 luglio 1980, molti elementi essenziali per l'inchiesta erano già sfuggiti al suo controllo e altri non vennero richiesti e analizzati.

La Commissione esaurì il suo compito il 10 agosto, dopo appena una decina di sedute.

La versione libica (che l'aereo fosse penetrato nello spazio aereo italiano in conseguenza di un malore del pilota e, esaurito il carburante, si fosse schiantato sulla Sila) fu accettata come valida. Assai rapidamente i resti dell'aereo e il corpo del pilota furono restituiti alle autorità libiche.

La fretta non è servita però a molto, perché quando si agisce al di fuori di regole precise, i casi non si chiudono mai. E infatti quello del Mig libico è stato riaperto, nel corso di questi dieci anni, tutte le volte che qualcuno ha avuto interesse o voglia di farlo.

Si guardi al problema della "datazione" della morte del pilota libico. Come si sa, i due medici che il 23 luglio 1980, cinque giorni dopo il ritrovamento dei resti dell'aereo e del corpo del pilota, ebbero l'incarico di eseguire l'autopsia, dopo aver sottoscritto la relazione, cambiarono parere e avanzarono, anni dopo, una verità del tutto diversa da quella dichiarata e sottoscritta in precedenza.

Se l'hanno potuto fare è perché nessuno li ha chiamati, il giorno in cui eseguirono l'autopsia, al rispetto di regole formali, sia sulla conduzione dell'esame autoptico, sia sul modo di registrarne i dati e conservarne memoria.

Quella che fu fatta dai professori Zurlo e Rondanelli il 23 luglio 1980 non fu in realtà un'autopsia, ma una semplice ricognizione del corpo del pilota libico, senza prelievo di organi per accertamenti di laboratorio, senza un minimo di accuratezza e di professionalità. Una regolare Commissione d'inchiesta non l'avrebbe mai accettata. Ma questo problema la Commissione nominata dallo Stato Maggiore dell'Aeronautica non se lo pose in alcun modo e in alcun momento.

Se si fosse fatto quello che si doveva fare (e che dovrebbe essere sempre obbligatorio fare) tutte le cose che sono successe dopo, la doppia verità, le interpretazioni a memoria, i giudizi senza riscontri, i dati senza possibilità di controllo, non sarebbero accadute.

Di un altro elemento egualmente importante una Commissione di inchiesta super partes si sarebbe dovuta occupare: l'esistenza o meno di un tracciato radar riguardante la penetrazione del Mig libico nello spazio aereo italiano.

Si sarebbe dovuto partire da un dato: che nel giorno e nelle ore in cui un caccia potenzialmente ostile era entrato nel nostro spazio aereo, il Sistema di difesa aerea avrebbe dovuto essere attivo e avrebbe dovuto registrare, nei centri che operavano in automatico, la sua intrusione.

La registrazione avrebbe fatto cadere subito tutte le ipotesi più o meno fantasiose, di comodo o di deviazione. Avrebbe anzi costituito la "prova regina" dell'inchiesta, e la bruttissima storia dei due medici e della loro "autopsia-non autopsia" non avrebbe potuto verificarsi e non ci sarebbero stati i tentativi di inquinare l'informazione.

Il ministro della difesa, Lagorio, nel riferire al Parlamento il 31 luglio 1980, disse che "il sistema di difesa aerea al momento dell'incidente era efficiente e in normale stato di allerta in tutte le sue componenti", ma che ciò nonostante "la presenza del Mig libico non fu rilevata".

Ora, a parte il fatto che non si può definire "efficiente" un sistema di copertura radar su cui si fonda l'intero sistema di difesa che non vede un aereo che penetra profondamente nel nostro spazio aereo senza tra l'altro adoperare particolari accorgimenti elusivi; e a parte il fatto che quel giorno il sistema di difesa aerea non era "in normale stato di allerta", ma in grado di "massima allerta", in quanto era in corso nella zona una grossa manovra Nato (con la partecipazione di aerei italiani e tedeschi e navi Nato) simulante proprio la penetrazione di aerei nemici nel nostro spazio aereo; non si può ammettere che sia l'Aeronautica a dire "abbiamo visto" o "non abbiamo visto", ma deve essere una autorità imparziale di inchiesta che deve certificarlo, acquisendo elementi oggettivi e assolutamente certi.

