Nel seguente articolo apparso oggi sull'International Herald Tribune come nell'articolo del sempre puntuale Alain Finkielkraut vengono ricordati alcuni fatti, ovviamente tacciuti da chi da molto tempo ha scelto la via della realpolitik che ci presenta la Grande Serbia come l'unica soluzione "realista", appunto, alla guerra in corso o da chi da meno tempo si è rassegnato alla impotenza della comunità internazionale in generale, dell'Europa in particolare.

Ci ricordano tra le altre cose che vivono tutt'oggi nella Federazione di Bosnia-Erzegovina controllata dai "musulmani" oltre 200.000 serbi. Mentre nella Bosnia di Karadgic, del difensore dell'intera "serbitù", vivono circa 600.000 serbi sui 1.300.000 serbi che vivevano in Bosnia prima della guerra. Ci ricordano che, a Tuzla, nella Bosnia "musulmana", dei serbi hanno addirittura formato una brigata integrata nell'armata Bosniaca.

Ci ricordano che "al referendum sull'indipendenza della Bosnia-Erzegovina molti serbi non hanno votato perché gli uomini di Karadgic hanno semplicemente impedito che le urne giungessero in queste zone."

Ci ricordano che "l'unica base legale per il mantenimento dell'embargo contro la Bosnia è un rapporto sottoposto al Consiglio di sicurezza dal Segretario Generale delle Nazioni Unite il 4 gennaio 1992, un rapporto che diceva che il parere di Cyrus Vance era che questo sarebbe stato la cosa migliore da fare".

Ci ricordano che mentre "in alcuni casi come quelli delle zone di Zepa e Srebrenica le forze bosniache locali si sono viste confiscare le loro armi dalle Nazioni Unite", nelle zone protette dalle Nazioni Unite in Croazia grossissime forze militari sono state messe in piedi dai Serbi, sotto gli occhi delle Nazioni Unite, prima di essere schierate nell'attacco contro l'enclave di Bihac ...