SISTEMI ELETTORALI: MITI E PARADOSSI DELLA PROPORZIONALITA` Romano Scozzafava, Universita` "La Sapienza", Roma
Molti sono fermamente convinti che l'unico sistema elettorale veramente
democratico sia quello proporzionale. E pur riconoscendo che un sistema
uninominale privilegia al massimo la governabilita`, non ritengono tuttavia
questo un motivo sufficiente per rinunciare alla rappresentativita` che
sarebbe garantita dal sistema proporzionale.
Porre il problema solo in termini di contrapposizione fra rappresenta-
tivita` e stabilita` dei governi appare d'altra parte alquanto riduttivo. A
tale proposito, le argomentazioni del noto filosofo della scienza Karl
Popper (cfr. ad es. "La Stampa" del 7 agosto 1987) appaiono cosi` ben for-
mulate e conclusive che ogni tentativo di rielaborarle non puo` che smi-
nuirne il carattere di immediatezza, chiarezza e semplicita`. Per tale
motivo la conclusione di quest'articolo sara` costituita essenzialmente da
ampie citazioni virgolettate di Popper, le quali non sembrano richiedere
alcun ulteriore commento.
Prima, pero`, e` opportuno, con l'ausilio di alcuni esempi, mettere in
evidenza, al di la` del diverso significato "politico" dei due sistemi
elettorali (proporzionale ed uninominale) qui presi in considerazione, come
spesso si finisca per non rendersi conto, inseguendo il mito della rappre-
sentativita`, delle situazioni concrete paradossali (e non "democratiche")
cui il sistema proporzionale puo` dar luogo.
L'esposizione e` stata mantenuta ad un livello di "matematizzazione" del
tutto elementare: chi volesse approfondire gli argomenti trattati nei primi
due paragrafi dovrebbe non tanto disporre di particolari conoscenze matema-
tiche (quelle necessarie sarebbero limitate essenzialmente alle quattro
operazioni aritmetiche ed al calcolo e confronto di percentuali) ma
piuttosto di una sufficiente attitudine ed abitudine al ragionamento
quantitativo di natura matematica. In tal caso e` consigliabile la lettura
di due bellissimi articoli di Vinicio Villani ("Leggi elettorali", su
Cultura e Scuola, n. 101, Gennaio-Marzo 1987, pp.175-186) e di Claudio
Bernardi e Marta Menghini ("Sistemi elettorali proporzionali. La 'solu-
zione' italiana", su Bollettino Unione Matematica Italiana, serie VII,
n.4-A, 1990, pp. 271-293).
1. I sistemi elettorali di Camera e Senato
Senza entrare nei dettagli delle relative leggi elettorali (per i quali
si rimanda, oltre che ai due articoli citati, al D.P.R. 30.3.1957, n. 361
per la Camera dei deputati, ed alla legge 6.2.1948, n. 29 e successive mo-
difiche per il Senato della Repubblica), ci limitiamo a ricordarne gli
aspetti essenziali.
Per l'elezione della Camera (il numero dei deputati, fissato dalla legge
costituzionale del 9.2.1963, e` di 630) l'Italia viene suddivisa in circo-
scrizioni, nell'ambito delle quali l'assegnazione dei seggi alle varie
liste avviene ricorrendo sostanzialmente alla proporzionale pura: in real-
ta`, quando in ogni circoscrizione si divide il numero dei voti ottenuti da
ciascuna lista per il numero totale dei voti validi (questi rapporti indi-
viduano la ripartizione percentuale dei voti fra le varie liste) e si
moltiplicano poi (per determinare i seggi spettanti a ciascuna lista)
questi rapporti per il numero dei seggi disponibili nella circoscrizione,
si ottengono in genere dei numeri non interi. Siccome il numero di seggi
assegnati su base circoscrizionale si determina ovviamente non tenendo
conto dei decimali, esso risulta inferiore al numero dei seggi disponibili.
