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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Paolo - 15 luglio 1995
Bosnia.
Consapevole e lucido rispetto alla possibilità e alla probabilità che una proposta, una ipotesi, del genere sia accolta con derisione da parte di frequentatori e fruitori di questa conferenza, intendo illustrare, accennare a, una proposta umilmente folle, certo della considerazione illuminata di coloro che la leggeranno, e fiducioso almeno nella attenzione di qualcuno.

Dobbiamo andare a Sarajevo, a Tuzla, a Srebrenica, a... Dobbiamo proporre che lì si riunisca il vertice dei capi di stato e di Governo della UE, e/o dobbiamo andare a Sarajevo a riunire lì il Consiglio Generale del Partito Radicale, o il Congresso, o altro corpo o organo del Transpartito transnazionale che siamo; penso che qualcuno o molti di noi ci abbia pensato, per qualche istante, in questi mesi e anni.

Non servono, oggi queste cose, o servono, o servirebbero? Dubito assai che servano. Dubito che siano in grado di imporre un braccio di ferro, una vertenza da cui non possa che uscire una soluzione o un'altra.

Il problema è a tutti noi noto, e la proposta nostra della adesione della Bosnia alla UE è l'unica proposta seria, l'unica proposta. Non l'unica proposta che esiste, e quindi da prendere in considerazione perché è meglio del nulla, ma perché è l'unica proposta possibile, e l'unica necessaria.

Il fatto che il PDS voglia farla propria, e probabilemtne con la prospettiva che venga fatta propria anche da altre entità organizzate europee, in quantità progresivamente maggiore dimostra proprio, mi faceva notare questa mattina una giovane e intelligente compagna, che questa è l'unica proposta, l'unica proposta di soluzione.

Quella è la proposta unica possibile e ragionevole. Proposta da nutrire e rafforzare, Oggi è la ragione dell'associarsi nel PR, direi e diremmo.

Dopo le conseguenze sarebbero chiare. L'adesione/adozione della Bosnia alla UE - e fatemi dire tra parentesi che di quella proposta dobbiamo essere tutti grati a colui che l'ha partorita - comporta conseguenze tali da renderla difficile: tanto grande quanto difficile, come tutte le cose grandi.

accogliere la Bosnia nella UE significa attrezzarsi a combattere per la Bosnia, in un modo o nell'altro. Il punto è certamente lì. Combattere o non, in un modo o nell'altro. E quindi combattere come conseguenza dell'aver individuato e dichiarato il comportamento illegale, illecito, passibile di essere interrotto, e poi punito.

Il punto di resistenza è lì, come è noto. Ed è quindi nella oggi non esistente e non concorde volontà politica dei paesi membri del consiglio di sicurezza, o della UE.

Credo che quella volontà debba essere sollecitata dall'andare in Bosnia migliaia e migliaia di combattenti. Non armati.

Chiamare e richiamare in Bosnia gli europei. inquadrati militarmente e disarmati. inquadrati e comandati da generali, con le attrezzature necessarie.

Un Europeo su un milione di Europei andrebbe a Sarajevo? Uno ogni centomila?

Parlo non a caso di follia umile. Io non mi intendo di strategia militare sul campo. Ma credo che gli strateghi, quelli usciti dalle alte scuole militari siano in grado di concepire una invasione di civili, convergente, disciplinata militarmente, coordinata, nonviolenta. Andare là per portarci i governi. Ma non soltanto. Andare là per costringere i Governi occidentali ed europei. Ma andare là per impedire il proseguire del massacro, e per rendere inevitabile la soluzione giuridicamente sanzionata, l'intervento di polizia internazionale, e della magistatura internazionale.

Un Europeo per ogni centomila.

CRedo si debba concepire con il massimo delle competenze un dispositivo non armato con generali esperti, con un comando, con disciplina, con mezzi, con mobilitazione di coscienze e di fondi, con medici e ospedali da campo, con satelliti, e con ciascuno che va là già preparandosi portando con sé viveri e filtri per l'acqua, secondo istruzioni ferree del comando di questa azione di guerra nonviolenta.

Non ho nulla contro un intervento armato. Nulla. Io non ho nulla contro l'uso della forza legale. Nulla contro l'uso legale della forza. Proprio da gandhiano e da nonviolento.

I paesi europei, l'ONU, devono inviare là tutte le armi necessarie per spaccare le reni ai criminali. Tecnicamente è possibile. tecnicamente sono possibili bombardamenti dalla precisione chirurgica. Tecnicamente è possibile intervenire con la forza e finire la storia. O forse no, ma mi sembra impossibile che non sia possibile dal punto di vista tecnico farla finita usando la forza.

Ma il vero impedimento è altrove, è nella posizione politica dei vari agenti attivi e passivi, che non crea situazioni e condizioni politiche che facciano sorgere le condizioni giuridiche tali da consentire l'intervento. Il problema, come sempre, è politico.

L'appello per l'ingresso nella UE deve diventare appello di persone che vanno là.

Io concepisco con umile e inesperta follia un fattore che imponga ai governi, alle e alla autorità di agire nel diritto, con il diritto da applicare.

Una follia rimane tale anche se al sostantivo si associano aggettivi quali ragionevole o umile o altri. Se una proposta è folle, se una ipotesi è folle è tale comunque, comunque la si chiami. Non discuto che possa essere folle questa ipotesi, in sé o nella sua impossibilità di applicazione. Vorrei che si pensasse noi che valga la pena pensarci e rifletterci un po'.

Noi dobbiamo convincere i governi, noi dobbiamo convincere chi ha il potere di decidere in un senso o in un altro. Per convincere - in politica, ma forse anche in amore, talvolta... - si deve operare per rendere impossibile agli interlocutori (fossero pure i leader europei) di agire in modo diverso da quello che proponiamo noi. Non gli si deve lasciare altra possibilità che quella di vincere insieme. Ed è una questione di forza, cioè di nonviolenza. Come sempre.

 
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