IMPRESSIONANTI STATISTICHE PRESENTATE DAL CONSIGLIO DI
SICUREZZA
"Persa la battaglia contro il crimine"
MOSCA - Un fallimento. Questa, in sintesi, è la definizione
che il Consiglio di sicurezza ha dato della lotta alla
criminalità nella Russia postcomunista. La riunione,
convocata sull'onda emotiva che ha scosso tutto il paese per
l'uccisione del popolare giornalista e conduttore televisivo
Vladislav Listiev, si è conclusa con una dura requisitoria
contro le forze dell'ordine, la magistratura e il
controspionaggio, accusati di aver condotto in modo
disordinato e con scarsi risultati la battaglia contro la
dilagante mafia russa.
Ad avallare l'analisi del Consiglio di sicurezza è giunta in
serata la franca dichiarazione del viceprocuratore di Mosca
Iuri Sinelnikov: "Non abbiamo speranze concrete di catturare
gli assassini di Listiev - ha detto all'agenzia Interfax -
sono dei sicari professionisti, contro i quali la polizia è
inmpotente".
Il 'mea culpa' delle auorità russe era stato iniziato
giovedì scorso dallo steso presidente Boris Eltsin, che
aveva ammesso le sue responsabilità nell'"avere adottato
misure insufficienti nella lotta al banditismo, alla
corruzione e alla criminalità". Ieri, come promesso, sono
cadut le prime due teste: il procuratore di Mosca Ghennadi
Ponomariov e il capo della polizia moscovita Vladimir
Pankratov sono stati silurati.
La misura ha sollevato polemiche fra quanti hanno giudicato
ingiusto e di facciata il provvedimento e quanti, come i
riformisti di Iegor Gaidar, hanno suggerito di cominciare le
epurazioni dall'alto, dal ministro dell'interno Viktor Ierin
e del capo del controspionaggio Serghiei Stepashin. Lo
stesso vice di Ponomariov, Serghiei Gerasimov, nominato ieri
procuratore ad interim, si è detto "per nulla eccitato" del
nuovo incarico.
Pomomariov ha ricevuto anche la solidarietà dei suoi
collaboratori, che in una lettera inviata a Eltsin hanno
sottolineato come la sua rimozione faccia il gioco delle
forze che destabilizzano l'ordine. "Non siamo per il
ripristino dell'ordine con mano dura, con un regime di
terrore" hanno scritto.
L'assassinio di Listiev ha scoperchiato una realtà peraltro
nota ai russi, costretti quotidianamente a confrontarsi con
le circa 5.700 strutture criminali che operano nel paese. Di
queste, almeno 3.500 sono definite mafiose, e controllano il
35 per cento delle banche commerciali, una percentuale
ancora maggiore di imprese private e non meno di 2.000
aziende di Stato. Oltre il 70 per cento dell'economia è in
mano alla criminalità, secondo fonti concordanti, e in
pratica tutti gli imprenditori sono costretti a fare i conti
con essa.
In tale contesto, le contaminazioni fra mafia e politica
sono inevitabili: ne ha parlato anche la Cia, i servizi
segreti Usa. In un rapporto elaborato prima dell'omicidio
Listiev, la Cia ha indicato legami "fra un gran numero di
alti responsabili e le principali organizzazioni criminali".
Fra i nomi eccellenti citati nel rapporto, ci sono quelli
del sindaco di Mosca Iuri Lushkov e del viceministro della
difesa Boris Gromov.
(Il Piccolo - 7.3.95)