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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Marino - 3 febbraio 1992
L'ex URSS va
inesorabilmente.

Ma allo sfascio nulla si contrappone che sia oggi in grado di evitare miserie, scontri o guerre nazionali. Fra l'ottimismo

fatalista del mondo occidentale e il caos interno si avanza

lo spettro inarrestabile della fame e della guerra.

Penso di fare cosa gradita a molti inserendo in conferenza l'analisi politica sulla situazione in ex URSS dell'inviato

della Stampa a Mosca.

Articolo pubblicato sul settimanale "Moskovskie Novosti"

di Giulietto Chiesa

C'e, in Occidente, un certo numero di persone, in genere ex sovietologi sempre piu' disoccupati, che ha fondato

. La tesi prevalente che costoro

propagandano e' che, alla fin dei conti, nell'ex Unione Sovietica

tutto si sistemera' per il meglio, senza troppi drammi. La strada verso il capitalismo - pensano costoro - e' sgombra. Il comunismo e' morto e non risorgera' piu'. Perche' preoccuparsi?

Non so quanto questa corrente di opinione sia utile al futuro dei popoli dell'ex URSS> Personalmente dubito molto che lo sia. Noto invece che il .

Non c'e' dubbio, infatti, che la crisi, prima o poi, verra' superata. Ma non credo che si possa prescindere dai tempi e, sopratutto, dai modi della soluzione.

Gli - quegli stessi che fecero credere, dopo Minsk-1,

che la Bulgaria e le repubbliche baltiche stavano per aderire entusiasticamente alla Comunita' - continuano a pensare che il abbia un roseo futuro. A costoro si puo' soltanto augurare tutto il bene possibile con l'aggiunta di un paio d'occhiali, affinche' possano guardarsi attorno e vedere

quello che sta succedendo.

I , invece, considerano freddamente la CSI come nient'altro che un dell'eredita' sovietica. al termine del processo di divisione dei beni anche la Comunita' cessera' di esistere. Cio' che restera' - essi dicono - sara semplicemente un insieme di stati sovrani, pronti a vivere in pace tra loro e in feconda cooperazione, economica, politica, militare. La prima parte di questo ragionamento appare sensata. salvo su un punto: che almeno una parte dei presidenti che < liquidarono> l'Urss a Minsk-1 e Alma Ata non la pensava affatto cosi' e , anzi, diede l'impressione di credere che la Comunita'

avesse un futuro. La seconda parte di questo ragionamento e' altamente improbabile. I suoi autori sono, in genere, critici feroci del sistema statale realizzato dal comunismo reale, con la sua struttura gerarchica di repubbliche dell'Unione, repubbliche autonome, regioni autonome etc, e con l'arbitrarieta' delle formazioni delle formazioni statali che quel sistema creo', sulla base del e di criteri che costrinsero popoli e nazioni a convivere sotto le stesse strutture e su territori spesso ritagliati con criteri di forza e di totale arbitrio. Ma costoro sembrano avere dimenticato le loro critiche. come si puo' pensare, infatti, che quella struttura istituzionale, colma di contraddizioni irrisolte, sia oggi in condizione di sopravvivere

e addirittura prosperare? L'eliminazione del centro burocratico

comunista non ha eliminato le contraddizioni esistenti; e' una condizione necessaria ma niente affatto sufficiente. Al contrario,

la fine della costrizione autoritaria non puo' che produrre (e sta producendo) l'esplosione delle tendenze separatiste e autarchiche.

La piu' clamorosa - anche per le sue dimensioni fisiche - di queste illusioni e' rappresentata dalla cosiddetta Federazione Russa, che la vecchia RSFSR, che non e' meno arbitraria di quella e che solo facendo ricorso all'autoinganno puo' essere chiamata - come spesso si sente fare - semplicemente Russia. E'

un lungo discorso che qui non e' possibile sviluppare. ma una considerazione s'impone: la Russia non e' la Federazione Russa. la fine dell'URSS ha gia' comportato la divisione della Russia. Difendere l'entita' statale Federazione Russa quale essa e',

, e' impossibile. Prima si prende atto di cio', meglio e' per tutti.

