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Caravaggi Caterina - 18 gennaio 1991
GOLFO: INTERVENTO DI ALESSANDRO TESSARI

Signor Presidente, fra l'intervento del collega Salvoldi ed il mio c'è stato un altro intervento che credo in modo eloquente abbia offerto a noi tutti elementi per una riflessione che, almeno per quanto mi riguarda, vuole essere serena e pacata, data la delicatezza del momento.

Ritengo che il Governo abbia sbagliato; forse ha sbagliato anche la Presidenza della Camera ad organizzare questo dibattito stabilendone l'inizio dopo il 15 gennaio. A mio avviso potevano essere scelte altre soluzioni che avrebbero reso tutto più semplice dal punto di vista procedurale. Il Governo poteva ed aveva il diritto di assumere la responsabilità, con il consenso del Parlamento della decisione di far parte di un corpo di spedizione che è stato definito in tanti modi, ma che vorrei continuare a credere non avesse come obiettivo di far la guerra.

Mi sono parse appassionati, drammatici, angoscianti, angosciosi alcuni scambi di battute polemiche intercorse fra colleghi di diversi gruppi sull'interrogativo se quanto si stava preparando fosse una guerra o un atto di polizia internazionale. A tale proposito desidero ricordare a noi tutti che gli articoli 43 e 44 della Carta dell'ONU, per perseguire la difesa della pace internazionale e la sicurezza dei popoli, consentono che le Nazioni Unite possano utlizzare forze armate aeree, navali o terrestri.

Credo sia fuori luogo qualsiasi ironia anche in merito alle affermazioni di questa mattina del Presidente del Consiglio, che personalmente non ho difficoltà ad accogliere, stando alle sue parole. Poichè tutti sappiamo - lo sa forse meglio di noi l'onorevole Andreotti - che la somma di alcune proposizioni giuste non necessariamente costituisce una proposta sensata, nutro perplessità e dubbi proprio in merito a quanto egli non ci ha detto. Mi riferisco al fatto che probabilmente il suo parere ed il nostro era già concertato che fossero superflui: il che toglie molta credibilità alla serie di proposizioni che - stando a quanto è stato affermato in quest'aula dal Presidente del Consiglio - potevano ottenere il consenso di molti parlamentari, anche non appartenenti alla maggioranza. Si trattava di decidere se accettare la serie di risoluzioni dell'ONU ricordata da molti colleghi, non la dichiarazione di guerra, non l'entrata in guerra!

Oggi i giornali titolano: "E' la guerra!"; vi è senz'altro una drammatica contraddizione fra le due cose, perchè quanto abbiamo sentito questa notte essere avvenuto a Bagdad allarma e preoccupa tutti noi ma ciò che appare più difficile e meno credibile (ascolteremo le conclusioni che dai fatti di questa notte trarrà il presidente del Consiglio) è che si possa ancora recitare il nostro impegno di dare o negare al Governo il consenso per partecipare a questa operazione internazionale.

Qualcuno ha fatto alcune battute in base alle quali non avendo il nostro paese potuto essere presente nel concerto delle ventotto nazioni che partecipano a questa operazione nel momento in cui si prendevano le decisioni che contano, forse potrebbe essere presente nel momento della "chiusura".

Ho sentito le parole di Bush pochi minuti fa alla televisione: l'ottimismo del Presidente americano non credo possa essere condiviso. Questa non è infatti un'operazione che possa concludersi in ventiquattro ore, ed anche se fosse vero e confermato che gli obiettivi delle frze aeree americane erano solo quelli strategici militari e non la città o i civili, per tutto ciò che ha accompagnato la nascita di questa vertenza, per come si è sviluppata e per i ritardi che certamente debbono essere registrati, esiste una responsabilità del nostro paese e della comunità internazionale. Infatti non abbiamo saputo realizzare quanto previsto dalla Carta dell'ONU.

Per mesi (da quando la guerra è stata iniziata unilateralmente dal dittatore iracheno contro il Kuwait) abbiamo invocato - ricordo anche il vibrato intervento in proposito del gruppo comunista - che nessuna legittimazione venisse data ad iniziative di parte (anche americana) se non vi fosse stata la preventiva autorizzazione dell'ONU. Purtroppo fa parte della nostra incultura nazionale ed internazionale il fatto che tutti noi sapevamo che l'articolo 46 della Carta dell'ONU stabilisce che i piani di cui agli articoli 43 e 44, che prevedono l'uso delle forze armate dei paesi membri della comunità internazionale, possono essere utilizzati in questo senso se il Consiglio di sicurezza può essere coadiuvato dal comitato di Stato maggiore. Ma quest'ultimo non esiste.

Abbiamo saputo che i vari paesi hanno deciso unilateralmente di mettersi al seguito e sotto il comando americano per le operazioni in Iraq. Probabilmente non vi era altro da fare, dato che il comando strategico previsto dalla Carta dell'ONU non esiste. Mi domando come sia possibile che il Parlamento conceda al Governo l'autorizzazione a partecipare ad una operazione che è stata già decisa, già è iniziata e che, probabilmente, ha già assunto i connotati che noi non volevamo assumesse.

