Quella che segue è un'ampia sintesi dell'intervista realizzata da Radio Radicale (a cura di Francesco Bei) con Mohamed Aden Sheik, uno dei massimi dirigenti somali della cosiddetta "rivoluzione senza sangue" di Siad Barre. Successivamente quest'uono è diventato un perseguitato politico ed ha passato sei anni in carcere di massima sicurezza e nell'isolamento più totale. E' uscito solo nel 1989.Il testo scritto è quanto più possibile fedele a quello parlato. Dove sono stati omessi dei passi, ciò è segnalato da puntini sospensivi fra parentesi quadre. L'intervista è stata realizzata e messa in onda da Radio radicale nei giorni del congresso italiano del partito , evento cui Sheik ha preso parte nella sua qualità di iscritto.
RADIO RADICALE _ Hai denunciato la mancanza di informazione e
di mobilitazione dell'opinione pubblica sulla guerra civile
in Somalia che ha già provocato 40.000 morti. Perchè la
Somalia non fa più notizia?.
ADEN SHEIK _ "Mi correggo: la cifra di quarantamila morti vale
solo per l'area di Mogadiscio e per il Sud. Nel Nord credo
che ce ne siano almeno trentamila e ciò prima ancora della caduta
di Siad Barre. La Somalia non fa notizia per uan varietà di ragioni: la caduta di Siad Barre e la successiva riconquista [Cos
nell'intervista NDR] da parte di fazioni tribal-militari è
stata coperta dalla guerra del Golfo, dalla caduta dei regimi
dell'Est, in Italia anche dai problemi dell'arrivo degli
albanesi e dalla crisi jugoslava. E dai problemi della
politica interna italiana".
"A questo bisogna aggiungere la volontà deliberata di
alcune forze politiche italiane di rimuovere la questione
somala. Perchè ogni volta che la si cita, viene fuori il
fallimento della cooperazione e il fallimento del FAI, certe personalità vengono attaccate.
Allora il problema somalo entra nel gioco della politica
italiana e viene rimosso perchè è una cosa che imbarazza. Si
assiste al fatto che, cinicamente, è meglio [tacere] la morte
di migliaia persone piuttosto che trovarsi di fronte a fatti imbarazzanti quali quelli che ho citato
RADIO RADICALE _ Pochi giorni fa si è conclusa una iniziativa
di pace dell'Onu. A Mogadiscio, ancora divisa in due, si
continua a morire. Esistono dei margini di mediazione fra le
due fazioni in lotta, quella del presidente Al Mahdi e quella
del generale Mohammed Farah Aidid che fanno entrambe
riferimento al Congresso Unito Somalo?
ADEN SHEIK _ Innanzitutto Mogadiscio non è tutta la Somalia.
Poi, in ogni guerra civile - in questo caso incivile, perchè
quelli che muoiono sono la povera gente, gli indifesi, coloro
che non hanno potere contrattuale, i deboli di tutti i clan,
i deboli vengono massacrati in guerre come queste - bene, si
tratta di vedere quando le fazioni si stancheranno di combattere. E mi pare che stiamo giungendo a questa fase. Io non
penso che l'inviato dell'Onu abbia potuto capire molto sulla uestione somala e non credo che sia partito nemmeno disperato, penso che tornerà. Già nel gennaio scorso ho auspicato un intervento dell'Onu, sotto forma di caschi blu, di un contingente
limitato, come forza di separazione, per dare ai somali un
momento di tregua, di ripensamento e di riconciliazione.
Questo [questa proposta]) non è stata recepito da molti
somali che si credono nella posizione di imporre certe
egemonie, ma io penso che oggi si accorgono di essersi
sbagliati.
RADIO R. _ Perchè l'OUA - Organizzazione dell'Unità Africana- che ha mediato la crisi in Liberia, perchè non riesce a intervenire
in Somalia?
ADEN SHEIK _ No, io penso che l'Oua non abbia mai risolto
nessun problema africano. L'Oua era la sede di riunione dei
capi di stato africani, un po' ritualizzata, un po' senza
nessun programma. L'intervento in Liberia è stato fatto dai
paesi dell'Africa occidentale, un gruppo di paesi che hanno
deciso di intervenire nella crisi liberiana e hanno mandato
una forza di interposizione. L'Oua non ha nessuna
forza propria, come non ce l'hanno i paesi dell'Africa
orientale, perchè i paesi del Corno (col Sudan) non hanno la capacità militare o anche la sufficiente capacità di concorrere nella crisi somala. Anche perchè si trovano a loro volta in una crisi molto difficile l'Eritrea, l'Etiopia, il Sudan. E tuttavia questi paesi hanno dichiarato di volersi adoperare per la questione somala, come lo faranno.
RADIO R. I precedenti non consentirebbero un intervento
diretto dell'Etiopia in questa crisi, non sarebbe accettato
da nessuan delle parti [...]
ADEN SHEIK Certamente. Ma l'Etiopia di oggi non è quella di ieri. Oggi l'Etiopia è governata da uomini che hanno combattuto sia l'imperialismo di Hailè Selassiè che la dittatura sanguinaria
di Mengistu e quindi si trovano nella necessità di accettare
l'autonomia e l'autodeterminazione di tutte le regioni.Sono dirigenti che stanno meditando su una configurazione più generale del Corno d'Africa.
RADIO R. Tu facevi un'analogia fra la Somalia e la Croazia.
