La lettera che segue e' stata inviata a Noidonne in seguito ad un articolo sulle donne radicali, ed e' firmata da un iscritta milanese del PR. Uscira' sul numero di febbraio della rivista, e mi pare sollevi dei punti di interesse generale. Ne trascrivo ampi stralci sia qui che in conferenza Donne.
"E' assolutamente vero: le donne del PR sono del tutto lontane dal femminismo (...) , e del resto lo dichiarano (...). In un certo senso anche quando hanno fatto la battaglia sull'interruzione di gravidanza (...) la spinta non e' stata propriamente collocata entro un'ottica femminista: era una sacrosanta battaglia civile, punto e basta.
In quel momento si poteva del resto ben capire la distanza di una lotta cosi' mirata, e cosi' rischiosa per chi la sosteneva, dal femminismo in piazza, coi girotondi, le mimose, "donna e' bello" e tripudi collettivi, tutto certamente importante, dirompente, ma un po' di facciata. (...). Ma oggi capisco meno questa estraneita' delle compagne radicali.
Bisogna intanto premettere che, per motivi reali e bisogni concreti, il femminismo e' uscito da quella prima fase ed e' entrato in un secondo momento, severo e rigoroso, di studio e di ricerca: lo testimonia il lavoro delle biologhe, delle filosofe, delle sociologhe, delle linguiste ecc. che, nei luoghi deputati e altrove, vanno identificando e connettendo tessere di sapere su cui poggiare una cultura e una "presenza" che non ha piu' nulla di rivendicativo, non si ferma al soprassalto emancipatorio, ma si fa strada con lo spessore di una verita' riconoscibile e dimostrata, cui dar voce senza mediazioni, senza omologazioni, che puo' additare propositivamente scelte ed itinerari, sia nei luoghi misti comuni del vivere, che in quelli altrettanto misti del legiferare. Si tratta di un impegno di carattere culturale (lo ha sottolineato anche Emma Bonino nell'intervista pubblicata su "NoiDonne"), percio' riguarda tutte, e percio' tutte le donne radicali in prima persona. (...)
Proprio questo mi domando: come e perche' le donne radicali sono cosi' estranee a se stesse?
Presenti nel partito con la tessera, come si sa, militano con l'Arcobaleno e con gli antiproibizionisti: qualcuna fa alacremente i tavoli, qualcuna aderisce entusiasticamente alle manifestazioni. Ma non sentono la necessita', tantomeno l'orgoglio e il valore di un'autoidentificazione per sesso, per genere.
Sono invece ben consci di questo valore gli uomini, lo rivendicano i gay, i trans, i bisex: ma le donne finiscono per essere semplicemente ovvie e percio' cancellate, come tali, perfino a se stesse.
Una perdita secca per tutti: perdita che, fra l'altro, nasce da un nobile, ma non sempre ben meditato, anelito all' "uguaglianza": perche' l'uguaglianza e' un principio giuridico di grande valore, ma nulla e' piu' ineguale dell'uguaglianza se non tiene conto della differenza che e' principio esistenziale.
Il riconoscersi, l'identificarsi ("conoscere per deliberare", e cioe' scegliere, fare, esserci, non e' una frase che conosciamo bene?) non pare importante alle donne radicali che accettano l'omologazione nell'essenza e nel linguaggio dentro l'universale "persona"? ("mi sento persona" dice Rita, dice Laura. E chi lo nega? Ma non e' questo il punto vivo). Anche se nella storia del pensiero qualcuno ha gia' detto "che nulla e' piu' importante della propria identita' per la proprie efficienza".
Un'efficienza che non riguarda soltanto se stesse, e permette una presenza ai problemi delle donne, ma che e' altrettanto importante riguardo a tutti i problemi emergenti (ecologia, salute, relazioni, giustizia) visti partendo da se', da una se stessa ben conosciuta con la propria specificita', consapevole dei propri strumenti, della propria parzialita'.
Ma se vogliamo attenerci ai problemi specifici delle donne (sono problemi anche sociali, di tutti) riallacciamoci pure alle vecchie lotte: oggi la 194, che peraltro noi non abbiamo sottoscritto, viene perfino vanificata nei fatti e insidiata da un progetto recessivo.
Per quel che riguarda la ricerca sulla contraccezione, ne costatiamo la lentezza e le strategie che non tengono per nulla conto i veri vantaggi delle donne e la loro capacita' di occuparsene in prima persona nei luoghi deputati.
Infine parliamo dell'informazione, la prevenzione in pratica non c'e'.
Le scuole non la fanno, le mamme stan zitte e gli organi ufficiali non sentono il dovere di portarla avanti veramente. Qualche risposta fornita alle singole persone qua e la' nelle USSL prossime a scomparire. Qualche volantino sull'AIDS. DI fronte a una situazione concreta di questo tipo non credo proprio che si possa estraniarsi o archiviare il problema della libera scelta di maternita', abbandonando un gran numero di donne in oscura solitudine.
Bisogna riprendere in mano la lotta e soprattutto, nelle scuole e nelle fabbriche, il processo di informazione sulla contraccezione.
Bisogna che le madri stesse propongano alle figlie un rapporto diverso da quello che hannno vissuto loro col proprio corpo.
E le radicali dovrebbero sentirsi coinvolte in queste problematiche: come donne e come radicali appunto.
(...)
Gabriella Guzzi
(Gabriella, oltre che nel PR di Milano, e' impegnata al Centro Problema Donna e fa parte del gruppo "Alma Sabatini", che si e' impegnato nei momenti caldi alla Mangiagalli).