non ti sei per caso reso conto che le mie considerazioni su Ionesco erano un atto di amore per la sua opera, e non di disistima per la tua?Sugli iscritti baltici, se da un lato sono convinto che il loro numero tornerà ad essere di alcune decine fra poche settimane, vorrei che ti rendessi conto che da quasi un anno a questa parte non è stato possibile garantire in quell'area che poche riunioni ristrette, nessuna assemblea e nessun investimento, con una presenza mia che è stata estremamente ridotta per un motivo essenziale. Sono convinto che anche tu abbia notato che dalla morte di Andrea Tamburi mi è stato chiesto di occuparmi del coordinamento in tutta l'area ex sovietica, e solo marginalmente dei Paesi baltici. E questo ho fatto insieme con i compagni di Mosca, di Kiev e delle altre sedi, con i quali ho diviso i limiti ed i risultati di tutte le iniziative. Ho la massima stima, in particolare, di Nikolay e di Mamuka, che tu citi a sproposito come se mi fossero in alcun modo contrapposti, anziché uniti dal lavoro comune e da un'amicizia autentica.
Preferirei negare di avere avuto alcun ruolo nell'ideazione e nella costruzione del partito nell'Europa centro-orientale e nell'ex Unione Sovietica, piuttosto che attribuirmi anche uno solo dei meriti che Mamuka e Nikolay hanno maturato, con tanti altri compagni e con me stesso, da quando ci siamo conosciuti e soprattutto nell'ultimo anno.
Non esistono, vedi, "Paesi di Stango"; come amerei che non esistessero "Paesi di Boselli". E' vero, invece, che tutti noi dovremmo cercare di capire - possibilmente insieme - come far vivere e con quali nuove prospettive il partito.
I Paesi baltici mi sono tuttora cari. Mi era motivo di dolore constatare, pochi anni fa, in quanto pochi nel mondo si fosse anche a ricordarne l'esistenza. Ne ho seguito la lotta per la restaurazione dell'indipendenza passo dopo passo, così come dopo ho cercato di intervenire per i diritti delle minoranze non autoctone, con risultati - che fanno ormai parte della storia del partito - tutt'altro che trascurabili. La conferenza di Tallinn dell'anno scorso su questa materia aprì la strada ad uno spirito di dialogo fra parti che, prima che il simbolo di Gandhi apparisse, ostentavano una indifferenza reciproca che mascherava forme di odio e desiderio di sopraffazione. Non soli, certo: con la CSCE, con il Consiglio d'Europa, con il Consiglio degli Stati Nordici e con l'allora Comunità Europea; ma i radicali, anche precedendo alcune di queste organizzazioni, lì sono stati presenti ed efficaci.
Non lo ricordo a lode di me stesso, ma solo per rivendicarlo a tutto il partito.
Se vanagloria, in passato, mi ha colpito, c'è stato almeno un momento in cui me ne sono sentito distaccato, credo per sempre. E' stato il giorno in cui ho visto, con Mamuka, il corpo senza vita di Andrea. A lui, come a Maria Teresa, vorrei dedicare queste ultime ore del 1994.