COMPOSIZIONEnell'essere compiaciuta di riscontrare un atteggiamento di comprensione reciproca tra le posizioni dei "si" e quella dei "no" (le chiamo così per semplicità discorsiva non per semplificazione degli argomenti) tra noi radicali almeno, vorrei fare alcune riflessioni ad alta voce. I "si" dicono che dopo aver registrato il sostanziale fallimento dell'embargo e la sfidadi Saddam Hussein, altra risposta non c'era che la guerra. Al punto in cui ci trovavamo, l'Italia, pena una diòostrazione di viltà, non poteva tirarsi indietro. Questa è la realtà non la verità. La verità è che l'embargo non è stato pienamente attuato, che comunque Saddam Hussein era già pieno delle nostre armi, forte del suo regime e l'Occidente non ha mosso un dito perchè il popolo iracheno avesse informazione giusta e giustizia giusta. Si è deciso di combattere quindi il mostro che è stato creato.Che il pensiero di Gandhi vada nella direzione di giustificare l'uso delle armi contro il diritto internazionale violato non mi conforta.
Mi sarebbe piaciuto non fosse il nostro.
Che la risoluzione 678 dell'ONU abbia questo stesso intento non mi conforta.
Mi sarebbe piaciuto non fosse il nostro.
Vorrei che noi radicali ribadissimo quello che abbiamo sempre detto in piena solitudine e cioè che attraverso la Jihad e l4intifada il movimento islamico e i palestinesi non avrebbero potuto pretendere il nostro appoggio, così come Nelson Mandela attraverso un A.N.C. violento della stessa violenza dell'aparthaid non aveva diritto a tutti gli onori che gli sono stati attribuiti, e che, da una guerra di liberazione come quella dei partigiani, fatta di altrettanta violenza di quella fascista, culminata nell'eccidio di Mussolini e del suo entourage non potevamo attenderci una democrazia autentica, ma reale.
La nostra splendida solitudine non ci faceva essere con la trista compagnia di oggi. Certo non è migliore la compagnia dei pacisti di adesso che fino ad ieri hanno inneggiato a pratiche da guerriglia. Ma mi appare meno forte ora parlare sia agli uni che agli altri, di disarmo unilaterale, di riconversione dell'industria bellica, di affermazione di coscienza così come abbiamo fatto in passato, inascoltati è vero.
Constatare la reale non esistenza di una forza nonviolenta in grado di contrastare una invasione armata in un paese, non può giustificare, a mio parere, una acquiescenza all'uso delle armi.
Detto questo credo comumque che le ragioni dei nostri "si" e quella dei nostri "no" debbono da subito impegnarsi per la costituzione di un Partito Radicale transnazionale che sia in grado di rimettersi daccapo nel tentativo di affermare i principi della nonviolenza in ogni parte del mondo.
Credendo in questo possibile non sono pentita di essere un'iscritta per il 91 e farò quanto potrò per diffondere questa mia convinzione.
Mi manca questo Partito Radicale, e non è un sentimentalismo, non ci sono avvezza, ma la consapevolezza della necessità di un mezzo.
Con affetto
Corrada Giarrizzo