Si tramanda nella mia famiglia che la bisnonna Teresa dicesse sempre "chi ha piu' buonsenso lo adoperi". Non so se questo precetto lo si rispetti come si dovrebbe, certo non lo rispettammo nel '90.Devo confessarvi che, con molta presunzione, mi incazzo come una furia quando sento sciorinare, come ancora oggi un giornalista di quelli che intervengono a "Zapping", tutto l'elenco di quello che si poteva fare e non si e' fatto allora. Senno di poi, mi si dira', certo. Ma io mi incazzo perche', pur conoscendo la Iugoslavia solo "da turista", per quanto turista attento, quello che sarebbe successo mi sembrava chiaro gia' nella primavera del 1990, alla vigilia delle elezioni che avrebbero visto trionfare a Zagabria Tudjman. Era tutto assolutamente evidente. Era chiarissimo, come chiarissimi gli argomenti che la CEE avrebbe potuto usare per pilotare, negoziare, modificare, fate voi, la divisione o ridefinizione della SFRJ. Argomenti anche economici, prospettive di investimenti che sarebbero stati redditizi per tutti. La produzione di ricchezza che ne sarebbe conseguita avrebbe aiutato a superare le questioni etniche piu' facilmente che non la spartizione di una spoglia emaciata sempre piu' ossuta. Avevamo il
buonsenso, non lo abbiamo adoperato. La Germania miro' all'uovo oggi, ma ora che la gallina e' in fin di vita si interroga anche lei sul da farsi...
All'epoca ero un giovane scapestrato, ma tutto mi parve subito chiaro, mentre l'oste di Murter, piegato camerierescamente in due davanti alla danarosa coppia tedesca, raccontava "Tudjman ist ein gut fuehrer fuer Croatia, keine Geld in Beograd, Geld in Zagreb". Non so se il ristorante Illiria di Murter c'e' ancora. Certo ha perso Gaeste und Geld. E noi, clienti con denaro, di buonsenso repleti e di argomenti per adoperarlo abbiamo "lasciato fare..."
E oggi pensiamo di mandare un esercito, mascherandolo da forza di polizia. Ma un esercito resta sempre un esercito. Il fatto che il nostro sia migliore di quello di Karadzic sposta ma non annulla i termini. Volevo spendere qualche argomento, mentre aspetto la cartolina.
Nel '91 sembro' ad alcuni che bisognasse sostenere la posizione della Croazia in quanto tale, quasi che i Serbi avessero torto in partenza, mentre all'inizio, da un punto di vista astratto, forse avevano qualche ragione dalla loro. Certo, ora la situazione e' cambiata. Poteva essere invece legittimo, nel '90-'91, contestare il diritto di Slovenia e Croazia alla secessione (da nessuna parte c'era scritto che si potesse) e, sulla base di questo, negoziare una soluzione "piu' pacifica". La Croazia era obiettivamente una regione piu' ricca. In qualunque teatro geopolitico una secessione simile sarebbe equivalsa alla guerra, non si capisce che ragione ci fosse di sostenerla.
Ora pero', nella generale dissoluzione della federazione puo' diventare giusto sostenere l'indipendenza di questo o quello stato nella misura in cui questo viene minacciato, aggredito o, peggio, messo a ferro e fuoco. A questo punto andiamo anche a combattere i Serbi, se necessario, ma solo tenendo presente che i Serbi si sono messi dalla parte del torto, ma che non hanno torto di per se'.
E' chiaro che se nel '90 il governo di Belgrado avesse fatto il "governo serio" reprimendo i disordini di Knin, e non avesse dato spago agli indipendentisti serbi, tutto questo non sarebbe successo.
Oggi la polveriera sta esplodendo, con uno spauracchio in piu': esclusa la "felice" eccezione del Nazismo e del Fascismo, la sconfitta militare ha sempre rinfocolato i nazionalismi e quello serbo non pare debba sottrarsi a questa sinistra regola.
Proviamo, pero', a riguadagnare tempo: come e perche' intervenire, pero? Credo che solo con una forte azione politica nei confronti della Serbia, preparando il terreno per una successione a Milosevic, lavorando gia' oggi su un'opposizione interna a Milosevic, opportunamente "sponsorizzata" in solido e con la prospettiva di nuovi investimenti europei nel caso di un cambio di leadership, sia possibile creare un terreno in Serbia che si opponga alla guerra. Allo stesso modo dovrebbero essere esercitate pressioni per una caduta del premier croato, proprio perche' delle forze politiche non nazionaliste possano trovare quel respiro che nel clima di "regime" che la guerra e la contrapposizione impongono viene represso (e la Croazia non ne e' esente) e vincere elezioni democratiche con parole d'ordine democratiche e pacifiche. Di fronte a paesi economicamente in ginocchio e ancora pochi anni fa sufficentemente prosperi perche' la gente si ricordi di quando si trovava la carne (perche' oggi a Sebenico la gente vive d
elle patate dell'orto di casa), l'economicamente attiva Europa avra' sicuramente fior di argomenti.
Fermo restando che i bosniaci vanno protetti e che se mi vengono a chiamare non mi do' alla macchia, tuttavia non e' solo prendendo i serbi per nemici che si vince quella battaglia che giustamente ha come parola d'ordine "L'Europa muore o rinasce a Sarajevo".
Paolo Gull