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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Giorgio - 14 maggio 1991
STRUTTURARE il transnazionale

Oggi i Paesi del mondo sono minacciati anche da un tipo d'inquinamento che i cittadini non hanno ancora avvertito in tutta la sua gravità: l'inquinamento culturale.

Il peso dell'inglese, forte della supremazia americana e dell'urgente bisogno di comunicazione planetaria, minaccia di distruggere, in poche generazioni, le lingue dei nostri Paesi come il latino fece nell'Europa antica o lo spagnolo nell'America centro-meridionale.

C'è una via di salvezza una soluzione "ecologica" contro questo rischio di Chernobyl linguistica: una lingua pianificata e neutra, come l'esperanto, che, usato nella comunicazione internazionale, metterà tutti i popoli in condizione di parità e, non essendo per nessuno lingua materna, non avrà gli effetti "glottofagici" e distruttori di una lingua viva.

Prove ed esperimenti molteplici, ora ripetute con rigore scientifico e precise documentazioni dall'Istituto di Cibernetica dell'Università di Paderborn, dimostrano che un apprendimento biennale dell'esperanto rende più facile, rapido, pieno l'apprendimento delle lingue straniere. In un momento in cui in Italia si sta introducendo l'insegnamento della lingua straniera nelle elementari, sarebbe grave non far uso di questo fondamentale strumento didattico colpevolmente ignorato da quasi tutti gli specialisti d'insegnamento delle lingue.

Ma per affermarsi l'esperanto ha bisogno di una potenza politica comparabile con gli Stati Uniti d'America, che di esso faccia il fulcro della sua politica culturale: la Federazione europea.

Federazione sulla quale tutti i Paesi comunitari sembrano essere d'accordo ma che, da oltre quarant'anni, tarda a realizzarsi. Tarda, ne siamo sicuri, proprio perché i cittadini e i governi dei Paesi comunitari non hanno concentrato giusta attenzione sulla necessità che gli europei si capiscano. L'esempio delle due Germanie che si uniscono in pochi mesi pur avendo sistemi politici, economici, sociali completamente diversi e con una sola cosa in comune, la lingua, ne è dimostrazione.

Stando così le cose, costruire l'Europa dei cittadini, l'Europa sociale, l'Europa economicamente valida anche per i disoccupati e non solo per i grandi gruppi economici, l'Europa non più malata di decadenza, dipenderà strutturalmente dalla realizzazione dell'Europa che comunica promuovendo simultaneamente le molteplici culture nazionali ed etniche. Essa è LA battaglia che Fa Europa.

Fare, come a suo tempo per la nostra penisola, prima l'Italia e poi gli italiani non può e non deve essere possibile. Dobbiamo cercare di fare allo stesso tempo europei ed Europa.

L'affermazione della tesi esperantista è interesse non solo della comunità esperantofona, ma ancor più di federalisti e federalisti europei, di democratici e di ecologisti, di pacifisti e forze progressiste...

Questo, crediamo vada capito fino in fondo, questo, crediamo si debba far capire. Aprendo su questa questione "finta linguistica" una forte sensibilizzazione politica: dai partiti alla media e piccola imprenditoria, dall'associazionismo alla scuola, dall'arte e la cultura al sindacalismo. Tutte queste dimensioni della società italiana ed europea hanno maggiore interesse alla soluzione esperanto, ripetiamolo, che non gli stessi esperantofoni.

E' in questa prospettiva che discuteremo il che fare domenica 2 giugno a Roma nel II Congresso dell'Associazione radicale "Esperanto":

pensando a diverse e nuove metodologie, maieutica, organizzazione, finanziamenti e autofinanziamento;

avviando la formulazione precisa e convincente di quel possibile fascicolo esperantista - di cui qualcuno avrà già sentito parlare Marco Pannella in un intervento all'Ergife e la cui trascrizione alleghiamo - "da mandare ai quarantamila" parlamentari d'Europa e del mondo ;

meditando sulle responsabilità che abbiamo nell'essere l'unica associazione in grado, ancor più dopo le recenti iscrizioni di importanti esperantofoni - da Umberto Stoppoloni e Pedro Aguilar Solà a Aldo De Giorgi, da Giancarlo Fighiera e Carlo Minnaja a Giorgio Silfer -, di cominciare ad essere cerniera, politica e non partitica, democratica e non neutrale, tra comunità esperantofona e Comunità europea.

Cercando di dare finalmente fondamenta agli Stati Uniti d'Europa e costruendoli non come potenza eurocentrica bensì come forza "euroeccentrica".

