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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Paolo - 4 novembre 1994
Don Germano
è morto alcuni giorni fa, ad Ancona, dove si era ritirato per i suoi acciacchi.

Era il Presidente di Non Uccidere-Thou Shalt Not Kill, il coordinamento che aveva messo insieme una quantità di organizzazioni gigantesca, tra partiti e associazioni di ogni genere, sindacati ecc., sul caso di Paula Cooper, che è divenuto un simbolo della follia della pena di morte.

Su quel caso, per la vita di Paula e per l'abolizione nel mondo della pena di morte, tra il 1986 e il 1989 il Coordinamento di Don Germano raccolse 3 milioni di firme in tutta Europa, due milioni delle quali in Italia.

Ce lo ricordiamo a New York, mentre tutti noi che avevamo portato le casse di firme a Perez de Quellar, camminavamo sulla 8th Avenue, con un cappelletto regalatoci da Amnesty Usa. Ce lo ricordiamo vestito da prete col cappelletto da baseball. Ce lo ricordiamo nella conferenza stampa che tenemmo nella sala stampa del Palazzo di vetro, davanti a tutti, alla Tass, alla AFP, al NYTimes, a mezzo mondo di tv e giornali, e abbiamo ancora qualche foto sua sotto il simbolone dell'ONU, e durante la cerimonia di consegna delle firme.

Ce lo ricordiamo mentre guidava la grande fiaccolata a Roma, con Joan Baez che cantò per noi dal palchetto. Nessuno sa come Maria Teresa Nediani riuscì a convincerla a venire alla nostra fiaccolata.

E Germano non lo si vedeva quasi, dietro gli striscioni.

E Paula la salvammo, in appello la pena di morte fu commutata in pena detentiva - lunghissima.

Anna Guaita ci diede una mano grandissima, e Bill Touchette, l'avvocato di ufficio, si trasformò in un militante, catapultato da Gary,Indiana, a Roma, intervistato a Roma, e non a Gary, anche dalla CNN. A Roma, naturalmente, in Piazza S.Pietro lo borseggiarono, e Bill ci rideva, un po' ammirato dalla abilità dei giovanissimi zingari autori del misfatto.

E ci rideva soprattutto Don Germano, che di avanzi di galera si intendeva assai, da sempre.

Ci rideva Mario Monge, e gli altri di Carcere e Comunità, tutti con noi catapultati a New York, nel palazzone di vetro.

Mai si parlò tanto di pena di morte, cioè di diritto, se non con Germano. Che diceva che la pena di morte è affare di democrazia, perché uno stato democratico non può uccidere, a meno di pagare duramente e caramente questa contraddizione; e di farla pagare a tutti quelli che subivano e subiscono l'assenza di democrazia politica nel mondo.

Don Germano era un piccoletto tosto.

Ce lo ricordiamo in quella folle stanza per gli ospiti che aveva il penitenziario di Indianapolis, il suo braccio della morte.

Che bella ragazza, Paula, diceva Germano. E si stette ore là dentro a parlare con lei, e poi venne la Rai, Lucio Manisco, a intervistarla a lungo.

Don Germano aveva girato mezzo mondo, soprattutto per studiare. Se ne usciva ogni tanto con storie nuove, raccontando di sé, di ricerche, di pezzi di vita, di assemblee caldissime e rivoluzionarie cui aveva partecipato in clergyman, con soavità.

Abbiamo fatto decine, centinaia di riunioni, con lui. E le gestiva in maniera diversissima da come avremmo potuto gestirle noi. Eppure funzionava.

Poi aprì un centro sulla Flaminia, vicino Roma. Per detenuti, ex detenuti, avanzi di galera come noi. E andammo a farci le foto con Germano.

Era di una dolcezza senza limiti, anche quando si stancava.

E mai una parola fuori posto: soprattutto quando qualcosa o qualcuno non gli andava bene. Niente fuori posto perché lo diceva.

Non era un modello, non un prototipo. Non era una categoria. Non era un prete tradizionale, non era non convenzionale, non era ribelle, non era un pezzo di una categoria.

E aveva scritto un mondo di cose. Tutto quel che aveva fatto e detto e scritto non lo diceva mai. Bisognava usare le tenaglie. Eppoi uscivano fuori i racconti, le cose, le persone che aveva incontrato.

Era diventato un animale politico, anche, sulla pena di morte.

Ma non c'è una sintesi possibile per Germano. Si è fatto una lunga passeggiata, lasciando orme grosse e profonde, come un dinosauro.

Noi ci siamo poi un po' sparsi in giro.

Don Germano non aveva mai dato, a memoria nostra, una definizione di qualcuno. Mai una sintesi apodittica, e mai disinteresse, mai trascuratezze e intolleranze.

Il più bel Monsignore del secolo

Ivan Novelli, Paolo Pietrosanti

 
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