La dottrina strategica della risposta flessibile stabilisce che, in una grave situazione di guerra, un governo dovrebbe avere a sua disposizione una larga varieta' di opzioni di risposte strategiche difensive e/o offensive, cosi' che la guerra non sia eccessivamente "escalata" per rispondere all'attacco. E' sostanzialmente opposta alla dottrina di RAPPRESAGLIA MASSICCIA propria del pensiero difensivo degli USA all'inizio dell'era nucleare. Il nucleo della dottrina consiste nel fatto che un capo di governo, per esempio il presidente degli USA, dovrebbe essere capace di affrontare un attacco con crescenti ma altamente specifici livelli di forza ed essere capace di sparare, nel caso, uno o due missili contro obiettivi miliitari, e solo successivamente, se necessario, un attacco missilistico totale contro citta' e civili. Questa dottrina richiede ovviamente una piu' circostanziata programmazione da parte dei pianificatori militari, nonche' un molto piu' accurato sistema di indirizzo dei missili, rispetto alla se
mplicistica nozione per cui, se un singolo missile colpisse un paese, l'intero arsenale di quest'ultimo sarebbe automaticamente lanciato contro il nemico. Il concetto di risposta flessibile e' tuttavia controverso, in quanto si argomenta che il concetto di flessibilita' renderebbe ancor piu' credibile, e dunque piu' probabile, la possibilita' di guerra nucleare.