I seggi non assegnati vengono attribuiti ad un Collegio unico nazionale, e
sono ripartiti con un meccanismo piuttosto complesso (che tiene conto
essenzialmente dei resti di ciascuna lista, privilegiando quelle con i
resti piu` elevati) fra le liste che hanno ottenuto almeno un quoziente
intero in una circoscrizione ed un numero totale (su base nazionale) di
voti validi non inferiore a 300.000.
I senatori vengono eletti (in numero di 315) su base regionale, ed ogni
regione e` suddivisa in tante circoscrizioni quanti sono i senatori da
eleggere nella regione stessa (secondo una ripartizione dei seggi non molto
omogenea, anche come numero di elettori afferenti ad ogni circoscrizione,
fra le varie regioni). Ogni circoscrizione corrisponde cosi` ad un collegio
uninominale : nei collegi dove un candidato ottiene un numero di voti
validi non inferiore al 65% dei votanti (nota bene: dei votanti e non dei
voti validi; quindi schede bianche e nulle rendono piu` difficile il
raggiungimento del quorum), tale candidato viene proclamato eletto. I seggi
rimanenti vengono attribuiti in ciascuna regione sulla base di un criterio
proporzionale corretto (il cosiddetto sistema d'Hondt, del quale non
interessa in questa sede spiegare il meccanismo). Siccome in Italia e` ben
difficile che un candidato possa conseguire in un collegio un numero di
voti pari almeno al 65% dei votanti, di fatto il sistema elettorale del
Senato e` solo ... nominalmente un sistema uninominale (almeno nel senso
del sistema "anglosassone", che prevede che venga dichiarato senz'altro
eletto in ogni collegio il candidato che ha ottenuto il maggior numero di
voti) : la maggior parte dei senatori sono quindi di fatto eletti secondo
una proporzionale corretta. A questo punto, quindi, dovrebbe essere chiaro
perche` e` possibile ottenere per il Senato un effettivo sistema unino-
minale mediante un referendum abrogativo: basta formulare un quesito che
proponga che nella legge elettorale vigente venga soppressa quella frase
che specifica che il candidato risultato primo nel collegio debba ottenere
un numero di voti validi non inferiore al 65% dei votanti.
2. Esempi critici sul sistema proporzionale e sui sistemi elettorali in
genere
Mediante l'esame di alcuni semplici esempi e` facile rendersi conto che
il sistema proporzionale non gode di quei requisiti di rappresentativita` e
democraticita` che molti tendono ad attribuirgli: per fissare le idee, e`
opportuno far riferimento ad una data circoscrizione, nella quale sia
adottato un sistema proporzionale che attribuisce in una prima fase tanti
seggi quanti sono i quozienti interi conseguiti da ciascuna lista, e
poi assegna successivamente i seggi residui alle liste che hanno i resti
piu` elevati.
Supponiamo che il numero dei voti validi sia risultato uguale a 90.000,
cosi` ripartiti fra cinque liste: 44.000 voti alla lista A (48.9%), 13.000
voti alla lista B (14.4%), 12.000 voti alla lista C (13.3%), 11.000 voti
alla lista D (12.2%), 10.000 voti alla lista E (11.1%). Se i seggi a dispo-
sizione nella circoscrizione sono 3, i quozienti elettorali di ciascuna
lista si ottengono moltiplicando per 3 le precedenti percentuali. Si ha
quindi: 1,47 per la lista A; 0,43 per la lista B; 0,40 per la lista C; 0,37
per la lista D; 0,33 per la lista E. Come si vede, si tratta di numeri non
interi, e quindi dei 3 seggi disponibili 1 viene attribuito subito alla
lista A (e nessuno alle altre liste); successivamente, in base ai resti, un
secondo seggio va ancora alla lista A e l'altro alla lista B. In conclusio-
ne, la lista A conquista la maggioranza assoluta dei seggi (anzi, addirit-
tura i due terzi) pur non avendo la maggioranza assoluta dei voti!
