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Partito Radicale Danilo - 3 ottobre 1994
"America oggi" - quotidiano italiano - sabato 1 ottobre 1994

New York. Intervista alla segretaria del Partito Radicale

IL "TRANSNAZIONALE" SBARCA IN USA

di Stefano Vaccara

"Mayday, Mayday, America!". Cosi' mercoledi' scorso, nel paginone centrale del New York Times, si e' rivolto agli americani il "Radical Party, the transnational transparty". Con l'appello un collage di articoli che spiegano i progetti su cui e' impegnato il partito. America oggi ha incontrato il segretario del "Radical Party", Emma Bonino, eletta al Parlamento italiano nelle liste di Forza Italia e che e' a New York come rappresentante del governo italiano per il progetto di costituzione di un tribunale permanente dell'ONU per il rispettod ei diritti umani.

Onorevole Bonino, che vuol dire "Transnational Transparty"?

Il Partito Radicale e' di fatto un partito transnazionale e transpartito, che come simbolo ha il volto di Gandhi e che ha una rete di iscritti, non solo indipendentemente dal sesso, religione o ideologia, ma anche dalla nazionalita'. E' un partito non ideologico e solo il Congresso, in cui tutti possono partecipare, decide gli obiettivi e le campagne del partito. Queste corrispondono ad una visione liberaldemocratica dei problemi del mondo. Il Partito Radicale, da non confondere con l'organizzazione politica italiana che si chiama Lista Pannella, non partecipa alle elezioni in nessun paese al mondo.

Quali sono le vostre ultime campagne?

Siamo impegnati nell'istituzione di un tribunale internazionale permanente per i crimini contro l'umanita', siamo per l'abolizione della pena di morte e siamo fortemente a favore della legalizzazione della droga, che e' un problema sociale, o sanitario, ma certamente non criminale come invece e' diventato a causa del proibizionismo. Anche noi siamo contro la droga, ma ci sembra che il modo piu' efficace per agire contro il narcotraffico sia quello della legalizzazione. Invece, dopo trent'anni di scelta di politica internazionale proibizionista i drogati aumentano, il narcotraffico pure, cosi' come i costi per la societa'.

Perche' ora vi rivolgete agli americani?

Ci sembra naturale perche' molti di questi temi, come la nonviolenza e la difesa dei diritti dell'individuo, appartengono anche alla tradizione americana. Stiamo facendo una serie di campagne che come sbocco hanno le Nazioni Unite o una decisione delle Nazioni Unite e in qualche modo volevamo interessare l'opinione pubblica americana a dei temi che alla fine hanno uno sbocco decisionale in un organismo che li riguarda.

Ma cosa chiedete agli americani attraverso quel "Mayday"?

Di partecipare a questa campagna per l'istituzione del tribunale permanente. Io ho avuto l'incarico dal Governo Berlusconi di rappresentare l'Italia ad un comitato costituito ad hoc dall'ONU. Siamo ad un punto di svolta, o l'Assemblea Generale lo vota quest'anno e convoca per il '95 una conferenza istitutiva del tribunale o rischiamo di perdere il treno per almeno altri dieci anni. Per l'istituzione di un tribunale permanente stiamo facendo anche un appello che coinvolga vari parlamentari, governi e premi Nobel e se avremo i soldi lo pubblicheremo sul New York Times. Dobbiamo riuscire a coinvolgere tutti per superare le resistenze di Paesi come la Cina, Cuba e l'Indonesia che di questo tribunale per il giudizio e la sanzione dei violatori dei diritti umani non ne vogliono sentir parlare.

Secondo voi, quale dovrebbe essere la funzione principale dell'ONU?

Cosi' com'e', l'organizzazione e' inadeguata alle responsabilita' dei nostri tempi. Bisogna rafforzarla e democratizzarla. Per quarant'anni le Nazioni Unite non sono praticamente state utilizzate. Ora ci si ritrova ad avere grandi aspettative nei confronti dell'ONU che pero' continua ad avere lo stesso statuto, lo stesso finanziamento, le stesse non competenze di quarat'anni fa. Se guardiamo alle operazioni di peacekeeping, ce ne sono state 8 in 40 anni, mentre ben 12 sono operanti quest'anno.

L'ex diplomatico dell'ONu, Giandomenico Picco, sostiene sulla rivista "Foreign Affairs" che l'ONU funzionava meglio prima...

Su certe questioni sollevate da Picco sono d'accordo, ma c'e' anche da dire che se prima l'ONU funzionava meglio e' anche perche' c'erano pochissime richieste d'intervento prima dell''89.

Il Ministro degli Esteri Martino nel suo intervento all'ONU ha parlato della pena di morte, un tema centrale della vostra campagna. Credete che le Nazioni Unite possano ottenere un potere d'intervento non solo nel rapporto tra Stati, ma anche negli affari interni dei singoli membri?

Certo. Quando nel 1980 facemmo la campagna contro lo sterminio per fame, abbiamo sostenuto il diritto-dovere d'ingerenza, che poi e' diventato piu' attuale anni dopo, al momento della questione somala. Nell'evoluzione delle Nazioni Unite dovra' essere applicato il potere ispettivo di sanzione in caso di violazione delle convenzioni che tutti gli Stati hanno firmato al momento di entrare a far parte dell'ONU. Nel contratto sociale all'interno di un Paese c'e' la legge contro l'omicidio. Per chi la viola ci sono i tribunali, le forze di polizia, le carceri. Nel diritto internazionale, sia quello consuetudinario che quello stabilito dalle convenzioni, non e' previsto nessun meccanismo di monitoraggio ne' tantomeno sanzionatorio. Ma se un Paese firma una convenzione sui diritti umani, sui crimini di guerra e sull'abolizione della pena di morte, deve subire delle conseguenze in caso di violazione.

La maggior parte degli Stati membri dell'ONU applicano la pena di morte. Questo non vi scoraggia?

L'ONu e' anche un luogo di grande dibattito politico democratico e culturale, non credo sia condannata ad un perenne status quo. Quindi credo che come si puo' discutere all'ONU se intervenire in Kuwait o no, lo si possa fare anche sulla pena di morte. Non vedo perche' l'Europa, che e' un'antesignana dell'abolizione della pena capitale, non possa introdurre l'argomento come motivo di dibattito. Noi ci rendiamo conto delle difficolta', ma quello che ci interessa e' specialmente il dibattito tra le democrazie. E' molto grave che ci sia la pena di morte in Iraq, ma quello che ci sembra sconvolgente e' che ci sia negli Stati Uniti.

 
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