In altri termini, solo un miracolo (per chi ci crede) puo' consentire alla Federazione Russa di rimanere nei suoi confini attuali. Esattamente come solo un miracolo puo' comporre pacificamente le contraddizioni che la Cominita' rappresenta.

Almeno fino a che i leaders, cui la storia ha assegnato il compito

immane di attraversare questo guado, non troveranno la forza di

dire a se stessi e ai popoli tutta la verita' sulla situazione.

Che l'Occidente sia pieno di puo' essere comprensibile. essi ritengono (e si sbagliano) che sia nel loro interesse. Essi (con una buona dose di cinismo) preferiscono pensare che la cosa piu' importante e utile (per loro) sia quella di liquidare definitivamente ogni rischio futuro di una minaccia

(oggi russa). Poco importa quale prezzo debbano pagare gli abitanti di questo infelice paese che non c'e' piu'. non vedono, costoro, le ripercussioni mondiali di un cataclisma come quello che si annuncia non solo possibile, ma probabile. Non percepiscono il rischio che l'Europa sia investita dalle schegge dell'esplosione; che ne vengano sconvolti tutti gli equilibri mondiali; che muti il rapporto tra il mondo cristiano e quello

musulmano.

Tutto questo, per quanto penoso, e' comprensibile. In fondo e' facile fare i conti del dare e dell'avere stando a Washington o a Parigi. Meno comprensibile e' adottare gli stessi criteri stando a

Mosca o a Kiev. Un'analisi reale della situazione reale puo' venire solo dai protagonisti diretti di questa crisi. Un ritorno indietro e' impossibile e ogni velleita' in questo senso e' non meno pericolosa delle illusioni rosee sul futuro. Ma a me pare che manchi, allo stato attuale, un'iniziativa responsabile per bloccare le tendenze piu' pericolose. Le forze politiche, i parlamenti e i governi appaiono largamente al di sotto delle necessita', travolte dagli avvenimenti, incapaci di guardare aldi fuori e al di sopra dei nuovi confini che s'innalzano in fretta. Ocorre un'iniziativa coraggiosa, multilaterale di tutte le forze

responsabili; un < programma d'emergenza > che raduni tutti gli . Non per limitare le sovranita' ormai

irreversibili, non per ricostruire unita' ormai dissolte, ma per radunare le , civili, sociali, politiche. E' un compito che non spetta alla sola Russia e che, anzi, sarebbe immediatamente frainteso e respinto se fossero le forze politiche russe a proporlo. E' invece un compito comune delle forze nazionali democratiche dell'ex Unione Sovietica: a Mosca come a Kiev, a Kazan come a Tbilisi, a Dushambe' come a Riga. l'obiettivo

non deve (perche' non puo') essere la riesumazione di una qualche forma di . La stessa Comunita', per quanto labile - ormai e' evidente - si rivela una costrizione e una limitazione di sovranita' insopportabile per l'Ucraina. Ma puo' e deve essere la proclamazione di una , di una transizione concordata - che

preveda il minimo di istituti sovranazionali - verso nuovi assetti che oggi e' prematuro e perfino pericoloso delineare.

Occorre un movimento di masse popolari che prema in modo coordinato e democratico sulle leadership politiche, che si sotragga alle suggestioni demagogiche di mestatori irresponsabili e che raduni le forze della ragione attorno a un programma di concordia. In questo senso - e solo in questo - sara' possibile recuperare alcune delle strutture di previste dagli accordi di Minsk-1 e di Alma Ata. Ma solo un diverso clima politico potra' invertire le tendenze in atto. Esso non si creera' automaticamente. In questa fase stanno agendo solo le forze cieche

della contrapposizione. Dove esse conducono non e' difficile prevedere, poiche' non e' casuale che le prime dispute concernono la formazione degli eserciti nazionali. Piu' o meno consapevolmente ci si prepara alla guerra. Cio' che ocorre e' un movimento consapevole che si batta per una tregua e per il compromesso. E' una ipotesi praticabile? La risposta a questo interrogativo possono darla soltanto le forze democratiche e - ripeto - sinceramente che hanno guidato lo smantellamento del comunismo, nella Russia e fuori di essa. La loro responsabilita' e ' immensa. se esse non si riveleranno all'altezza del compito non saranno perdonate dalla storia.

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