Per tutto questo speriamo tu scelga di venire a questo Congresso, aperto a tutti.

Particolarmente importanti e desiderati saranno gli esperantisti che, anche non iscritti all'Era e/o al Pr, porteranno il loro contributo di idee e di azioni ma che anche con solo la loro presenza daranno importanza e forza decisionale al "progetto esperanto" del Partito radicale: solo lavorando tutti insieme il nostro impegno di esperantisti potrà iniziare a raggiungere quei risultati e il compimento di quegli ideali per i quali da oltre un secolo tutto il movimento esperantista lavora.

Bene! In quattro, insieme, scriviamo cercando di farti capire quanto, tanto, la tua presenza è necessaria e quanto, questa, non sia una lettera di circostanza... Non ci rimane che sperare fino al 2 giugno, sperando di essere stati compresi e di vederti a questa Assemblea, permettendoci così di darti il benvenuto, di ascoltarti, e iniziare , seriamente, la battaglia per l'"integrazione" culturale democratica dell'europa.

Korajn salutojn

Umberto Broccatelli Renato Corsetti Giorgio Pagano Alessandro Perna

Trascrizione della parte esperantista dell'intervento di Marco Pannella al III Congresso italiano del Partito radicale il 14.02.1991.

L'intervento si è tenuto anche alla presenza di diversi uomini politici: da Craxi alla Aglietta e Rutelli, da Martinazzoli a Dutto, da Petruccioli alla Bonoparrino, da Biondi e Patuelli a Garavini.

Alcune utili e delucidative premesse su alcune espressioni usate in tale intervento:

innanzitutto "transpartito radicale", con essa si vuole indicare soprattutto che il Partito radicale non si presenta alle elezioni e che pertanto non è concorrente con alcun partito ma, anzi, cerca di aggregare persone e personaggi politici di diverse idee politiche e di diversi partiti intorno ad alcune questioni la cui unica possibilità di soluzione è transnazionale e di cui, quella di una lingua comune per il mondo, è esempio emblematico;

riguardo a "l'iniziativa, da mandare ai quarantamila", il riferimento è ad un fascicolo per l'adozione dell'esperanto quale lingua veicolare mondiale che il Partito radicale vorrebbe spedire a trentacinquemila eletti delle democrazie europee e mondiali, come anche ad esponenti delle classi dirigenti e ai mass media di quei Paesi (circa quarantamila appunto); il costo della presentazione, redazione, traduzione, stampa, invio e riscontro di tale fascicolo è stato stimato intorno ai seicento milioni di lire ma, tutto questo, costituisce solo la punta dell'iceberg organizzativo di sostegno per poter raggiungere un effettivo e contemporaneo varo legislativo.

(...) Credo di avere perlomeno lasciato intendere perchè ritengo non solo compatibile, ma necessario, che l'internazionale transpartito radicale sia secondato e sia ritenuto prezioso per i democratici della riforma nel nostro Paese: è un fatto di linguaggio. E allora consentitimi di dire che, tra le altre stranezze, qualcuno che per colpa di Benedetto Croce e di altre cose molto serie, per tutta la esistenza è stato antiesperantista, ed è chi vi parla.

Dopo dieci anni di discussioni, di riflessioni, di pensiero.

Dinanzi a quello che sta per accadere.

E che l'assenza della conquista di una lingua artificiale, veicolare, soggettiva, voluta, per forza limitata.

In mancanza di questo, noi stiamo per assistere all'affermazione imperiale di una lingua che fa fuori tutte le altre e finirà per negare perfino se stessa, la sua ricchezza e le sue proprietà, attraverso questo sviluppo.

Che il bambino del Bangladesh, il bambino più ricco della società britannica o americana insieme abbiano una seconda lingua, che l'anglofono abbia una seconda lingua è urgente, se noi non vogliamo che rischi di accadere come accade nella vita economica, nella vita agricola, nella vita produttiva, quello che sta accadendo per tutto il Terzo mondo, la distruzione delle culture e la distruzione anche delle lingue, ed altro.

E noi, partito transnazionale, penso che dovremo avere l'iniziativa, da mandare ai quarantamila... e via dicendo, di, anche questa, anche questa ultima, questa estrema, questa "brutta".

Quella di essere coloro che proporranno in concreto, il volontaristico, feroce, duro, tentativo di conquistare una lingua comune, insegnata, ed appresa da tutti i bambini... a tutti gli anziani del mondo.

Già amici esperantisti ci hanno raggiunto. (...)

 
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