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Conferenza Partito radicale
Giannini Leonello - 26 settembre 1994
L'ITALIA ALL'ONU: La pena di morte va abolita in tutto il mondo
(L'Informazione, 25 settembre 1994 prima pagina)

di ANTONIO MARTINO (Ministro degli Esteri)

Si è aperta in questi giorni a New York la 49a Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il sostegno alla credibilità e all'efficienza dell'Onu è un dato costante e peculiare della politica estera di tutti i governi italiani che hanno interpretato, al riguardo, lo spirito e la lettera della Costituzione. Essa impegna infatti l'ltalia a partecipare all'attività delle organizzazioni internazionali che hanno come obiettivo la protezione della pace, la collaborazione tra i popoli, la soluzione delle controversie attraverso il negoziato e il ripudio della guerra, anche rinunziando, se necessario, ad alcune porzioni della sovranità nazionale. Se i governi italiani non si sono mai discostati da questa linea, è innanzitutto perché essa è profondamente radicata negli strati profondi della cultura nazionale: e questa è una condizione generale affinché si possa svolgere una politica estera coerente nel lungo periodo e a sostegno degli interessi essenziali del Paese.

Il valore attribuito all'attività dell'Onu si è manifestato in atti concreti: nella partecipazione puntuale alle sue spese ordinarie e straordinarie, nella qualità delle risorse umane impiegate nella vita quotidiana delle Nazioni Unite, nella disponibilità ad intervenire con uomini e mezzi nelle aree di crisi, anche in situazioni di rischio elevato, nella riaffermazione della fiducia nella funzione dell'Onu anche nei momenti di crisi attraversati da questa Organizzazione. In cambio, l'Italia ha avuto numerosi riconoscimenti, il più significativo dei quali è forse la sua elezione, prevista per il prossimo mese di ottobre, per la quinta volta in meno di quarant'anni, a membro non permanente del Consiglio di Sicurezza per un biennio. Il valore di un'organizzazione non si misura tuttavia solo per quello che ha fatto, ma anche per la sua capacità di adattarsi a nuovi bisogni. Se si considera che l'Onu fu costituita con l'obiettivo principale di evitare la guerra tra gli Stati, il risultato, dopo mezzo secolo, pot

rebbe apparire deludente; i polemologi elencano non meno di cinquecento tra conflitti maggiori e minori. D'altra parte, una terza guerra di dimensioni mondiali non è scoppiata per l'azione dell'Onu ma per una gestione tutto sommato razionale, da parte dei leaders dei principali Paesi, di una capacità di distruzione in sé irrazionale ma che non poteva essere disinventata, bensì solo disinnescata gradualmente come sta avvenendo in quest'epoca che è stata definita del dopo guerra fredda.

Se invece si considera l'Onu nelle sue potenzialità, espresse nello Statuto che tutti i membri, quando vengono ammessi, si impegnano a rispettare, il giudizio è diverso. Molti conflitti sono stati interrotti per l'azione dell'Onu e messi sotto controllo, impedendone la ripresa; molte tensioni, che a livello locale degli Stati interessati sembrano vitali, sono state stemperate nell'ambito delle Nazioni Unite; molti problemi che non hanno frontiere hanno trovato nella cornice onusiana la dimensione dove essere almeno impostati ed esaminati.

Interpretando lo spirito della Carta dell'Onu è difficile non rilevare una giustificazione del diritto-dovere di ingerenza umanitaria, di una connessione tra politica interna (centrata sul rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo) e politica estera, poi resa più esplicita in altre sedi, prima tra tutte la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Questa linea evolutiva è apparsa più evidente negli ultimi anni allorché le principali crisi avvenute e quelle potenziali all'orizzonte che suggeriscono il potenziamento della cosiddetta "diplomazia preventiva" sono maturate prevalentemente all'interno degli Stati e non tra gli Stati ed hanno come motivo sostanziale i rapporti politici, economici e sociali all'interno di una struttura statale che per diverse ragioni viene meno ai suoi compiti.

