(Lettera inviata da Sergio Segio - detenuto, ex Prima Linea - a Emma Bonino.)Cara Emma,
anche quest'anno mi iscrivo al Partito Radicale.
Una scelta praticamente obbligata per chi e' detenuto: per il ruolo insostituibile che il PR ha in quanto voce, strumento, sede possibile di confronto e di iniziativa, per chi e' privato di liberta' e di diritti. Una scelta particolarmente necessaria in questo preciso momento, segnato da un pesante attacco controriformistico sul carcere e su piu' ampie sfere delle libertà individuali (dal problema delle tossicodipendenze a quello del disagio mentale, da quello dell'informazione a quello della qualità della vita).
La battaglia contro il decreto governativo teso a vanificare i benefici previsti dall'ordinamento penitenziario ha visto una reazione composita, trasversale ai partiti, alle forze sociali, alle impostazioni culturali; e, in particolare, ha visto, ancora una volta in prima fila i radicali: fondamentale e' stato il lavoro di Radio Radicale, generose le iniziative a sostegno di verdi e di antiproibizionisti: basti dire del lungo sciopero della fame di Franco Corleone.
Pure, quella battaglia non ha sortito gli esiti possibili ed auspicabili: la formulaziome del decreto reiterato e le stesse modifiche apportate al testo originario, in Commissione e in Aula della Camera, lasciano intatto il problema anzi lo aggravano poiche' non piu' di legge eccezionale, a termine, si trattera' ma di modifiche permanenti nell'ordinamento penale e penitenziario: in Italia verremo ad avere le pene piu' lunghe d'Europa e, contemporaneamente, le meno flessibili; l'accesso ai benefici diventerà del tutto eventuale ed altamente improbabile data l'incredibile inversione dell' "onere delle prove" per quanto concerne l'accertamento della cessazione dei legami criminali: ogni forma di garanzia lascerà il posto alla piu' totale, inappellabile, discrezionalità. Cio', peraltro, riverbererà in una modifica del clima responsabile e positivo faticosamente costruito, in questi anni, delle carceri, come il recente episodio nel carcere di Salerno preoccupantemente segnala, a dispetto e contraddittoriamente co
n la riforma del corpo degli agenti di custodia, che non può avere, evidentemente, potere taumaturgico.
C'è, allora, da interrogarsi su tutto ciò, sui limiti di questa battaglia, sui miseri risultati: c'è da chiedersi se, anche da parte del PR, non sia stato sbagliato appiattirsi su di categorie - assai poco laiche - quali quelle della "speranza" e della "redenzione" anzichè porre elementi di riflessione e di confronto che sapessero andare, appunto, alla radice del problema carcere, quella che determina che per fare riforme di civiltà giuridica occorrono 10 anni e per le controriforme basta un mese ossia quello delle culture della pena e, piu' in là, del sistema disciplinare ed autoritario che permea la vita sociale.
E, a fianco dell'imprescindibile questione dei contenuti e del profilo di un discorso propositivamente critico, c'è da chiedersi se non sia possibile e non occorra incrementare sforzi e iniziative in direzione di una stanzialità delle iniziative: che siano Radio Carcere, che possano diventare "sindacato" dei detenuti, che producano informazione e promuovano comunicazione. Che sappiano, cioè, creare le premesse per nuove, indispensabili battaglie: quella, urgente, contro la pena dell'ergastolo, contro le pene accessorie e per la restituzione dei diritti civili e politici alle persone detenute: quelle, più generali, contro le filosofie disciplinari, autoritarie ed emergenziali che, sempre più, governano la vita sociale.
E' in funzione di queste domande e di questi auspici che mi reiscrivo al PR. E' nella considerazione che tocca ai soggetti che rivendicano diritti prender parola in prima persona, che chiedo ed auspico che sempre più persone detenute si iscrivano al PR.
Cari saluti
Sergio Segio