IL GIORNALE, 9 MARZO 1995
MANTOVA, LA LEGA PER LA PENA DI MORTE
La Giunta provinciale avanza la proposta di un referendum nazionale sulla condanna capitale
I leghisti agitano di nuovo il cappio, come quella volta a Montecitorio fece Luca Leoni Orsenigo. A proporre un referendum sulla pena di morte sono i sette componenti della giunta provinciale di Mantova. Tutti del Carroccio e tutti sostenitori della condanna capitale, entusiasti della reintroduzione delle esecuzioni nello Stato di New York.
Da Roma subito interviene l'onorevole Mario Borghezio, sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi, per assicurare che questa non è la posizione della Lega Nord. Anzi.
Ma gli organizzatori della "Marcia delle Palme", in programma il 9 aprile a Roma proprio contro la pena di morte, la pensano diversamente. E i Riformatori già sospettano che la Lega abbia "nostalgia del fascismo". Il caso è scoppiato per il rifiuto della Provincia di Mantova di aderire all'iniziativa promossa dai radicali e dalle associazioni "Nessuno tocchi Caino" e "Non c'è pace senza giustizia". La Giunta leghista non si è limitata a rispondere "no, grazie" all'invito. Ha inviato una bella lettera in cui il vice-presidente della Provincia, Antonio Pacchioni, spiega il perché del rifiuto.
"Riteniamo infatti - si legge nel documento - che sulla questione pena di morte sia più utile indire un referendum in Italia, in quanto il problema della pena capitale è una questione di coscienza personale per la quale la Lega Nord, che ha la maggioranza assoluta nel consiglio provinciale di Mantova, ha lasciato libertà di espressione ai propri consiglieri".
Pacchioni spiega che al momento di esaminare la richiesta dei radicali, tutti e sette i componenti della giunta, compreso il presidente della Provincia Davide Bonni, si sono trovati d'accordo sulla introduzione della pena di morte in Italia. Non è una posizione ufficiale del movimento, precisano cautamente i leghisti mantovani, mentre Borghezio dalla capitale tuona che la Lega si è sempre dichiarata contraria a questa sanzione.
Il deputato del Carroccio ricorda che recentemente il movimento di Bossi ha votato per l'abolizione della pena di morte nei codici militari e precisa, a titolo personale, che oltre ai motivi umanitari è la possibilità dell'errore giudiziario che fa rifiutare la condanna finale.
Sergio D'Elia, segretario dell'associazione "Nessuno tocchi Caino", sostiene che la cosa più grave del "caso Mantova" è che la giunta parla a nome di un'istituzione e ritiene che su questioni di vita e di morte, su diritti fondamentali e inviolabili, si possa proporre di decidere a colpi di maggioranze popolari.
"Neanche lo Stato di New York - continua D'Elia - è arrivato a tanto. Nel reintrodurre la pena di morte, infatti, la maggioranza che governa quello Stato si è assunta la responsabilità di un'iniziativa parlamentare e non quella di un referendum".
Alla proposta di referendum di Pacchioni, D'Elia risponde duramente: "Forse non sa che l'abolizione della pena di morte è sancita dalla nostra Costituzione da mezzo secolo. Sarebbe troppo pretendere che sappia che esistono patti internazionali che vietano, una volta abolita, la reintroduzione della pena di morte".
Come prima risposta alla decisione dello Stato di New York, oggi tutti i gruppi parlamentari saranno rappresentati alle 12 in piazza Montecitorio, per aprire una raccolta di firme. L'obiettivo è una mozione per la sospensione delle esecuzioni capitali da presentare all'ONU. Ma anche una massiccia adesione all'appello del Papa: "Pietro, alza la voce", hanno chiamato l'iniziativa.