L'esperienza e la riflessione consentono quindi di spingere l'analisi in profondità, di scoprire che le cause di conflitto risiedono più spesso all'interno degli Stati che non tra gli Stati. Ciò cambia la prospettiva della natura e della funzione dell'Onu: da pompiere (che spegne i focolai di guerra) e da guardiano (che impedisce agli incendi di rinascere) ad architetto del paesaggio politico mondiale. Non basta impedire ulteriori distruzioni; il dovere dell'uomo, cui lo spinge la sua propensione naturale alla libertà e alla creatività, è piuttosto quello di costruire sempre qualcosa di nuovo e di più rispondente ai bisogni che si moltiplicano e si raffinano nel tempo.

Il dibattito sulla riforma della Carta dell'Onu non può essere proficuo senza una filosofia, una visione generale condivisa. Le vicende storiche hanno ampiamente dimostrato che gli individui e i popoli sono mossi da due forze, o meglio sono attirati da due poli magnetici: la libertà e la giustizia. La pace ha un senso quando consente a queste due forze di manifestarsi, non quando è semplice assenza di guerra. L'Onu è stata a lungo identificata come strumento garante e promotore di pace: ritengo che il suo traguardo ulteriore debba essere quello di garante e promotore di libertà e di giustizia, spostando quindi la sua attenzione, le sue risorse, le sue strutture sull'uomo, che è il soggetto in cui libertà e giustizia si concretizzano. E' in questo quadro, ad esempio, che è stata concepita l'idea, da parte italiana, di promuovere una risoluzione per l'abolizione della pena di morte in tutti i Paesi del mondo poiché essa non rappresenta tanto una punizione del colpevole quanto piuttosto una sconfitta della soci

età che l'infligge.

Ma l'Onu resta pur sempre un'organizzazione dove si manifesta la volontà degli Stati, e quindi la sua struttura deve mantenere questa caratteristica, ma adeguandosi ad un paesaggio politico mondiale che è profondamente cambiato in cinquant'anni. Questa 49a Assemblea Generale avrà modo di affrontare il tema della riforma del Consiglio di Sicurezza. L'ltalia ha fornito un contributo di analisi e di proposte che appare, finora, come tra i più fattibili per concretezza e facilità di realizzazione. La nostra diplomazia lo illustrerà mentre su un piano più generale spetterà ai responsabili politici farlo conoscere ed apprezzare presso l'opinione pubblica.

Sarà importante, poiché le cause del conflitto sono più spesso all'interno degli Stati e delle società, che la riforma dell'Onu non si esaurisca in qualche ritocco, e soprattutto che non privilegi gli aspetti politico strategici, dominanti nell'epoca della guerra fredda, ma modifichi e raffini i propri strumenti anche rivoluzionando quelle strutture esistenti in cui il lavoro consuetudinario ha fatto passare in secondo piano obiettivi ed efficienza, facendoli atti a rimuovere, all'interno degli Stati, le cause profonde dei disagi e quindi dei conflitti.

Nella rimozione di queste cause si concretizza l'opera di promozione dello sviluppo e della cooperazione tra i popoli e gli Stati. Togliere gli ostacoli alla creatività dell'uomo è infatti il primo obiettivo di una visione liberale della politica. Un mondo con meno ostacoli, e quindi più liberale, sarà anche un mondo più pacifico. Questa filosofia, già presente nella Carta di San Francisco, deve essere resa sempre più esplicita. Uscita dai condizionamenti della guerra fredda, I'Italia è più direttamente che nel passato interessata alla completa realizzazione delle potenzialità dell'Onu, e utilizzerà intanto questo nuovo mandato biennale di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza per dimostrare con i fatti quanto essa sia convinta sostenitrice del suo ruolo e della sua azione.

 
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