Una relazione sul mancato avvistamento del Mig libico da parte dei radar del nostro sistema di difesa aerea è stata presentata alla Magistratura solo dopo otto anni dai fatti, il 20 luglio 1988.

E così si è appreso che in automatico non era stato registrato niente e che una parte della documentazione era andata distrutta in un incendio avvenuto in uno dei centri-radar del sistema di difesa aerea qualche tempo dopo.

Ma, come fu per Ustica, anche per il Mig libico si trascurò completamente Martina Franca, cioè proprio il centro in cui confluivano e venivano registrati tutti i movimenti aerei interessanti la difesa. E si trascurò di interrogare il centro della difesa Nato che certamente aveva le informazioni di cui si aveva bisogno.

Il peccato più grande nel caso di Ustica e in quello del Mig non è certo di natura formale o istituzionale. Ma non si può rimanere più a lungo in una situazione normativa così debole e confusa come quella che abbiamo in materia di "inchieste" sugli incidenti che possono capitare agli aeromobili civili e militari.

Le commissioni d'inchiesta (diverse certamente per i due settori, quello civile e quello militare), debbono essere regolamentate con precisione assoluta, sia nel modo e nei tempi in cui vanno attivate, sia nella garanzia che deve essere loro assicurata affinché niente possa essere sottratto, manipolato, elaborato di ciò che può costituire elemento di prova e di documentazione.

Fin dal primo momento debbono essere indicate le procedure da seguire. Principio assoluto e irrinunciabile è che nessuno deve poter modificare o correggere il quadro che deve essere messo a disposizione degli inquirenti. In questo momento la Commissione trasporti della Camera e quella dei lavori pubblici del Senato hanno in corso una indagine conoscitiva sulla "sicurezza dei voli". Nel corso delle audizioni il problema della nomina e della composizione delle commissioni d'inchiesta è stato affrontato.

Si sono proposti "albi nazionali" di esperti nei vari settori e si sono suggerite precise regole temporali per le varie fasi dell'insediamento e dell'attività delle commissioni.

Su queste linee la nostra Commissione fortemente concorda.

*******

Le responsabilità vere sono però altre.

La Commissione ha voluto "ricostruire" molto attentamente il particolare momento in cui si verificarono gli eventi del 27 giugno e del 18 luglio 80.

Il Paese e il Governo certamente si trovarono, in quei mesi, nel centro di una situazione di grandi tensioni all'interno (per la particolare violenza del terrorismo e per altri gravissimi eventi) e di gravi crisi internazionali.

Può anche essere accaduto che in un primo momento la perdita di un aereo civile su di una rotta civile normalmente seguita fosse considerata come un incidente, doloroso, ma pur sempre un incidente.

E' invece meno accettabile il fatto di non avere avuto reazioni di diversa intensità quando cominciarono ad affluire, nelle settimane successive, informazioni che, comunque, sollevarono dubbi sulle primitive versioni.

Un Ministro della difesa che riceve dal collega dei trasporti (responsabile del settore) l'informazione che ad abbattere l'aereo poteva essere stato un missile, non poteva liquidare l'informazione dicendo che il Ministro dei trasporti era un tipo fantasioso e poco credibile.

E' stato dato atto al Ministro dei trasporti, onorevole Formica, di avere poi portato a conoscenza del Parlamento il 17.12.80 la sua valutazione sull'alta probabilità che l'aereo fosse stato abbattuto da un missile. Già da quel momento, allora, la "pressione" dell'Esecutivo sugli organismi sottostanti, perchè questa ipotesi venisse verificata subito e nel modo più deciso, avrebbe dovuto farsi fortissima.

E invece questo non è accaduto.

Bisogna arrivare all'intervento del Presidente Cossiga sul Presidente del Consiglio Craxi nel gennaio 1986, perchè tutta la vicenda avesse la dovuta accelerazione.

Il Parlamento poi, con la nomina di questa Commissione, ha portato più avanti ancora l'esigenza di dare risposta ai tanti dubbi emersi fino ad allora.

E' sembrato a molti che si sia messo, da parte nostra, un particolare accanimento nell'investigare le responsabilità dell'Aeronautica e della Difesa.

Ora, in nessun momento e da nessun componente della Commissione, è mai stata messa in dubbio la "dichiarazione di estraneità" dell'Aeronautica e della Difesa.

Ma il punto non era questo.

