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Conferenza Partito radicale
Caravaggi Caterina - 18 gennaio 1991
Golfo: Dichiarazione di voto di Rosa Filippini (Gruppo Verde)

Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ancora con più attenzione dopo il susseguirsi dei drammatici fatti di oggi ho ascoltato ogni intervento - senza intervenire a mia volta - ed in particolare quelli dello schieramento pacifista, nell'intento di trovare uno spunto, un argomento che mi convincessero della praticabilità di un'alternativa adeguata alla gravissima responsabilità che il Governo ci ha chiesto di assumere.

Probabilmente fino a due anni fa non avremmo vissuto queste ore angosciose. I veti incrociati avrebbero impedito il rispetto delle risoluzioni dell'ONU e forse nemmeno il Kuwait sarebbe stato invaso in assenza del consenso del blocco di appartenenza. Ma lo stupore per un processo storico più veloce, nel bene e nel male, della nostra stessa capacità di comprenderne le conseguenze non può arrivare a farci paradossalmente rimpiangere l'equilibrio del terrore atomico, che abbiamo così tanto combattuto e temuto. La fine dei blocchi, fatto in sé positivo e addirittura inatteso, ha posto la comunità internazionale di fronte a nuove, grandi responsabilità.

Per la prima volta l'ONU si trova a poter operare, ma di fronte a un dittatore che non risponde ad alcun criterio politico e diplomatico comprensibile e che ignora ogni elementare regola della convivenza civile e del diritto internazionale ed è pronto a tutto, dal sequestro degli ostaggi alle minacce di usarli come scudo, all'assedio delle ambasciate al terrorismo internazionale, all'aggressione con armi chimiche e batteriologiche, al genocidio, alla tortura, allo stupro, all'infanticidio. Di fronte a queste atrocità e alla minaccia costante di moltiplicarle, la comunità internazionale ha diffidato l'aggressore e ha preteso per cinque mesi il ripristino della legalità, definendo procedure, condizioni, garanzie. Tutto ciò non avrebbe avuto senso senza l'indicazione di una scadenza, come sa bene chi come noi è eletto per approvare leggi e definire regole, o chi amministra il diritto.

Poteva ancora a questo punto essere evitata la guerra? Forse sì, ma nessuno qui ha saputo indicare un'alternativa credibile. La soluzione dell'embargo non è stata mai attuata in modo così pesantemente protetto. Proporne il prolungamento, senza scadenza, significava accettarne fatalmente l'inefficacia, soprattutto da parte di chi come i miei compagni pacifisti si è addirittura opposto duramente all'invio delle navi che ne hanno garantito il rispetto.

Ma vi è un punto di vista, sottolineato dentro e fuori quest'aula, che si appella alla coscienza di ognuno: che la guerra è un male in sé, è sempre ingiusta. Questo principio credo sia molto rafforzato nella mente e nella cultura di ognuno. Ma anche per chi lo afferma rappresenta una priorità assoluta, che non si può discutere mai? Nessuno, che io sappia, ha sostenuto che la guerra contro il nazismo sia stata ingiusta o non necessaria. Eppure anch'essa è stata una guerra terribile come ogni altra, come terribile è quella che abbiamo visto questa notte in diretta e che ha sconvolto ognuno di noi. Che sia o no necessaria è un giudizio affidato alla storia, ma che il Parlamento è chiamato a dare oggi. Chi dovrà, in ogni caso, portarne le responsabilità? Interviene qui il mio personale problema di coscienza: non credo di poter scaricare sulle spalle di altri convinzioni che sono anche mie. Non posso accettare che prevalga la legge della giungla in cambio del non coinvolgimento del nostro paese, e desidero distin

guermi, nella maniera più netta, da coloro che fanno - a mio parere - un'operazione folle, anche fuori di qui alcuni autorevoli commentatori hanno tentato di delegittimare l'ONU definendola "la santa alleanza per la conservazione del potere". Di fronte a questo evento tragico, con tutto l'orrore che ne discende, dopo aver ascoltato attentamente gli interventi, dopo aver visto manifestazioni per la pace, con le loro buone intenzioni ma anche con i loro equivoci e le loro contraddizioni, continuo a vedere due sole parti in causa. La terza, quella autenticamente impegnata per la pace, esiste, ma non è riuscita ad esprimere niente di più di un arido "né aderire, né sabotare"; in altre parole: "rimanere a casa propria".

Non voglio disquisisre se questo sia o meno un atteggiamento autenticamente nonviolento. Rispetto le convinzioni di ognuno, però non posso sopportare di accettarne la comoda copertura e preferisco esercitare una responsabilità di cui non posso liberarmi, tanto più nel momento in cui le scelte si fanno gravi e drammatiche.

Voterò a favore, signor Presidente del Consiglio, della sua richiesta; e prego Dio di avere ragione.

 
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