Mi sono iscritto al PCI, già essendo iscritto al Partito Radicale, nel gennaio di quest'anno aderendo alla "svolta" di Occhetto ed alla sua adesione ai referendum per la riforma del sistema elettorale.
Dopo l'iscrizione ho partecipato attivamente al congresso di sezione del febbraio '90 presentando 8 ordini del giorno su sicurezza stradale, lega difesa legislatura, referendum elettorali, Partito Radicale, Radio Radicale, elezioni amministrative e regionali, Stati Uniti d'Europa e legislazione antiproibizionista sulle droghe. Questi o.d.g. sono stati approvati all'unanimità dal congresso di sezione.
Tre di questi ordini del giorno hanno avuto un esito positivo. E' stata approvata la legge ad hoc per il servizio pubblico di Radio Radicale. Sulla legislazione antiproibizionista al congresso nazionale è stato approvato un documento simile a quello approvato dalla mia sezione e anche la raccolta firme sui referendum elettorali è andata felicemente in porto e si è in attesa della sentenza di ammissibilità della Corte Costituzionale.
Non altrettanto bene sono andate le elezioni amministrative che, oltre al risultato negativo, hanno evidenziato all'interno del PCI fortissime resistenze alle poche e sparute "liste aperte". Ecco. Forse si deve partire da qui per comprendere il perché la fase costituente non è mai decollata (non è fallita perché non è stata neppure avviata). Il fatto di aver posticipato ad un secondo congresso la scelta definitiva di costituire una nuova formazione politica è stato un handicap decisivo. Sostanzialmente il PCI ha deciso di portare tutto il partito alla "svolta" ( dico io alla rifondazione) e non rischiare di perderne un pezzo rivolgendosi ai tanti interlocutori esterni che avevano salutato con speranza la "svolta" stessa.
Emblematica in tal senso è stata la vicenda dei rapporti con il PR. Ottimi all'inizio della "svolta" (Occhetto al Consiglio Federale del PR) per arrivare al ridicolo di dover minacciare un sit-in a Botteghe Oscure per ottenere risposta ad una richiesta di incontro tra le due segreterie. Una parola d'ordine è circolata nel PCI: "no al Partito Radicale di massa". Io al contrario direi: magari! Visti i risultati che ha ottenuto un partito che ha avuto mediamente 3000 iscritti l'anno! E' mancata all'intero corpo del PCI, dirigenti e base, generosità nei confronti del PR. Non si è riconosciuto che i radicali avevano avuto ragione tante volte (partitocrazia, legislazione d'emergenza, energia nucleare, caccia, riforme elettorali, e così via). E la stessa "svolta" del PCI non ne è una conferma? Non si è stati generosi nell'iscrizione ad un partito che come sempre traccia nuove strade (quella transnazionale e transpartitica). 500 iscritti in URSS, 250 in Cecoslovacchia, 130 in Jugoslavia, ecc. E le doppie tessere: 3
4 PSI/PR nonostante tre anni di scontri frontali e solo 40 PCI/PR!
La mancanza di generosità ha toccato la vetta in occasione del ventennale sul divorzio. "L'Unità" ha pubblicato il 1· dicembre un dossier di 4 pagine sull'avvenimento cancellando dalla storia di questa battaglia sia il PR sia la LID (Lega Italiana Divorzio) e nulla è stato riportato della fiaccolata antiproibizionista a cui pure avevano aderito deputati comunisti e la FGCI. Ho avuto la sgradevole sensazione di avere tra le mani una copia de "L'Unità" di 10-15 anni fa anziché il giornale di un partito che vuole aggregare le forze migliori della società italiana. E dire che uno degli otto odg approvati dal congresso della mia sezione "invitava i comunisti a sostenere subito, ciascuno secondo la propria coscienza, il PR e ad aprire un dibattito sulla possibilità di poter aderire ad una seconda organizzazione politica".
Ormai c'è solo da sperare che la fase costituente venga rilanciata dopo il congresso nazionale.
Prima di giungere alla conclusione alcune sintetiche annotazioni:
REFERENDUM ELETTORALI. Mentre Occhetto, riduttivamente, si propone iniziative di massa sul referendum più debole, quello sull'abolizione del voto di preferenza, Augusto Barbera (ed io con lui) membro PCI del Comitato Promotore dei Referendum e l'intero Comitato ribadiscono che solo quello sul Senato può contribuire a cambiare non solo il sistema elettorale ma anche quello politico.
SEPARAZIONE TRA AMMINISTRAZIONE E POLITICA. Dopo l'annuncio congressuale sull'uscita dei comunisti dalle Usl c'è stato il vuoto. Vanno individuati obiettivi precisi. Fino ad ora la separazione tra l'Amministrazione e politica è stato solo uno slogan.
ANTIPROIBIZIONISMO SULLE DROGHE. Nella mozione di Occhetto non si fa minimamente cenno ad un'eventuale politica antiproibizionista e finora dello studio sugli effetti di una eventuale legislazione antiproibizionistica, come previsto dall'odg del Congresso Nazionale, non si era saputo più nulla. Con piacere in questi giorni ho visto annunciato sulla stampa quotidiana un convegno dei gruppi parlamentari del PCI e della FGCI su una politica antiproibizionista sulle droghe. Meglio tardi che mai.
STATI UNITI D'EUROPA. Ecco un tema importante che andrebbe volgarizzato e reso comprensibile a tutti i cittadini. Basterebbe informare del fatto che senza poteri sovranazionali le multinazionali di ogni tipo e genere continueranno a fare i porci comodi loro.
GLADIO. Condivido in pieno l'opinione di Chiaromonte, il quale dice di stare attenti a non attribuire a "Gladio" tutto il peso delle nostre sconfitte e delle nostre inadeguatezze, e aggiunge: "Se non fosse così, del resto, non capirei le ragioni della svolta che abbiamo deciso di compiere per sbloccare la democrazia italiana".
Avrei tante altre cose da dire sulla giustizia (sic!), la tutela ambientale, l'energia, i trasporti, la sicurezza stradale, l'informazione, il fisco, la lega per la difesa della legislatura, il "Golfo", l'immigrazione, la politica Nord-Sud, i diritti umani, la questione femminile, ma mi limito a due sole notazioni finali.
La montagna della "svolta" qualche topolino l'ha comunque partorito: l'accettazione piena del principio di maggioranza, la proclamazione della democrazia come mezzo e come fine e la necessità di estendere i diritti umani, civili e politici anche nei paesi più arretrati.
In conclusione io credo di aver fatto quanto mi dettava la coscienza iscrivendomi al PCI nonostante 15 anni di scontri frontali con il mio primo partito. Purtroppo il processo costituente non è decollato, e fino a gennaio questa vicenda è tutta interna al PCI. Rimango in attesa degli esiti congressuali e della politica successiva per decidere se reiscrivermi e partecipare, lo spero, alla vera e propria fase costituente di una nuova formazione politica per la riforma della democrazia italiana.
Antonio Lalli
Roma, 16 dicembre 1990