Il fatto è che, avendo dichiarato al più alto grado di responsabilità:"non un nostro aereo era in volo su Ustica e non un solo missile manca dai nostri depositi", l'Aeronautica militare ha creduto di potersi chiamare fuori dal gioco.

Da quel momento in poi sarebbe stata a guardare. A tutto avrebbero dovuto pensare Luzzatti e Santacroce.

Ma poteva l'Aeronautica assumere una simile posizione?

Non lo poteva nè lo doveva.

L'Aeronautica aveva l'obbligo istituzionale e morale di collaborare al massimo alla ricerca della verità, doveva essere la struttura portante di tutte le inchieste.

Tutto quello che sapeva doveva essere detto. Tutto quello che aveva (di documenti, di prove, ma anche di ipotesi) doveva essere dato.

E se il magistrato, per errore, avesse mancato di chiedere qualcosa, non per questo l'informazione andava trattenuta o negata.

L'ammiraglio Porta, nella sua deposizione del 22.11.89, ha detto che probabilmente l'Aeronautica "prese sottogamba il problema". Per la verità prese sottogamba i suoi doveri di collaborazione.

E fece questo non "dimenticandosi" dello svolgimento delle varie inchieste ma "interessandosi" attivamente di quanto accadeva. Mai per un solo momento l'Aeronautica si è tirata realmente da parte.

Subito a Martina Franca fece affluire tracciati e dati, li esaminò e ne incamerò le risultanze.

Dalla testimonianza del tenente colonnello Lippolis abbiamo appreso che fin dal giorno dopo il disastro a Martina Franca ci si rese conto che una esplosione era avvenuta nella fila di destra e che la fila di sinistra era stata abbastanza risparmiata. Si avanzò l'ipotesi di una bomba. Ci furono riunioni ma niente fu portato fuori.

Così andarono avanti a lungo le ipotesi del cedimento strutturale o della collisione con un altro aereo.

Sempre a Martina Franca avvenne lo scambio di favori tra il Sios Aeronautica e il Sismi, in anticipo costante rispetto ai giudici e ai periti.

Nel centro tecnico dell'Aeronautica di Borgo Piave sono accaduti i fatti assai gravi di cui è stato sopra riferito.

Per riuscire a sapere che un nastro Nadge poteva essere "corretto", togliendo o aggiungendo tracce, la Commissione ha dovuto impiegare molto tempo e rompere una vera e propria cortina di silenzio.

Che validità avevano di conseguenza nastri di cui si era perduto il controllo per 99 giorni?

Mai una informazione è stata data spontaneamente e tempestivamente. L'attività di Siracusa è stata sempre negata fintanto che non si è dovuto ammettere che senza Siracusa in funzione la Synadex di Marsala non avrebbe potuto avere luogo.

La Commissione ebbe, in un certo momento, difficoltà a capire perchè i generali Zauli e Cavatorta e il colonnello Muzzarelli, quando interrogarono per conto del generale Pisano i militari in servizio a Marsala la sera del 27.6.80, avessero chiesto sistematicamente a tutti perchè quella sera il radar fu fatto operare a giro lento (1/30) e non alla velocità abituale.

Che significato poteva avere questo mutamento di frequenza nelle registrazioni di Marsala ?

Il maggiore Ballini, all'epoca capo controllore presso il 35· GRAM di Marsala, rispose testualmente:"non lo so spiegare, perchè è una questione puramente tecnica".

Il capitano Andrea Del Zoppo ha risposto che la cadenza 1/30 era stata adottata per poter risparmiare i nastri di registrazione. Infine il colonnello Cespa, all'epoca comandante del 35· GRAM di Marsala, ha risposto:"la cadenza è fissata dal sistema: non è influenzata dall'operatore".

Tutti gli altri risposero: "non so", "non ricordo".

Ma un qualche significato la questione l'aveva. Marsala aveva dichiarato di non avere visto nè registrato tracce di aerei da caccia nelle vicinanze del DC9 dell'Itavia nelle ore di interesse. Il fatto è che girando a 1/30 il radar non avrebbe potuto vedere e registrare un caccia anche se ci fosse stato.

Ma la parte meno accettabile del comportamento dell'Aeronautica è stata la "soppressione" della documentazione di cui era in possesso.

L'Aeronautica era depositaria, fin dalla sera del 27 giugno 1980, di tutta una serie imponente di documenti di prova.

