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Conferenza Partito radicale
Saggese Mimmo - 16 febbraio 1991
L'ESPERANTISTA SILFER A PANNELLA

Questo che segue è il testo della lettera indirizzata a Pannella da Giorgio Silfer, presidente della Cooperativa editoriale di Literatura Foìro, una delle realtà culturali più significative della società esperantofona

Milano, 9 febbraio 1991

Alla cortese attenzione dell'On. Marco Pannella Partito Radicale R o m a

Caro Pannella,

Mi consenta questa familiarità, perché ho avuto occasione di incontrarla più volte, anche se non abbiamo mai conversato direttamente.

Sono attualmente il presidente della Cooperativa internazionale di Literatura Foìro (Svizzera), alla cui filiale italiana (Centro Italiano di Interlinguistica) aderisce l'Associazione Esperantista Radicale. Il comune amico Giordano Falzoni è membro del Comitato Direttivo di questo Centro, di cui è presidente onorario Andrea Chiti Batelli.

Oltre al legame sul piano umano, è per me importante un collegamento ideologico, poiché mi riconosco nella grande tradizione laica, cui fanno riferimento, per quanto riguarda la cultura italiana, movimenti politici viventi, come i repubblicani e i liberali, o estinti, come il Partito d'Azione, e della quale il Partito Radicale è una componente essenziale, in particolare per il contributo all'evoluzione del costume in questo Paese.

Alcuni mesi fa, su richiesta dell'amico Giorgio Pagano, preparai una succinta memoria sullo stato della comunità esperantofona in Europa. Da una lettera datata 29 gennaio 1991 deduco che quella memoria non le è ancora stata sottoposta. E' mia speranza, anche a nome di altri attivisti della diaspora esperantofona, incontrarla quanto prima, al fine di appoggiare l'azione intrapresa dal PR a favore della lingua e della cultura transnazionali. Non essendo però certo di partecipare al III Congresso, le anticipo i punti essenziali che vorrei trattare.

La parte più motivata dell'Esperantia (che fa riferimento ad alcuni documenti ideologici quali il Manifesto di Rauma, 1980, e le Conclusioni della conferenza di Seghedino, 1988) non crede all'efficacia di una promozione dell'esperanto fatta <>, secondo il triangolo classico gruppo di pressione-istituzioni pubbliche-masse popolari. Il modello in cui crediamo esclude ogni piramidismo, e preferisce l'azione a rete, <, secondo il principio ``agire localmente, pensare globalmente'': il nostro interlocutore privilegiato non sono i quarantun mila parlamentari del mondo, ma le realtà (associative, istituzionali, formali o informali) più vicine allo stile di vita in cui si riconosce la cultura esperanto. Capisaldi di questa cultura, certamente vicini alle scelte del PR, sono: la non violenza, di cui fu teorico assai prima di Gandhi l'esperantista Edmond Privat; il pacifismo (se ha visitato il museo della Società delle Nazioni a Ginevra, forse ha anche notato, nella bacheca numero 3, una lettera

scritta in esperanto da A. Fried, premio Nobel per la pace nel 1911); il federalismo mondiale, di cui fu antesignano Zamenhof stesso con il suo <. La diffusione dell'esperanto è praticamente imprescindibile dalla diffusione di questo stile di vita, la cui affermazione (nella coscienza dei singoli) mette in piena luce quello che è l'esperanto nella realtà dei fatti: la lingua di un gruppo socialmente ed etnicamente composito, che può giocare un ruolo fondamentale come minoranza culturalmente impegnata in una prospettiva transnazionale.

Non una campagna pubblicitaria secondo i criteri più sofisticati del marketing, né una campagna politica desupristica possono conseguire il vero obiettivo.

Dalla lettera di Zamenhof a Kofman, 15 maggio 1901:

E' vero, che l'Esperanto ha ora le migliori chances per il futuro: e tuttavia (reso accorto dall'esperienza) io non sono ottimista! Vi fu un'epoca, in cui il Volapük si ergeva ancor più brillante [dell'Esperanto oggi] - e tuttavia come un fulmine è caduto, e delle sue più brillanti speranze non è rimasto nulla! Se anche tutte le accademie del mondo accettassero l'Esperanto, se anche milioni di persone lo usassero - nulla garantirebbe che nel corso di un solo anno esso non fosse gettato e dimenticato per sempre! Se per una volta esso ``uscisse di moda'', esso perirebbe per sempre. La <> si rafforzerà per sempre soltanto nel caso che esista un gruppo di uomini, che la accettino come propria lingua familiare, ereditaria. Un centinaio di uomini siffatti è per l'idea della lingua neutrale assai più importante di milioni di altri uomini. La lingua ereditaria del popolo più piccolo e più insignificante ha una vita ben più garantita e inestinguibile, che una lingua senza popolo, anche se usata da

milioni di persone.

Se decollasse il progetto di un Partito Radicale ``laboratorio politico'' transnazionale e transpartitico, capace di favorire la presentazione contemporanea degli stessi disegni di legge in diversi parlamenti d'Europa o del mondo, la comunità esperantofona apprezzerebbe come più efficace e significativo (per esempio) un intervento che favorisse il libero mercato delle lingue, anziché l'omologazione dell'esperanto alla oligarchia linguistica corrente.Così come quando il PR difese i diritti di Baghwan Sree Rajneesh non ha voluto difendere la sua ``dottrina'' ma (ben più importante) il ``libero mercato'' delle idee.

Analogamente non chiediamo l'adozione dell'esperanto come lingua unica del partito radicale (che verosimilmente vivrà solo sul plurilinguismo) ma sarebbe un elemento significativo di transnazionalità la diffusione di questa lingua tra i suoi appartenenti e i suoi dirigenti.

Sono a Sua disposizione per studiare, insieme agli amici dell'ERA, una strategia più congrua con la natura del fenomeno esperanto e con l'impatto di questo sulla realtà macrosociale. Una strategia che aiuti a crescere in quantità, e in qualità, sia il PR in quanto gesellschaft, sia l'Esperantia in quanto gemeinschaft.

Giorgio Silfer

 
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