Concludo qui perchè credo sia imbarazzante continuare a parlare non sapendo quello che sta avvenendo in questo momento. Voglio dire che nel dibattito è emerso che vi erano dei fatti internazionali di grande rilevanza che potevano dare tranquillità, pur nella drammaticità della situazione che stiamo vivendo: si tratta del consenso e del concerto internazionale da parte di paesi tradizionalmente contrapposti all'interno dell'ONU e del Consiglio di sicurezza. Stati Uniti d'America, Unione Sovietica e Cina, schierati nell'unanime condanna dell'operato iracheno, davano a tutti i paesi della comunità internazionale la tranquillità che si potesse effettivamente procedere a questa operazione di polizia di cui parla la Carta dell'ONU.

L'altro fatto rilevante, a mio avviso, è che la maggioranza dei paesi della Lega araba era schierata in questo senso. Si trattava di rendere sempre più evidente che ad un'aggressione di un paese arabo contro un altro paese arabo, rispondesse la maggioranza dei paesi arabi di concerto con la comunità internazionale. Non era, quindi, una guerra santa dei bianchi occidentali contro gli arabi, ma la condanna internazionale di quell'operato iracheno.

Purtroppo gli Stati Uniti d'America, nel decidere unilateralmente - probabilmente con il concerto di qualche paese che ha aderito a questa iniziativa - hanno tralasciato di verificare se altri paesi - tra cui l'Italia - avessero potuto esprimersi in questo senso. Se il Presidente del Consiglio avesse già adottato la decisione, comunicata al comando statunitense, di essere comunque disposto ad accettare qualunque deliberazione del comando senza il consenso formale del Parlamento italiano, tra poche ore, quando sentiremo la replica del Presidente del Consiglio dei ministri, dovremmo addirittura negare il rito formale del voto e dell'autorizzazione.

Per quanto mi riguarda, ritengo che sia grave ciò che è avvenuto non perchè neghi la validità dei due articoli della Carta dell'ONU che autorizzano questo sforza militare congiunto che poteva prevedere anche l'utilizzo di eserciti, ma resto dell'avviso che quella fosse la lettura giusta. Forse tutti dovevano insistere nei mesi passati perchè "l'embargo" non consentisse all'Iraq nessun momento di tregua. Dai quotidiani che sono usciti pochi minuti fa, abbiamo appreso che sette aziende tedesche, durante la vigenza dell'"embargo", hanno continuato la fornitura all'Iraq di armamenti sofisticati, di pezzi per missili e di bombardieri. Non solo: giunte le prime fotografie dei bambini denutriti - non si sa se iracheni o kuwaitiani -, il mondo intero e la Croce rossa hanno detto di allargare le maglie dell'embargo. Credo sia stato un errore non mandare allora il latte ai bambini iracheni che non avevano alimenti e mandare ora latte e bombe. Se avessimo avuto più coraggio, maggiore lungimiranza e più fermezza nel ma

ntenere il carattere assoluto di tale embargo, probabilmente non saremmo all'epilogo che stiamo vivendo in questi momenti.

La comunità internazionale ha anche questa responsabilità. Quando si invoca la fermezza è necessario che essa abbia un carattere esplicito e non equivoco. Non si può invocarne l'allargamento delle maglie per consentire all'Iraq di respirare, sapendo che poi dopo quel respiro sarebbe arrivata questa risposta.

Mi domando se a questo punto dobbiamo pronunciarci circa il quesito se le bombe abbiano colpito i bersagli giusti o quelli sbagliati. In questo momento non sappiamo di più. Siamo a conoscenza solo del fatto che hanno bombardato la capitale. Bisogna considerare che Bagdad non è solo la capitale dell'Iraq, ma anche quella della nostra cultura; tra il Tigri e l'Eufrate nascono quelle che sono ancora oggi la nostra cultura e le nostre radici. In quella terra oggi stiamo portando la perfezione della tecnica distruttrice. Mi sembra tutto falso, tutto incomprensibile; non so quale messaggio possiamo dare ai nostri giovani.

Un collega diceva poc'anzi: "Salutiamo i giovani che nel tricolore rappresentano l'Italia". Questo è un altro grave errore, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, perchè la Carta dell'ONU prevede che gli eserciti utilizzati marcino sotto le bandiere dell'ONU. Se non erano disponibili, si sarebbe potuto adottare un atto formale in base al quale per quel frangente la divisa USA sarebbe diventata la divisa dell'ONU. Non è quindi né il tricolore, né il "quadricolore" la bandiera che deve sventolare in quella terra. Se operazione di polizia internazionale, autorizzata dall'ONU, fosse stata, doveva esserci solo la bandiera dell'ONU. La garanzia che non si dovesse derogare agli obiettivi militari era data, appunto, dalle Nazioni Unite. Quello che è avvenuto non sembra essere conseguente con queste premesse, togliendo molta credibilità a gran parte del dibattito che abbiamo svolto.

Concludo, pertanto, esprimendo tutto il mio disagio ed il mio sconforto perchè non è prevalsa la ragionevolezza e la fermezza quando era il momento di far prevalere e sentire questa voce. Oggi non mi sento neanche di gridare all'allarme ingiustificato, senza farmi carico di risolvere il problema - partecipi della comunità internazionale aderente all'ONU, non avendo l'Italia mai smentito quella Carta - avviato dalla comunità internazionale, i cui connotati non conosciamo ancora.

Non posso dire di più. Evidentemente il discorso del Presidente del Consiglio dei ministri e le interpolazioni effettuate dal ministro degli affari esteri si stanno sbriciolando, almeno ai miei occhi; hanno perso di credibilità.

Il mio voto, quindi, è di sfiducia, prima che politica, morale, per le modalità con cui questa vicenda è stata condotta dal nostro Governo.

 
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