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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Sergio - 25 gennaio 1991
"Nč' con Bush nč' con Saddam"

L'analogia proposta da Alessandro Galante Garrone (La Stampa, 22 gennaio '91) tra lo slogan "Nč con Bush nč con Saddam" (che dovrebbe essere - č vero - correttamente posta nei termini "Nč con l'Onu nč con Saddam") e lo slogan "Nč con lo stato nč con le Br", in effetti, aiuta a comprendere il senso delle posizioni, altrimenti astratte, ovvero aiuta a conquistarne una, una posizione - senonaltro - politicamente sostenibile.

Restano ferme tutte le banalitā: la banalitā che tutte le posizioni sono legittime in quanto espressione della coscienza di ognuno; la banalitā degli argomenti sull'uso delle armi e la banalitā dei discorsi sull'obiezione a tale uso. Queste banalitā non fanno giustizia delle responsabilitā di ognuno: la responsabilitā di Saddam nell'aggressione del Kuwait, stato sovrano, e di Israele, stato non belligerante; la responsabilitā di coloro che hanno armato di tutto il dittatore; la responsabilitā di coloro che non hanno obiettato di tutto per disarmarlo.

A me interessa, in qualsiasi momento, ed ogni momento č diverso dall'altro, la politica, che č l'arte del possibile, il governo di una data situazione, l'obiettivo del bene maggiore ovvero del male minore che puō essere assicurato alla gente e deve essere compito proprio di un governo responsabile, efficace, democratico. A me interessa discutere del possibile o, meglio, del fattibile, vale a dire di "quello che č talmente giusto e doveroso fare che avrebbe dovuto essere giā fatto" in cui si risolve la "politica".

Allora, alla fiera delle banalitā, tutti hanno ragione. Alla prova del governo, una maggioranza di ragioni e di diritti (non necessariamente coincide con il governo) va preferita sempre ad una minoranza di ragioni di ragioni e di diritti. Ripeto: allo stato dell'arte di conseguire l'obiettivo, qui ed ora, del bene comune ovvero del male minore con, grazie al metodo del confronto duro tra due, tre opzioni e i relativi schieramenti, una soluzione possibile puō essere ancora migliore dell'altra e avere la meglio.

L'attesa di un governo mondiale nato da una sorta di rivoluzione dei punti cardinali del pianeta, dal confronto est-ovest fondato sulla deterrenza e gli apparati industriali-militari al confronto nord-sud adeguato alle emergenze dello sterminio per fame, dell'effetto serra, ai problemi del nostro tempo e delle nostre sociatā, tale attesa non deve paralizzare l'Onu ai termini della impotenza della coesistenza pacifica, quindi dei veti incrociati.

L'attesa di un modello di democrazia in cui i mezzi di lotta politica siano prefigurazione dei fini, la tolleranza da espressione di un sentimento, solidarietā e caritā, individuale a forma, diritto e legge, di una societā nonviolenta, la nonviolenza da espressione di un comportamento individuale o sentimento religioso a forma di azione e moralitā politiche pienamente dispiegate e condivise, tale attesa non deve paralizzare il nonviolento ai minimi o massimi termini di impotenza politica.

La legittima difesa della carta dell'Onu o la legittima difesa del preambolo allo statuto del Partito radicale, l'una affermata e l'altra negata in via di principio, non sono nč l'una nč l'altra espressione di un'etica individuale, nč un precetto morale, ma la forma di una moralitā politica storicamente determinata o necessaria, che ha, nel caso dello statuto dell'Onu, il carattere di un metodo legittimo - la "guerra giusta" - coerente con l'attuale ordine e governo mondiale, nazionalistico e, nel caso della carta del Partito radicale, il carattere di prefigurazione e anticipazione del nuovo possibile, esempio di un metodo migliore, di una forma possibile, nuova, adeguata, compiuta di moralitā politica coerente con un nuovo ordine e governo mondiale, antinazionalistico, che non esiste e che č urgente conquistare.

Allora, il "Nč con Bush nč con Saddam" (o, correttamente, "Nč con l'Onu nč con Saddam") di certi pacifisti č sbagliato come il "Nč con lo stato nč con le Br" dei movimentisti del '77.

La scelta di stare oggi con l'Onu, con l'Onu e non con Bush, puō equivalere a quella di stare allora con lo stato, con lo stato e non con Andreotti e Berlinguer, significa innanzitutto la scelta di stare dalla parte di quella imperfetta, contraddittoria, sporca, "americana" convivenza civile, internazionale, che, come si č storicamente determinata e fondata sulla legge e sul diritto; significa, in poche parole, stare dalla parte dello stato di diritto internazionale, almeno fino a che un nuovo ordine mondiale non sia stabilito.

La scelta di stare oggi con l'Onu come ieri con lo stato, significa la scelta di affermare la legge ed il diritto, largamente condivisi, come mezzo migliore e stare dalla parte della legge e del diritto anche nel caso dell'uso della forza per combattere la violenza, la tragica, sbagliata moralitā della politica anche dei terroristi: il limite della lotta al terrorismo, alla "giustizia proletaria", ai "tribunali del popolo", condotta in Italia dai partiti della fermezza č che con tale lotta si č fatto strage di diritto e di legalitā, si sono fatte leggi e tribunali speciali, che non hanno sconfitto il terrorismo, anzi, lo hanno legittimato. I radicali, allora, hanno condotto una efficace, rigorosa, lungimirante lotta al terrorismo, perchč fondata sul diritto ed il rispetto della legalitā. Le Nazioni Unite, oggi, ed il Consiglio di sicurezza in particolare, anche con la scelta di porre l'ultimatum e quindi fare uso della forza, hanno dimostrato per la prima volta volontā di affermare la legge e di garantire l'

ordine mondiale.

I radicali che hanno deciso di stare oggi con l'Onu come ieri sono stati con lo stato, non hanno - a parer mio - smesso di considerare che č il dialogo, il dialogo e non la trattativa, la strategia vincente, la via per risolvere il conflitto. Pure nella dimostrazione di forza, anche militare, dell'Onu, a maggior ragione dopo l'uso delle armi, nella tregua che č necessaria e grazie ad essa, il dialogo con l'avversario, anche contro ogni apparente evidenza, in quanto č scelta unilaterale di rigore e di rispetto della legge e dei diritti di tutti, puō dispiegare tutto il suo potenziale. La trattativa, nel compromesso della legge, del diritto e dei diritti che vengono compromessi, la trattativa, bilaterale, multilaterale, puō fare strage di vita, di diritto e di diritti, nel presente e nel futuro, pių di quanto non ne abbia fatta l'aggressore.

 
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