L'intervista che segue a Emma Bonino - resa nei primi giorni del novembre scorso - uscira' con foto nel numero dicembre/gennaio del mensile "New York Italia".
EMMA BONINO
di Cristina Lazzati
Il volto dolce dai lineamenti delicati e lo sguardo sognante che spesso hanno i miopi possono trarre in inganno, ma Emma Bonino ha sulle spalle battaglie che farebbero invidia ad un marine: battaglie per i diritti civili, contro la pena di morte, per la legalizzazione delle droghe, battaglie condotte a colpi di referendum e con uno stile sensazionalistico che spesso ha creato sconcerto e qualche volta riprovazione, ma che ha assicurato tanta pubblicita'alla causa di volta in volta promossa.
Instancabile e decisa, dal '75 e' membro attivo del Partito Radicale, si muove ora nel panorama politico internazionale e da poco e' stata nominata Commissarrio dell'Unione Europea alla politica per i consumatori e agli aiuti umanitari. L'abbiamo incontrata a New York, dove, in rappresentanza del Governo italiano, ha partecipato alla 49a Sessione dell'Assemblea Geenerale delle Nazioni Unite che tra il 24 ottobre e il 3 novembre ha discusso la proposta di istituzione di un Tribunale Internazionale Permanente che avra' il compito di giudicare i crimini contro l'umanita'. A questo proposito l'abbiamo intervistata.
Nell'appello per l'istituzione di una Corte Penale Permanente si richiede, cito dal testo, di "creare un nucleo di diritto e di giurisdizione internazionale che risulti efficace e credibile nell'individuare e punire quanti si macchino di crimini condannati dalla coscienza comune". Potrebbe precisare da chi e come dovrebbe essere composto questo nucleo e qual e' la coscienza che viene definita comune?
Queste cose sono un po' gia' state definite dal draft dello statuto, che l'International Law Commission ha preparato per questa Assemblea Generale. L'idea di una Corte Penale Permanente e' vecchia di quarant'anni, ma non e' mai stata realizzata, tant'e' che era gia' prevista dalla Convenzione sul Genocidio. Non esiste tuttavia un'istituzione autonoma per il monitoraggio, cui ci si possa rivolgere in caso di violazione. Un vuoto di diritto internazionale, durato cinquant'anni, dovuto a una condizione storia diversa. Dall''89 in poi, caduto l'ordine basato sulle due superpotenze, ha ripreso piede questa idea del diritto come base dei rapporti internazionali, visti non piu' solo come rapporti di forza o rapporti militari. Peraltro, per necessita' politica, in questi anni, in assenza di un Tribunale Internazionale Permanente, il Consiglio di Sicurezza e' stato costretto, positivamente dico io, a creare dei tribunali ad hoc sui crimini nell'ex Jugoslavia e si accinge, credo, a varare quello per i crimini in Ruand
a. Ma a nessuno sfugge che non e' pensabile l'idea che il mondo sia retto da dieci tribunali ad hoc per la Bosnia, il Ruanda, il Burundi e l'anno prossimo lo Yemen. Sicche' l'Assemblea Generale nel '92 e poi di nuovo l'anno scorso ha dato il mandato all'International Law Commission di accellerare i lavori e di fare questo statuto. L'International Law Commission ha ora presentato un rapporto dettagliato fatto di sessanta articoli che stabiliscono le procedure base per il funzionamento.
Avranno valore retroattivo?
No, questa e' una delle cose da discutere. Le leggi di base sono le convenzioni gia' firmate per quanto riguarda l'aggressione, la tortura, i diritti umani in senso lato e i crimini di guerra. Poi potranno essere tutte le convenzioni internazionali che siano gia' state firmate, per esempio la convenzione sul proibizionismo e sulle droghe. Inoltre questo Tribunale Internazionale Permanente deve essere istituito secondo un trattato. Lo stesso rapporto dell'International Law Commission chiede che la decisione politica di istituire un tribunale sia presa da questa assemblea generale; e' una posizione che il governo italiano sostiene cosi' come la Comunita' Europea, il Canada, l'Australia; ma incontra anche delle resistenze. Alcuni paesi che fanno parte del Consiglio di Sicurezza preferiscono i tribunali ad hoc, perche' passano attraverso il Consiglio stesso e quindi c'e', anche solo ipoteticamente, una possibilit' di veto. Tradizionalmente e' contraria la Cina, perche' ha il problema del Tibet cosi' come l'India
per il Kashmir, il Nepal, ecc. Non saranno possibili processi in contumacia proprio per evitare qualsiasi risvolto politico, ma li sorge il problema vero, quello della retroattivita': da una parte sarebbe politicamente auspicabile, ma va contro tutte le regole del diritto nel senso che nessuna legge e' retroattiva.
Quindi non ne state discutendo?
Questo principio credo che verra' accettato cosi'; d'altra parte e' molto difficile sollevare anche questa questione mentre moltissimi paesi non vogliono sentire parlare di un Tribunale Internazionale Permanente.
Nel caso venga commesso un crimine in questi paesi, il tribunale avra' qualche potere o no?
