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Conferenza Partito radicale
Meloni Riccarda - 3 maggio 1995
Congresso Pr - GYALTAG

Trascrizione e versione in Italiano dall'originale in Inglese dell'intervento di Gyaltsen Gyaltag, Rappresentante in Europa di Sua Santità il Dalai Lama e del Governo tibetano in esilio, al 37· Congresso del Partito Radicale.

Roma, 8 aprile 1995

Signore e Signori, gentili delegati, cari amici,

in occasione del 37.mo Congresso del Partito Radicale Transnazionale qui a Roma, è un grande onore e un grande piacere per me essere presente e rappresentare il Tibet in questo Congresso.

Voglio cogliere l'opportunità di ringraziare il Partito Radicale per avermi invitato e per avermi dato la possibilità di rivolgermi a voi per esporvi la situazione in Tibet.

In primo luogo vorrei portarvi i più caldi saluti di Sua Santità il Dalai Lama, leader spirituale e politico del popolo tibetano.

Il rapporto tra il Partito Radicale e il popolo tibetano ha una lunga storia, e il Partito Radicale ha sostenuto le aspirazioni del popolo tibetano già da molti anni a questa parte, per esempio con la campagna "Save Tibet" che fu lanciata durante la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui diritti umani a Vienna nel 1993. L'evento principale di questo lungo rapporto tra Partito Radicale e popolo tibetano è stato, senza dubbio, la visita di Sua Santità il Dalai Lama alla sede centrale del Partito Radicale il 16 giugno '94.

Come tutti sapete, il Dalai Lama sostiene la Campagna "Nessuno tocchi Caino" per l'abolizione della pena di morte entro il 2000, dato che uno dei principi della religione buddista è il rispetto di ogni forma di vita. Il Dalai Lama sostiene anche la campagna "Non c'è Pace senza Giustizia" per l'istituzione della Corte internazionale.

Durante la visita di Sua Santità il Dalai Lama alla sede del PR, si tenne una conferenza stampa insieme a Emma Bonino, Sergio D'Elia e Marco Pannella. Durante quella conferenza stampa il Dalai Lama parlò del potere e della forza morale della nonviolenza come movimento attivo per la tolleranza e il dialogo. Egli ha anche parlato della situazione in Tibet. Certo, possiamo chiederci perché il Partito Radicale stia sostenendo il popolo tibetano; quale sia la natura della lotta del popolo tibetano.

Quindi, mi sia consentito darvi una breve introduzione sulle aspirazioni e la lotta del popolo tibetano.

La lotta del popolo tibetano non è rivolta contro il popolo cinese; né è una lotta contro la democrazia borghese. I Tibetani non stanno lottando per far risorgere un sistema sociale e politico obsoleto. Nemmeno è una lotta per la secessione e il separatismo, giacché storicamente il Tibet non è mai stato parte integrante della Cina, come invece sostenuto dal governo cinese.

I Tibetani non stanno lottando soltanto per i loro diritti umani. Le continue e gravissime violazioni dei diritti umani in Tibet da parte delle autorità cinesi sono nei fatti un sintomo di problemi di natura politica; quindi, il problema del Tibet richiede una soluzione politica.

Più di recente, è una lotta del popolo tibetano per l'autodeterminazione. Stanno soprattutto lottando contro l'ingiustizia e per la giustizia. Stanno lottando contro l'umiliazione e per una vita a livello di dignità umana. E da ultimo ma certo non meno importante, i Tibetani stanno lottando per valori spirituali, in un mondo progressivamente più materialista.

Perché il Tibet è stato occupato dalla Repubblica Popolare di Cina dal 1949? E perché il governo cinese sta reggendo il Tibet, nonostante il fatto che l'occupazione cinese del Tibet è illegale sulla base del diritto internazionale?

Tre sono gli aspetti - militare, economico e socio-culturale - che forniscono le ragioni e le spiegazioni dell'occupazione del Tibet.

In primo luogo, l'importanza strategico-militare del Tibet nel contesto politico centro-asiatico. La ricerca dello sfruttamento delle risorse naturali per vantaggi economici della Cina è la seconda ragione. La terza è la ricerca di spazio vitale per la crescente popolazione cinese. Attualmente, come sapete, la popolazione cinese ha raggiunto gli 1,2 miliardi.

Ora, quali sono i primi e principali problemi che il popolo tibetano ha di fronte, tenendo in considerazione queste ragioni della occupazione del Tibet?

Il primo è costituito dalla militarizzazione. L' estrema e forte militarizzazione del Tibet con due campi di aviazione cinesi e basi nucleari, così come con la forza armata cinese di circa 300000 soldati. Il secondo grosso problema che abbiamo di fronte è quello delle risorse naturali e del loro irresponsabile sfruttamento, con il conseguente impatto sull'ambiente. Sulla base dei dati ufficiali cinesi disponibili, più di 126 diversi minerali si trovano in Tibet. Tra i più preziosi vi sono uranio e litio. La parte meridionale del paese era ricco di questi minerali; lo sfruttamento irresponsabile di alcune di queste risorse naturali, senza che venisse tenuto in considerazione il suo impatto devastante sull'ambiente e senza che venissero apprestate le misure necessarie, ha messo in pericolo il sensibile sistema ecologico non solo del Tibet, ma dell'intera regione.

