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Conferenza Partito radicale
Ass.Radicale Milano - 11 febbraio 1991
INTERVENTO DI LUCA URBINATI
L'esempio delle randellate, illustrato nell'intervento 566 della conferenza, segue una logica interna corretta, ma modellizza il problema reale in maniera sbagliata; consideriamo come soggetti A, B, C, e D non degli individui, ma dei gruppi di individui; il soggetto nonviolento, D1, e' un gruppetto assolutamente minoritario tra gli individui del gruppo D; siamo nel momento in cui A ha aggredito B, e C ha deciso di reagire con la violenza; il gruppo D si riunisce per decidere democraticamente come comportarsi; un forte gruppo D2 vuole aggiungersi ai randellatori; un altro forte gruppo D3 propone di telefonare ad A, per pregarlo di restituire la borsa rubata, anche se A ha gia' ribadito piu' volte che non la restituira' mai; il voto di D1 e' decisivo (se votare secondo coscienza significa votare come se il proprio voto fosse decisivo); D1 odia i randelli, ma sa che, come risultato di una sconfitta di D2, l'atteggiamento complessivo di D sarebbe: starsene a casa a guardare gli altri che si menano, e non attacc

are A in maniera diversa, nonviolenta; D1 sa che non ha la forza per portare da solo questo attacco, e sa anche che dopo il voto, qualunque sia il suo esito, sara' ancora solo.

Uscendo dall'esempio, nel voto al Parlamento italiano si decideva se l'Italia dovesse restare neutrale nel conflitto, o parteciparvi. Presentare subito prima del voto una mozione in cui si chiede di non iniziare ad usare le armi da guerra, ma di usare le armi dell'informazione e del dialogo, e presentare subito dopo una mozione in cui si chiede di sospendere l'uso delle armi da guerra, ha il valore di una testimonianza di un'idea, che non ha la forza per tradursi in azione concreta; al momento del voto occorreva invece decidere l'atteggiamento dell'Italia, e gli atteggiamenti possibili erano solo due, entrambi sgradevoli, ma privi di alternative: neutralita' o partecipazione.

Se il conflitto fosse tra IRAK e USA, tra dittature e democrazie reali, tra fanatismo islamico e complesso militare-industriale occidentale, tra chi fa morire centinaia di migliaia di persone in guerra, e chi fabbrica le armi per questa guerra, e lascia morire di fame milioni di persone, sarebbe forse la neutralita' la scelta piu' giusta.

Pero' il conflitto e' tra ONU e IRAK; scegliere tra il SI e il NO significava decidere se l'ONU e' solo un paravento del militarismo (occidentale, sovietico, cinese), o se ha un margine di autonomia, se e' un possibile soggetto di tutela e di crescita di diritto giusto. La scelta tra SI e NO non coinvolge quindi principi etici o ideali, ma e' un problema di lettura e comprensione della realta' storica attuale. Non c'e' allora da scandalizzarsi, se da una comune radice nonviolenta sono venute risposte diverse, dal momento che la cultura nonviolenta non offre strumenti forti di analisi teorica della realta'.

LUCA URBINATI

 
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