Si', il tribunale ha due possibilita': quando c'e' un caso di aggressione di uno stato sull'atro, lo stato d'aggressione viene stabilito formalmente dal Consiglio di Sicurezza e come tale e' vincolante. Dall'altra parte, ci sono una serie di procedure come nel caso della ex Jugoslavia, quando sia gia' stabilito un mandato di cattura, c'e' la richiesta allo stato membro di consegnare il gentile signore accusato e sono previste sanzioni in caso di rifiuto. Non e' uno statuto perfetto, io credo che il meglio non c'e' mai e mettere in piedi un tribunale internazionale e' una cosa molto complessa; alcuni stati stanno incominciando a chiedere un rinvio dicendo che l'International Law Commission non ha studiato abbastanza. Il governo italiano dira' che si puo' anche discutere per altri vent'anni di una corte internazionale "perfetta"; ma il momento politico richiede una decisione che sia subito operativa.
Quante speranze effettive ci sono che si raggiunga entro breve termine la costituzione di tale Corte Penale, che lei stessa, peraltro, nella sua lettera definisce di impossibile realizzazione? Quali sono gli impedimenti?
Si prevede una resistenza da parte degli Stati Uniti. La motivazione formale e' che ci sono ancora punti da discutere. Mi sembra di capire pero' che la motivazione sostanziale e' che preferiscono lasciare queste cose nelle mani del Consiglio di Sicurezza e non allargarle ai 180 paesi membri. Dipendera' molto dalla mobilitazione e dalla pressione internazionale; io di questo sono assolutamente convinta, nel senso che ci sono cose che lasciate nelle mani dei diplomatici e dei governi si bloccano in assenza di un certo tipo di pressione o di attesa internazionale e per questo ci stiamo inventando di tutto.
Sempre in apertura della sua lettera lei dichiara di rappresentare il governo italiano nella discussione per l'eventuale istituzione di tale tribunale, ma poi si firma come Segretaria del Partito Radicale. Non crede che questo crei un po' di confusione nei cosiddetti "uomini di buona volonta'"?
No, e' vero che qualsiasi signore che sta al governo ha funzioni poi anche nel proprio partito. Noi ad un certo punto, nell'accordo di maggioranza con il governo, avevamo chiesto a Berlusconi di avere, per la politica estera, la delega relativa a questa questione, fermi restando tutti i miei diritti civili come parlamentare e cittadina di fare tutta una serie di iniziative collaterali. Anche perche' come incaricata del governo difficilmente avrei potuto scrivere la lettera che lei ha citato.
I fondi per pubblicizzare l'iniziativa da chi saranno amministrati e a chi vanno inviati?
I fondi li stiamo raccogliendo come Partito Radicale Transnazionale, quindi non e' una spesa statale. Abbiamo creato questo fondo (siamo arrivati a 150 milioni di lire) e abbiamo nominato un responsabile dell'associazione "Nessuno tocchi Caino", un responsabile del Partito Radicale e un responsabile dell'associazione "Non ce' pace senza giustizia" per amministrarlo, mettendo ovviamente nelle spese quelle relative a questa campagna, non le spese di struttura; quelle, ahime', le offre con molta difficolta' il Partito Radicale.
Sorge, con l'aggiunta della richiesta di iscrizione al Partito Radicale, il dubbio che l'iniziativa, pur sacrosanta da un punto di vista umanitario, possa essere strumentalizzata a fini politici. Questo non potrebbe essere un deterrente, per chi politicamente non si trova allineato con il Partito Radicale, all'adesione a tale iniziativa?
Credo che vada chiarita la natura del Partito Radicale Transnazionale, che, in quanto tale, non e' concorrente in campo elettorale. Il simbolo del partito, Gandhi, non concorre a nessuna elezione in nessun paese del mondo, fermo restando che poi esistono delle organizzazioni a livello territoriale; tant'e' vero che a questa operazione in Italia hanno aderito moltissimi deputati e senatori del PDS. Per fare un paragone lavoriamo come Amnesty International, piu' sui diritti civili che sui diritti umani. Tipo Green Peace sull'ambiente.
La pena di morte e' un argomento molto dibattuto in questo momento in America, molti candidati si giocano l'elezione proprio su questo tema. Qual e' la posizione dell'International Criminal Court?
Da una parte constatiamo con molta soddisfazione che qualche risultato a livello internazionale l'abbiamo raggiunto. Sui delitti nell'ex Jugoslavia il Tribunale ad hoc ha stabilito, all'unanimita' e su proposta italiana, che non si puo' condannare alla pena di morte neanche per i casi di genocidio, il che ha aperto una serie di contraddizioni per alcuni versi positive. Si dice: ma come, voi Stati Uniti quando state al Consiglio di Sicurezza e dovete fare il Tribunale ad hoc sostenete che non ci deve essere la pena di morte neanche per il genocidio, dopodiche' a livello interno state ampiamente aumentando i casi di punibilita'. Questa e' una contraddizione che noi speriamo di fare esplodere.
Inoltre il governo italiano ha depositato alla terza commissione la richiesta di una moratoria per le sentenze capitali.
In che cosa consisterebbe?
Nel perfezionamento del diritto internazionale. Si sta dicendo che si deve escludere la pena di morte. Dall'altra parte molti stati membri hanno la pena di morte e gia' che ci sono la eseguono, poi ci sono stati che ce l'hanno e non la eseguono. Partendo da questa evidente contraddizione ci e' sembrato opportuno e prudente introdurre una risoluzione che richiede una moratoria. In attesa che un ulteriore riflessione porti ad una qualche presa di posizione per lo meno chiara e di regole uguali per tutti, noi vorremmo che l'Assemblea Generale chiedesse a tutti gli stati membri di sospendere le esecuzioni, anche quelle decise, in attesa di un perfezionamento del diritto individuale e internazionale.