Vi sono informazioni indicative ed evidenti provenienti dal Tibet che portano alla conclusione per cui le scorie nucleari vengono depositate in ristrette aree del Tibet settentrionale e del nord-est.

Adesso, il principale problema che la gente del Tibet ha di fronte è il trasferimento di popolazione. Sulla base di osservazioni condotte nel 1988, c'erano soltanto pochi Cinesi residenti in Tibet prima di quella data. Ora ci sono migliaia e migliaia di Cinesi stabilitisi con le loro famiglie, nelle aree urbane.

A causa di incentivi economici offerti dal governo cinese, quali indennità per l'altitudine, vacanze più lunghe, più rapida concessione di licenze commerciali, un ampio numero di cinesi sono indotti a spostarsi in Tibet. Sulla base di stime tibetane, ci sono oggi tra i 7 e gli 8 milioni di cinesi che vivono in Tibet; si compari questa cifra con il fatto che la popolazione tibetana conta 6 milioni di persone.

Nella capitale Lhasa la popolazione cinese, tra civili e militari, ammonta in totale a circa 150000 persone mentre la popolazione tibetana si stima sia di soli 60000 individui. Se si guarda ai negozi, ai ristoranti, alle sale da the a Lhasa, negli anni 91 e 92, si vede chiaramente che i Cinesi sono proprietari di negozi, ristoranti e sale da the in numero assai superiore a quanti siano i locali di proprietà di Tibetani. Su 31493 aziende di vario genere, 5706 - meno del 20% - sono di proprietà di Tibetani. Simili risultati sortirebbero dalla osservazione della situazione in altre città del Tibet.

Il trapianto di popolazione da un paese occupante verso un paese occupato viola in primissimo luogo la IV Convenzione di Ginevra del 1949.

Questi dati indicano chiaramente che i Tibetani sono stati gradualmente marginalizzati nei campi socio-economico e socio-culturale.

Questa deliberata politica di trasferimento di popolazione è inoltre accompagnata da una rigida politica di controllo delle nascite, che comprende una diffusa sterilizzazione forzata e aborto. Le conseguenze di lungo termine di tale calcolata manipolazione della composizione demografica del Tibet sono la discriminazione economica e culturale, così come la marginalizzazione dei Tibetani, a partire dalle aree urbane.

Le ripercussioni sui diritti umani dei Tibetani, la crescente tensione tra Cinesi e Tibetani, sta portando gradualmente verso conflitti etnici di proporzioni incontrollabili.

La riduzione del popolo tibetano ad una minoranza insignificante nel suo stesso paese. Ormai non c'è più dubbio: il pericolo che i Tibetani vengano ridotti ad un gruppo folkloristico di attrazione per turisti. E per amore della quasi legittimazione del preservare così come per amore della identità culturale tibetana è concreto.

I Tibetani si troveranno quindi nella stessa condizione dei nativi delle Americhe o dell'Australia.

Questa pianificata politica di colonizzazione, assimilazione e cinizzazione è infatti comparabile ad un vero e proprio genocidio culturale ed etnico.

In conclusione, vorrei dire le cose che seguono.

Viviamo oggi in un mondo in cui i fattori economici e commerciali sono fattori dominanti nella politica internazionale, e i conflitti vengono risolti con misure violente. Invece la lotta tibetana per la libertà, la giustizia, la democrazia, l'autodeterminazione e i valori spirituali è fondata sui principi della nonviolenza e del dialogo. In tal modo i tibetani stanno dando un grande contributo alla cultura politica della nonviolenza. Il successo della lotta tibetana proverà al mondo che la soluzione dei problemi attraverso misure nonviolente è davvero possibile. In più, il declino e la graduale sparizione del Tibet e della sua antica cultura non costituirà soltanto una perdita tragica per i Tibetani; significherà anche una penosa perdita per la comunità internazionale. Quindi, la campagna internazionale Perché il Tibet viva, lanciata dal Partito Radicale come movimento del Satyagraha della nonviolenza, sulle orme del Mahatma Gandhi, per la libertà e la giustizia, per la dignità umana e la democrazia in Tibet

e per il suo popolo, trova la sua importanza nel mondo di oggi. E dal momento che abbiamo goduto da lungo tempo del sostegno attivo del Partito Radicale, vorrei cogliere questa occasione per ringraziare il partito Radicale, la sua leadership, tutti gli iscritti, a nome di Sua Santità il Dalai Lama e del popolo tibetano per il lungo sostegno.

C'è un proverbio inglese che recita: "un amico in necessità è un amico davvero". Ci attendiamo e speriamo in una stretta collaborazione anche nel futuro.

Grazie.

 
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