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Stango Antonio - 9 dicembre 1994
DIRITTI UMANI
IL NOBEL PER LA PACE ANCHE A HAMAS?

Il 10 Dicembre del 1994 dovrà venire ricordato anche come la data della consegna del premio Nobel per la pace ad Yasser Arafat. Viene così sancita una sua nuova ufficiale sorta di santità; mentre continua ad essere considerato esecrabile - anche per la recente strage di Tel Aviv - il movimento Hamas.

E' stato solo Hamas in casa palestinese, per alcuni decenni, a utilizzare e ad esaltare il terrorismo internazionale? L'OLP, nel suo insieme, non ne aveva alcuna responsabilità? Al "leader maximo" della stessa i suoi collaboratori e luogotenenti nascondevano tutto? E non fu Arafat, dopo l'invasione irachena del Kuwait, a recarsi da quel Saddam Hussein che lanciava missili su Israele a portare la solidarietà dell'OLP? Ebbene, se la giuria di Oslo ha deciso di laureare Arafat, perché non iniziare fin d'ora a candidare anche Hamas? Tanto, prima o poi anche i suoi dirigenti si renderanno conto della necessità di qualche forma di dialogo, e si dovrà pure premiarne il positivo cambiamento.

Peccato che Hitler, Stalin e Ceausescu (grande sostenitore di Arafat) non siano più in vita, perché probabilmente un premio Nobel non lo si sarebbe negato neanche a loro. Fra i sedicenti - mai eletti - capi di Stato potrei tuttora però segnalare Fidel Castro, Gheddafi ed Assad, oltre naturalmente al citato Saddam Hussein.

Intendiamoci: altro è un premio Nobel, altro il consenso politico dovuto ad Arafat limitatamente alla pur tardiva ammissione, malgrado se stesso, della necessità dell'accordo con Israele; la cui importanza storica è quasi pericolosamente ovvia. Se si pensa che il processo di pace sia coronato, piuttosto che dolorosamente e fragilmente avviato, dalle strette di mano a Washington e nel deserto, si rischia di deresponsabilizzare numerosi attori delle relazioni internazionali e di condannare l'intera area ad una nuova epoca di tensioni irrisolte. Soltanto anni di poco spettacolari piccoli passi fra tutti gli Stati del bacino mediterraneo - anche europei - e del Medio Oriente potranno accrescere la fiducia reciproca, avvicinare i diversi sistemi di valori e determinare un livello sufficiente di volontà di convivenza ad ogni livello delle popolazioni interessate. Popolazioni in quell'area spesso ridotte - con l'eccezione di Israele - più a masse di sudditi che a collettività di cittadini.

In una simile ottica della realtà, certi premi Nobel sono assolutamente fuori posto. Almeno, a Winston Churchill - grandissimo statista, ma artefice dell'inutile distruzione di Dresda con disinvolta uccisione di centomila dei suoi abitanti - si ebbe il pudore di dare sì un Nobel di non limpido merito, ma per la letteratura, con il pretesto della sua "Storia della Seconda Guerra Mondiale". E' forse il semi-analfabetismo di Arafat che non ha consentito di seguire quel precedente?

Rimane, a chi scrive, una consolazione: se il nome di Arafat mi sembra un insulto ed un'offesa accanto a quelli di Albert Schweitzer, di Andrey Sacharov o del Dalai Lama, e ad organizzazioni come Amnesty International, lo vedo in armonioso abbinamento a quello di Gorbaciov. Questi, rappresentante per fedeltà e disciplina di uno dei peggiori regimi della storia dell'umanità, costretto ad ammetterne le sconfitte economiche, sociali, politiche e militari ed a ritirare truppe dall'Afghanistan e dall'Europa centrale - anche per meglio impiegarne nelle repressioni in Georgia, in Lituania o in Lettonia -, ridotto a trattare con gli Stati occidentali perché impossibilitato a sostenere la competizione, continuava imperterrito a negare la democrazia intestardendosi a volerla surrogare con una "perestrojka nel solco degli insegnamenti di Lenin"; un anno prima dell'assegnamento del Nobel, inveiva nel Soviet Supremo contro Sacharov - che sarebbe morto di infarto quella notte stessa -, reo di chiedere l'abolizione dell'

articolo sul ruolo egemonico del PCUS dalla Costituzione dell'Unione Sovietica; e intanto predisponeva l'autogolpe, nominando in posti chiave i più aperti nostalgici del totalitarismo.

L'allora segretario del PCUS ottenne anche, per asseriti meriti umanitari e volontà della coppia oggi fuori moda Andreotti-Ciarrapico, un premio Fiuggi, con dotazione di cinquecento milioni di lire; ed è tuttora fra i più pagati e superficiali editorialisti di un autorevole quotidiano italiano. Mi auguro almeno che per Arafat - e Hamas - non si vogliano ripetere anche queste operazioni.

 
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