USA: L'ESECUZIONE CAPITALE E' IN VIGORE IN TRENTOTTO SU CINQUANTA STATI
LA GEOGRAFIA DELLA PENA DI MORTE SI ALLARGA: NON SI AIUTANO COSI' GLI UOMINI A CRESCERE IN UMANITA'
di Gino Concetti
La geografia della pena di morte si allarga. E' la sconcertante notizia che proviene da oltre Atlantico.
Lo Stato di New York ha approvato una legge che la prevede per chi commette efferati omicidi. Quello di New York è il 38mo Stato americano a ripristinare l'esecuzione capitale dopo che, nel 1976, la Corte Suprema aveva deciso di rimettere ai singoli Stati la libertà di decidere in merito, nonostante che quattro anni prima l'avesse dichiarata anticostituzionale.
La notizia è ancora più sconvolgente ove si rifletta che appena due mesi fa alle Nazioni Unite è stata discussa una mozione perché la pena di morte fosse abolita in tutti gli Stati. Quella mozione non è passata per pochi voti.
Sul cammino della civiltà e della cultura della vita non si va avanti, ma indietro. Di fronte ai ripetuti fenomeni di criminalità omicida gli Stati preferiscono adottare gli stessi criteri e le stesse sanzioni che usavano gli antichi popoli: metodi poi che la coscienza civile ha rifiutato, privilegiando il metodo di amministrare la giustizia penale senza macchiarsi di omicidio, senza ricorrere alla esecuzione capitale.
Questo metodo, che è di libertà e di diritto, non pare convincente a coloro che, sotto l'onda della emotività, si sono battuti per il ripristino della pena di morte. Ma non è con il ripristino della pena di morte che si sconfigge la criminalità individuale e organizzata. Che diminuisce la catena di omicidi e l'esplodere di altri delitti.
Associazioni internazionali, al di sopra di ogni sospetto, hanno dimostrato, statistiche alla mano, che la pena di morte, al giorno d'oggi, non rappresenta un deterrente come i fautori ritengono.
La violenza contro la vita si sconfigge, anzitutto, con la eliminazione della violenza sociale. E' alla radice che si deve giungere e si deve agire. La criminalità, omicida e non, sorge nel cuore dell'uomo ma si sviluppa nel tessuto sociale.
La pena capitale rappresenta soltanto una misura terminale di un processo che però non viene aggredito.
Se la società continua ad essere ingiusta, a non aiutare i poveri, gli emarginati, se non crea strutture di cultura e di recupero individuale e sociale, se, soprattutto, non promuove la conoscenza e il rispetto dei valori, se non elimina i fenomeni di corruzione, di oppressione e di discriminazione, a ben poco vale adottare pene estreme. Il tessuto sociale rimarrà malato anche se verranno eseguite pene capitali.
La coscienza civile si ribella contro la pena di morte e, in nome della dignità della persona umana, ne contesta il ripristino. Nessuno - né individuo, né gruppo sociale, né Stato - può rivendicare il diritto di vita e di morte, come gli antichi imperatori e re.
La fede cristiana proclama che solo Dio è signore della vita e ha comandato agli uomini e alle donne di trasmetterla e di proteggerla. Non di sopprimerla. Colui che si è macchiato di un grave delitto non perde mai la sua dignità e l'inviolabilità della propria vita.
La proclamazione di questa prerogativa se è incompatibile con la pena di morte, non lo è però con altre pene o misure restrittive di libertà, come possono essere l'ergastolo o il carcere duro, associate però al recupero sociale e alla riabilitazione della persona colpevole del delitto.
In nessun modo il "no" alla pena di morte deve essere considerato o interpretato come un incentivo al delitto di omicidio o alla consumazione di altri crimini. Lo Stato moderno, efficientemente organizzato, ha mezzi idonei sia per prevenire la criminalità sia per punire esemplarmente gli autori. Come dimostrano gli Stati che hanno abolito dal loro ordinamento la pena di morte, le misure alternative sono più efficaci della pena capitale.
La società marcia spedita verso il Duemila. Il progresso che ha moltiplicato la produzione dei beni e la loro fruizione, non è finora riuscito a rendere gli uomini e le donne più "virtuosi", più consapevoli della loro dignità e dei loro diritti, della dignità e dei diritti di tutti e di ciascuno. La battaglia per sconfiggere la criminalità va combattuta su questo fronte: aiutare gli uomini a crescere in umanità, nel presupposto del diritto e della giustizia.