Una parte di questi documenti fu messa sotto sequestro dalla magistratura, prima quella di Palermo poi quella di Roma. Ma una parte notevolissima "sfuggì" ai decreti di sequestro.

Una parte sfuggì in un modo che la magistratura ha ritenuto doloso -i DA1 di Licola- tanto che ha incriminato i responsabili di quel centro.

Una parte sfuggì perchè l'Aeronautica se ne disfece nonostante sapesse che l'inchiesta era ancora in corso, nascondendosi dietro formali procedure burocratiche che autorizzano la distruzione di documenti di archivio dopo un certo numero di anni o di mesi.

L'Aeronautica aveva invece il dovere di preservare tutta la documentazione, sequestro o non sequestro.

Che questo non sia stato fatto è inaccettabile. L'inchiesta è stata così "svuotata" dall'interno.

La documentazione, finchè c'è un'inchiesta e finchè si sa che c'è un'inchiesta, non poteva e non doveva essere sottratta o nascosta o distrutta.

Su questo occorre essere chiarissimi.

E' certo, comunque, che si deve a questa Commissione se la documentazione ancora disponibile è stata individuata, trovata, raccolta.

E' sempre difficile dare delle cifre precise. Oltretutto in questo caso non è sempre il numero dei fogli che conta.

Ma è certo che oggi noi abbiamo reso disponibile, anche per i magistrati, una massa di documenti e di relazioni che dieci mesi fa non si conoscevano e che per l'esame che noi abbiamo fatto hanno "cominciato a parlare".

*******

Quel che noi abbiamo appreso, per la parte di nostra competenza, ora intendiamo portarlo a conoscenza del Parlamento.

Dovevamo vedere per quali motivi la magistratura e le Commissioni governative ancora non sono riuscite a "chiudere" nè l'inchiesta su Ustica nè quella sul Mig libico sulla Sila.

Crediamo di avere documentato a sufficienza gli ostacoli che sono stati frapposti alle indagini.

Nei mesi che abbiamo dedicato all'inchiesta siamo sempre stati sotto il rischio di essere arruolati nei due partiti che fin dall'inizio si sono fronteggiati e si fronteggiano tuttora duramente, quello dell'esplosione esterna contro quello dell'esplosione interna.

Noi non ci siamo fatti arruolare.

Questo non significa che non ci interessi sapere se l'aereo è caduto perchè lo ha colpito un missile o perchè è stata fatta scoppiare una bomba al suo interno.

Questo è il grande problema che la Magistratura solo può risolvere. E alla Magistratura, proprio per questo, abbiamo fornito il massimo di collaborazione. La Commissione ha sempre evitato di sindacare l'operato dei magistrati inquirenti. Sono stati instaurati rapporti di "scambio" di materiale documentale e informativo molto stretti che hanno permesso a entrambe le parti di entrare in possesso di numerosi atti sparsi nelle più diverse sedi o trattenuti o fino ad allora negati.

Va però detto che il modo di condurre l'inchiesta e di controllarne gli sviluppi, trascurando spesso accertamenti rivelatisi poi essenziali, ha più volte lasciato nella Commissione una sensazione di dubbio e di perplessità.

Il rapporto tra magistrati e la Commissione Luzzatti non sempre è stato positivo e altrettanto può dirsi del rapporto con gli organi peritali nominati.

Per ultimo è emerso un contrasto, non perfettamente dominato, tra le risultanze della prima perizia e quelle del supplemento di perizia affidato dal magistrato allo stesso collegio.

Anche per tutto questo certezze conclusive sulle cause del disastro non sono state ancora raggiunte.

Comunque, per il mandato che noi abbiamo ricevuto, ben poco cambierebbe nelle valutazioni alle quali siamo tenuti, qualora prevalesse l'una o l'altra posizione.

Entrambe le ipotesi, se provate, esporrebbero alle stesse critiche e agli stessi rilievi i poteri di vigilanza.

E' su questo che noi siamo stati chiamati a rispondere e, se lo facciamo ora, prima ancora della chiusura dell'inchiesta della magistratura, è perchè sulla responsabilità dei poteri di vigilanza e delle istituzioni militari non sono rimasti misteri da chiarire, scoperte da fare o perizie da concludere.

Oggi si può cominciare a chiedere conto di quei comportamenti che all'interno della Pubblica amministrazione hanno così a lungo ostacolato la ricerca della verità.

 
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