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Conferenza Partito radicale
Stango Antonio - 17 maggio 1995
TURCHIA E SERBIA
Capisco lo spirito di talune osservazioni, in particolare da parte di Enzo Cucco. Tuttavia, per sintetizzare con un esempio la mia opinione in proposito, sono disposto a ritenere seriamente proponibile il metodo di "facilitare l'adesione della Turchia alla Unione Europea per meglio tutelare i diritti dei suoi cittadini" solo se si farà esattamente lo stesso discorso per la Serbia.

Ovvero: o si sostiene che qualsiasi regime, qualsiasi cosa faccia (e magari tanto più quanti più crimini commetta), dovrebbe essere agevolato ad accedere all'Unione Europea, oppure si escludono FINO A QUANDO CONTINUINO ATTI DI GENOCIDIO ED ALTRE VIOLAZIONI MASSIVE DEI DIRITTI UMANI Stati come la Turchia, la Serbia o la Russia.

Si tratta, naturalmente, di capire da dove cominciare. Dall'integrazione come speranza, o dalla promessa di integrazione condizionata ad un grado accettabile di garanzia della vita e dei diritti umani e civili?

Altro è l'Unione Europea, che deve essere il luogo della omogeneità delle principali regole di democrazia politica, sociali ed economiche, altro sono organizzazioni quali quelle delle Nazioni Unite o per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, dove la diversità dei sistemi è giustamente ammessa e che costituiscono momenti di ricerca faticosissima di accordi su poche cose, senza pretesa di comune politica né di rappresentanza unitaria.

Insomma: d'accordissimo sul fatto che l'Unione Europea può contestualmente intensificare la propria coesione federalista ed estendersi ad abbracciare altri Paesi, da quelli di Visegrad agli Stati baltici; totalmente contrario all'annullare di fatto il senso stesso dell'Unione Europea attraverso integrazioni indiscriminate. Se tutti, indipendentemente dal chi e dal come, fanno parte di una cosa, è come se non ne facesse parte alcuno; a meno che non si tratti soltanto di un ennesimo "forum" fra Stati.

 
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