Ecco un altro esempio. Si abbia una circoscrizione con 20 seggi nella
quale siano presenti tre liste; se il totale dei voti validi e` 600.000,
dei quali 309.000 siano andati alla lista A (51.5%), 189.000 alla lista B
(31.5%), 102.000 alla lista C (17%), si hanno i seguenti quozienti eletto-
rali (moltiplicando per 20 le precedenti percentuali): 10,3 per la lista A;
6,3 per la lista B; 3,4 per la lista C. Assegnati 10 seggi alla lista A, 6
alla lista B e 3 alla lista C, il seggio residuo va ancora alla lista C,
che ha il resto piu` elevato. In definitiva, la lista C, che ha meno di un
terzo dei voti della lista A, ha 4 seggi, cioe` piu` di un terzo dei 10
seggi della lista A ; quest'ultima, poi, pur avendo ottenuto la maggioranza
assoluta dei voti validi, non ha la maggioranza assoluta dei seggi, ma solo
la meta`.
Gli esempi potrebbero continuare: ma e` forse piu` interessante riflet-
tere sul fatto che non esiste un sistema elettorale "perfetto". Qui, ovvia-
mente, occorre precisare a che cosa si voglia alludere quando si usa questo
aggettivo cosi` impegnativo. Proviamo allora a richiedere ad una legge
elettorale dei requisiti minimali di "democraticita`", sui quali forse
tutti o quasi potrebbero essere d'accordo, limitandoci ai seguenti tre:
(1) Monotonia: Se il numero dei voti validi per la lista A e` maggiore o
uguale del numero dei voti validi per la lista B, anche il numero dei seggi
che spettano alla lista A e` maggiore o uguale al numero dei seggi che
spettano alla lista B;
(2) Maggioranza: Ad una lista A spetta la maggioranza assoluta dei seggi
se e solo se la lista A ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi;
(3) Additivita`: Se alla lista A spettano X seggi ed alla lista B
spettano Y seggi, e se le due liste si fondono in un'unica lista A+B alla
quale vanno esattamente i voti delle due liste, allora alla lista A+B
devono spettare almeno X+Y seggi.
Ebbene, nonostante la loro apparente ragionevolezza, questi tre requi-
siti sono tra loro incompatibili, nel senso che non esiste un sistema elet-
torale che li soddisfi tutti. Consideriamo infatti il seguente esempio, con
quattro liste che hanno ottenuto complessivamente 85.000 voti validi, cosi`
ripartiti: 10.000 alla lista A, 15.000 alla lista B, 20.000 alla lista C,
40.000 alla lista D. Se i seggi disponibili sono 3, le ripartizioni dei
seggi che rispettano il requisito (1) sono le tre seguenti: una e` quella
che assegna i 3 seggi tutti alla lista D (ma deve essere scartata, perche`
non rispetta il requisito (2), non avendo la lista D conseguito la
maggioranza assoluta dei voti), un'altra e` quella che assegna 2 seggi alla
lista D ed 1 seggio alla lista C (ma deve essere scartata per lo stesso
motivo), ed infine c'e` la ripartizione che assegna un seggio ciascuno alle
liste D, C, B (ma anche questa deve essere scartata, perche`, in base al
requisito (3), aggregando le due liste B e C la lista B+C dovrebbe ottenere
almeno 2 seggi, cioe` la maggioranza assoluta dei seggi: ma la lista B+C
dispone solo di 35.000 voti su 85.000, e quindi il requisito (2) non
verrebbe rispettato!).
Nessun sistema elettorale puo` quindi essere ragionevolmente difeso ad
oltranza in base a suoi presunti pregi "intrinseci". Altri dovrebbero
essere allora i criteri su cui basarsi per operare una scelta: vediamo a
tale proposito qual'e` il pensiero di Karl Popper.
3. Il sistema uninominale "anglosassone"
Karl Popper afferma drasticamente che "ci sono di fatto soltanto due
forme di Stato: quella in cui e` possibile sbarazzarsi di un regime senza
spargimenti di sangue, attraverso una votazione, e quella in cui non e`
possibile". Ora, se si conviene di chiamare "democrazia" la prima forma e
"dittatura" la seconda, le argomentazioni di Popper sembrano rivolte a far
ritenere che uno Stato in cui le elezioni si basino sul sistema proporzio-
nale non abbia tutti i titoli per essere considerato una vera democrazia.
