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Caravaggi Caterina - 21 febbraio 1991
La nonviolenza saggia è efficace e veste come si conviene
Di Arun Gandhi

International Herald Tribune di giovedì 21 febbraio 1991

(L'autore, nipote di Mohandas K. Gandhi, direttore della Fondazione M. K. Gandhi, ha scritto questo articolo per il Washington Post)

Oxford, Mississippi - Come non c'è ragione di credere che le soluzioni a tutti i problemi possano venire dalla canna di un fucile, così non c'è ragione di credere che tutti i problemi possano essere risolti pacificamente.

Mio nonno, Mohandas K. Gandhi, indiscusso seguace della pace e della nonviolenza nell'epoca moderna, nel 1934 ha scritto: "Il mondo non è interamente governato dalla logica. La vita stessa porta in sé forme di violenza: noi dobbiamo scegliere la via della violenza minore."

Civiltà per Gandhi significava coesistenza pacifica. In realtà, quanto più la nostra civiltà progredisce, tanto più la società sembra diventare violenta.

Di conseguenza, la questione che si pone all'umanità non è il rapporto tra violenza e nonviolenza ma come affrontare la vera scelta tra nonviolenza e non esistenza. La nostra capacità di uccidere è divenuta terribilmente sofisticata, e le nostre armi tanto più potenti quanto più è diminuita la nostra tolleranza.

Se il movimento pacifista vuole guadagnare slancio e adesione, deve ricordare che la sua battaglia non è contro le persone ma contro le politiche; che costruire la pace è un esercizio continuo, non limitato al solo momento in cui la guerra diviene imminente; che ci sono problemi che non possono essere risolti pacificamente; che nella lotta per la pace non c'è spazio per l'ira, l'odio, l'invettiva o per azioni che possono provocare riprovazione; che le uniche armi dell'arsenale di un pacifista sono l'amore e la tolleranza.

Gandhi scrisse un giorno a mio padre, Mailal, il secondogenito a cui era stata affidata la guida della battaglia nonviolenta in Sudafrica:

"Per capire la nonviolenza si deve prima capire la violenza e le sue due distinte forme: quella fisica e quella passiva. Quella passiva, sottoforma di discriminazione, oppressione, sfruttamento, odio, ira e i modi sottili in cui si manifesta, dà origine alla violenza fisica nella società. Per liberare la società dalla violenza fisica, dobbiamo fare in modo di eliminare la violenza passiva."

Può sembrare strano a molti pacifisti, ma l'aspetto esteriore e l'abbigliamento giocano un ruolo importante, di vera e propria strategia, in una battaglia nonviolenta.

Prendiamo ad esempio Gandhi, o anche Martin Luther King Jr. Gandhi decise di indossare una semplice fascia intorno ai fianchi perché voleva essere uno di quei miserabili con i quali conduceva la battaglia per l'indipendenza e la riforma sociale.

Se egli avesse provato a guidare le masse impoverite dell'India indossando abiti occidentali o eleganti abiti indiani, non sarebbe stato accettato dalla gente. Le masse hanno bisogno di un leader in cui identificarsi, che dia importanza all'abbigliamento e all'aspetto esteriore come alla sincerità e all'onestà.

Martin Luther King si trovò ad affrontare lo stesso problema quando tornò dall'India dopo aver studiato i metodi di Gandhi. Voleva vestire in modo semplice, come aveva fatto Gandhi, ma presto capì che nella sua società sarebbe stato un emarginato e non un leader.

Gandhi era solito dire che l'abbigliamento e la disciplina sono importanti in un esercito di pace come in un esercito regolare. Ci sono buoni motivi per cui si spendono milioni per l'abbigliamento e l'aspetto esteriore dei soldati di un esercito: devono avere un aspetto piacevole e incutere rispetto, un obiettivo che l'esercito di pace non può non porsi.

A molti esperti è stato chiesto di analizzare i vari aspetti della guerra del golfo, ma nessuno ha dato rilievo alla domanda più pertinente: perché il mondo periodicamente crea dei Saddam Hussein e degli Adolf Hitler?

Sarebbe semplice affermare che queste persone sono nate cattive. La filosofia indù non ammette che qualcuno possa nascere cattivo. Le persone sono rese cattive dalle forze e dalle circostanze esterne.

Gli Stati Uniti, con i loro enormi mezzi, potrebbero rendere un grande servizio all'umanità avviando un dialogo a livello internazionale per capire quello che non è stato fatto per impedire che il mondo divenisse così malvagio e violento.

Solo nel corso del XX Secolo, il mondo ha distrutto più di 300 milioni di vite umane in guerre note e registrate. Quanti sono i morti dei disordini o della violenza di strada? L'umanità è alla soglia del XXI secolo, e sull'orlo di una esplosione violenta.

Si può combattere la violenza con una ulteriore violenza? La possibilità di sopravvivere può venire dalla canna di un fucile? E viceversa, si può costruire la pace solo con le preghiere? Queste ed altre mille domande sfidano ogni logica risposta.

Gandhi aveva l'ottimismo di credere che si può raggiungere lo scopo solo se amore e legge sono una cosa sola. Categoricamente, scriveva:

"Il mondo di domani sarà, deve essere, una società basata sulla nonviolenza. Può sembrare un obiettivo lontano, una Utopia impraticabile. Ma alla fine non è irraggiungibile. Un individuo può adottare questa forma di vita del futuro - la nonviolenza - senza dover aspettare che gli altri lo facciano. E se un individuo può farlo, perchè non potrebbe farlo un intero gruppo? Gli esseri umani spesso esitano nell'intraprendere un'azione perché temono che l'obiettivo non possa essere raggiunto. Questo modo di pensare è esattamente il più grande ostacolo al progresso."

 
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