Marco Pannella ha prospettato la formazione di brigate non
violente anche per la Somalia, per far cessare il conflitto.
La ritieni un'alternativa praticabile? [...]
ADEN SHEIK
Io credo che un intervento sia comunque necessario. Ma
l'intervento come lo hanno fatto Pannella e gli altri compagni
[in Croazia], mi sembra abbastanza difficile e insicuro in questo momento. Preferirei, suggerirei una commissione di amici e compagni che vada nei paesi vicini alla Somalia - per esempio Kenia e
Gibuti - per raccogliere i primi dati di un discorso di
comprensione fra i somali. E per verificare quello che è in
corso in Somalia in questo momento. Finora il governo italiano in quanto titolare della politica estera ha avuto l'unico elemento
che ha costituito da ponte fra la Somalia e l'Italia è stato l'ambasciatore Sica, nei cui confronti ci furono molte critiche, anche se io dico che ha avuto grandissimo coraggio, ha corsooltissimi rischi, ma non sono sicuro che i risultati siano stati brillanti.
RADIO R.
Nel tuo intervento al Congresso hai ricordato l'iniziativa del partito radicale in favore della tua scarcerazione, vuoi ricordare questi rapporti?
ADEN S. Quando uno è isolato per anni e nella sua solitudine pensa che gli altri, fuori, parlano, ascoltano musica, mangiano, vivono una vita normale e non hanno assolutamente idea di quello che succede là dentro, al di là di quei muri, uno rimane disperato. Quello che ha sorretto me e molti altri amici era proprio il fatto che all'esterno c'erano degli amici che pensavano a noi.
[....]
RADIO RADICALE
Perchè ti sei iscritto al partito tadicale?
ADEN S.
"Perchè il partito radicale è un partito che ha superato i partiti. La sua visione gandiana, quasi messianica, già prima ancora di iscrivermi, Mi ha inglobato, perchè la tematica che propone è universale, e infatti si chiama transnazionale. E' forse anche l'inizio di una comprensione più generale al di là delle camicie di forza delle frontiere. E' importante perchè non ti lega le mani, perchè transpartitico, per cui il fatto che uno si iscriva al partito radicale non gli impedisce di parlare o di dialogare con altre formazioni e forze politiche. Importante è anche questa universalità in nuce, che impone a tutti gli uomini un certo ripensamento all'uomo e alla sua solidarietà, all'uomo nudo nella sua esistenzialità [..]
[...]
RADIO RADICALE
In Somalia nel 1969 si è assistito al crollo del modello politicostatuale che fu imposto dall'Italia, ora invece assistiamo alla fine irreversibile della società clanica. [...] Quale modello per far risorgere la Somalia?
ADEN SHEIK "Più che imposto, l'Italia ci ha dato quello che in quel momento aveva, conosceva quel tipo di democrazia e quello ci ha dato. In effetti non è che ci fossero molte alternative. Dopo il 69 con Siad Barre noi abbiamo cercato altre vie, vie socialiste anche peculiari, non ortodosse, non quelle seguite da Mosca, ma spontanee e legate un po' alla radice della nostra società e della nostra cultura"
"Non siamo riusciti perchè, secondo me, Siad Barre perseguiva altri scopi ed è mancato all'appuntamento. Credo che il nostro tentativo avrebbe potuto avere un impianto più serio col coinvolgimento della popolazione nel processo di evoluzione della società somala, se avessimo evitato la crescita di una borghesia compradora: la chiamo cos perchè si trattava vi un gruppo di imprenditori legati soltanto a un mercato esterno, quindi occupati solo ad esportare e non a investire, esportavano i beni primari del paese contro i beni di consumo, un pochino fallaci, che venivano dall'occidente.
Ci sono alcuni socioantropologi che suggeriscono di seguire i modelli tribali, clanistici, omologandoli a partiti politici.econdo me non serve, perchè non esiste un popolo che non sia passato attraverso il tribalismo, il clanismo e non l'abbia superato. E i somali devono avere la capacità di superare questa fase clanica e avviarsi verso una società con delle piattaforme politiche precise.
Si possono anche lasciare evolvere dei partiti clanici, ma perchè hanno una politica e una rappresentatività, non perchè c'è il capo clan, che domina migliaia di persone che non hanno alcuna conoscenza di quello che succede nel mondo, come avvenne nel 69. E poi il clanismo non ha confini, si scende dal clan al sub clan sempre più giù, fino a quando due cugini si uccidono per un seggio al parlamento. Non ha senso questo. Io auspico un superamento cosciente di questa situazione e una riaggregazione della società somala, che arrivi a coinvolgere e a coinvolgere se stesso in un processo di riaggregazione regionale del Corno d'Africa, con l'Etiopia (il nemico di sempre, ma bisogna superare questa inimicizia). Noi, gli eritrei, gli etiopici, i gibutiani, non siamo nemici, abbiamo interessi comuni. Spero che si abbia la capacità di superare le nostre piccole pretenziose egemonie personali o nazionalismi che non hanno senso. Bisogna arrivare ad un'aggregazione regionale, che abbia un minimo di capacità produttiva
, un minimo di divisione del lavoro e un minimo di potere contrattuale col mondo esterno.
RADIO RADICALE
Ringraziamo Mohamed Aden Sheik. Per chi volesse saperne di più su queste questioni consigliamo la lettura del suo libro, "Arrivederci a Mogadiscio", delle Edizioni Associate, conversazione con Pietro Petrucci.