Infatti, dopo aver osservato cha la proporzionale tende a far aumentare il
numero dei partiti (o, meglio, delle liste) e quindi a rendere piu`
difficile la formazione di un governo, Popper afferma che "la propor-
zionale, e quindi la pluralita` dei partiti, influisce in modo se possibile
ancora piu` negativo quando si tratta di far cadere un governo attraverso
una decisione popolare, per esempio attraverso nuove elezioni del Parla-
mento. In primo luogo, perche` si sa che ci sono molti partiti e percio` e`
difficile aspettarsi che uno di essi ottenga la maggioranza assoluta.
Percio` (...) nessuno di essi e` stato licenziato, nessuno e` stato condan-
nato. In secondo luogo non ci si aspetta che il giorno delle elezioni sia
il giorno del giudizio popolare su un governo (...) di coalizione, in cui
nessuno dei partiti impegnati era totalmente responsabile (...). In terzo
luogo: anche quando la maggioranza degli elettori vuole far cadere il
governo di maggioranza al potere, non e` detto che ci riesca. Perche` anche
quando un partito, che fino a quel momento aveva la maggioranza assoluta
(cosi` che poteva essere considerato responsabile), perde questa maggio-
ranza, verosimilmente col sistema proporzionale restera` sempre il piu`
grosso. Potra` percio` formare una coalizione di governo con l'appoggio di
uno dei partiti minori. Cosi` il leader del grosso partito, pur avendo
perso le elezioni, continuera` a governare, contro la decisione della
maggioranza e sulla base della decisione di un piccolo partito che puo`
essere lontanissimo dal rappresentare 'la volonta` del popolo' (...). Fatti
del genere accadono spesso. E la` dove c'e` un gran numero di partiti e
dove percio` le coalizioni sono la regola, sono diventati addirittura
ovvii".
E vediamo adesso che cosa dice Popper del sistema uninominale: "Nelle
democrazie dell'Europa occidentale e` diffuso un tipo di voto sostanzial-
mente diverso da quello in atto, per esempio, in Gran Bretagna e negli
Stati Uniti, basato invece sull'idea della rappresentanza locale. In Gran
Bretagna ogni collegio elettorale manda in Parlamento un solo rappresen-
tante: colui che ha ricevuto il maggior numero di voti. A quale partito
appartenga o se appartenga ad un partito, e` questione ufficialmente
ignorata. Il suo dovere e` quello di rappresentare secondo scienza e
coscienza gli interessi di coloro che abitano nel suo collegio elettorale,
che appartengano o non appartengano a un partito. Naturalmente i partiti
esistono e hanno un ruolo importante nella formazione del governo. Ma
quando il rappresentante di un collegio elettorale ritiene che sia nell'in-
teresse del suo collegio (o magari anche di tutto il popolo) votare contro
il partito a cui appartiene, o addirittura rompere con esso, lo deve fare".
A tale proposito, una delle obiezioni al sistema uninominale e` quella
che paventa il pericolo di "lobbies" che sponsorizzino direttamente i
candidati: ma, a prescindere dal fatto che le infiltrazioni lobbistiche
possono aversi in qualunque Parlamento, il problema non e` tanto quello
dell'esistenza delle lobbies, ma semmai quello della trasparenza delle loro
attivita`. Questa puo` essere ottenuta con opportune leggi ad hoc, una
volta riconosciuta legittimita` anche alla rappresentanza degli interessi.
ABSTRACT
Romano Scozzafava
ELECTORAL SYSTEMS : MYTHS AND PARADOXES OF PROPORTIONALITY
The main thesis of the paper is that a "perfect" electoral system does
not exist. In particular, three minimal "reasonable" requirements for an
electoral system are incompatible. It is also shown, by means of a few
examples, that the proportional system lacks the putative feature of being
"democratic" and actually giving a real proportional representation. In the
final part of the paper we report some ideas of Karl Popper in favor of a
uninominal electoral system.